Ebrei 13,1-25 - L’esortazione migliore

(Predicato a Roma il14-04-2019 | Leonardo De Chirico)

 
 

Ho raccolto alcune frasi celebri di persone che le hanno pronunciate prima di morire. In esse si racchiude tutta la loro vita. Ad esempio, Ottaviano Augusto ha detto: “La commedia è finita. Applaudite!”. Evidentemente si sentiva un attore che meritava un applauso. Sigmund Freud, padre della psicanalisi, ha detto: “è assurdo, è assurdo” forse mostrando che davanti alla morte tutte le teorie cadono. Steve Jobs, fondatore di Apple, ha detto: “o wow! O wow! O wow!”, stupito di fronte a un passaggio ancora più grande dei suoi successi. Gesù Cristo ha detto: “Tutto è compiuto” riassumendo in quella frase tutto il piano della salvezza di Dio per il mondo.

Le ultime parole di una vita, di una lettera o di un discorso sono quelle in cui tutto quello che è stato detto o scritto in precedenza viene riassunto. Anche per la lettera agli Ebrei, l’ultimo capitolo riprende tutti i fili del discorso dipanati nei precedenti 12 capitoli e li intreccia per l’ultima volta in modo da fissarli ancora meglio e presentarli ai lettori. La lettera è un’esortazione a non tornare indietro nella vita cristiana, ma ad andare avanti. A non avere paura, ma a nutrire speranza. A non basarsi su quello che si vede con gli occhi naturali soltanto, ma ad aprire gli occhi della fede. A non isolarsi, ma a coltivare la comunione fraterna. A non chiudersi su quello che la tradizione religiosa ha insegnato, ma a rivedere tutto alla luce di Gesù Cristo. A non accontentarsi del solito, ma di aprirsi al meglio di Dio per loro e per noi. 

Ecco che allora l’ultimo capitolo ci dà l’ultima esortazione. Vogliamo rimanere bloccati dove siamo, spinti verso l’indietro e fermi a quello che già viviamo? O vogliamo la vita di Cristo, la vita con Cristo, la vita per Cristo? Il solito o il meglio? L’ultima esortazione ci viene in tre modi: ognuno di essi è preceduto e fondato su un’affermazione su Dio. Cioè: c’è un’affermazione su Dio e un’esortazione per noi. Eccole:

 

1. Dio non ci lascia: viviamo in modo pieno!

La prima affermazione su Dio è una citazione  combinata dal libro di Giosuè (v. 5) e dal Salmo 118 (v. 6). Come Dio disse a Giosuè davanti all’avventura di prendere possesso della terra promessa: “Non ti lascerò”, così Dio dice a noi davanti alle incertezze della nostra vita: “Non ti lascerò”. Dio dice: ho preso un impegno, ho fatto un patto, ho fatto delle promesse. Non ti preoccupare, le manterrò, sarò fedele a me stesso, di me ti puoi fidare ciecamente. Come il salmista poté dire: “Il Signore è il mio aiuto: non temerò” di fronte ai pericoli che aveva davanti, così noi possiamo dire lo stesso: se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?

I credenti di ogni epoca hanno avuto sempre l’assicurazione di un impegno personale, continuativo, H24 da parte di Dio. Se per te Dio è distante, lontano, e non sai bene se sia interessato a te, è attraverso Gesù Cristo che puoi avvicinarti a Lui. E’ in Gesù e grazie a Gesù che puoi ricevere “piena fiducia” nel bel mezzo delle sfide della vita.

L’impegno di Dio per noi ci autorizza a vivere in modo pieno  e ricco la vita cristiana. Perché Dio non ci lascia, possiamo amarci gli uni gli altri tra fratelli e sorelle (v. 1). Perché Dio non ci lascia, possiamo ospitarci, accoglierci, aprire le nostre case (v. 2) sapendo che chi abbiamo accanto è un angelo di Dio, un dono di Dio per noi. Perché Dio non ci lascia, possiamo andare a portare la solidarietà a chi si trova in carcere per motivo di fede (v. 3), a chi è perseguitato per la fede. Diventiamo ambasciatori della promessa di Dio per persone che sono isolate e private della comunità. Perché Dio non ci lascia, possiamo e dobbiamo onorare le nostre promesse matrimoniali vivendo in modo fedele il matrimonio (v. 4). Perché Dio non ci lascia, possiamo vivere in modo semplice e generoso, accontentandoci di quello che abbiamo e senza essere dominati dal desiderio dell’accumulo di ricchezze (v. 5). Perché Dio non ci lascia, possiamo mostrare affetto e onore a coloro che ci hanno insegnato la Parola di Dio (v. 7) seminando affetto per tutti e rispetto per le guide della chiesa.

Insomma, grazie al fatto che Dio è un Dio di alleanza, possiamo vivere pienamente la vita cristiana, in tutte le sue ricchezze spirituali, relazionali, solidali ed ecclesiali. Siamo liberi di amarci, visitarci, aiutarci, onorarci. Dio non ci abbandona: perché accontentarci di vite chiuse, grigie, spente, conflittuali, frigide, bloccate invece di sperimentare il meglio di Dio per noi? Solo perché Dio è Dio, noi possiamo essere veramente noi, riconciliati per mezzo di Gesù Cristo con Dio Padre nella potenza di Dio Spirito e rilanciati nella vita insieme!   

 

2. Dio non cambia: rimaniamo saldi!

C’è una seconda affermazione su Dio Figlio: “Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e in eterno” (v. 8). Lui rimane tale ora e per sempre. Lui è vivo oggi e domani. I patriarchi sono morti, Mosè non c’è più: ma Gesù c’è e ci sarà. Al contrario di tutti gli altri che vengono e passano, Gesù Cristo c’era prima di venire nel mondo, è stato tra noi durante la sua vita terrena e continua ad esistere per l’eternità.  

Quale esortazione si fonda su questa affermazione sulla persona del Figlio di Dio fattosi uomo? Questa: sulla stabilità di Gesù Cristo noi possiamo appoggiare la precarietà della nostra vita e trovare fermezza. La nostra vita è incerta e traballante, ma se è fondata su Gesù Cristo che è lo stesso ieri oggi e in eterno può rimanere a galla e non essere sbattuta qua e là (v. 9). Se si dà retta ad altri insegnamenti contrastanti su Gesù, se non si crede che Lui sia il Figlio di Dio diventato uomo, se non crediamo che sia superiore agli angeli, superiore ai profeti, superiore a tutti e a tutto, ne va della stabilità della vita. La confessione che Gesù rimane lo stesso ha un effetto sulla tenuta della nostra esistenza. Se la base è incerta, la vita è sballottata. Se la base è stabile, la vita può rimanere in piedi. Se si sostituisce la base certa di Gesù con un insieme di tradizioni, di pratiche, di devozioni religiose come mangiare o non mangiare certi cibi (v. 9b) tutto va sottosopra. Non è la religione a dare stabilità in tempi di tempesta: è Gesù Cristo. Non è il lavoro, non è la famiglia, non sono le sicurezze umane: tutto questo dà un appoggio provvisorio e parziale che prima o poi diventa scivoloso e inaffidabile. Solo radicando la vita nella fede in Gesù, si può stare saldi.

La nostra città qui non è stabile (v. 14). In particolare, a Roma tutto è molto instabile. Tutto è precario ed in movimento. C’è il rischio di essere risucchiati nel vortice ed essere sopraffatti. L’unico movimento che ci salva è di uscire dal nostro accampamento precario e correre verso Gesù per andare nella sua città sicura (v. 13). Lui è lo stesso ieri oggi e in eterno. Corri a Lui, credi in Lui, affidati a Lui. La città di Dio è il luogo più sicuro e stabile in cui vivere oggi e per sempre.

 

3. Dio è all’opera: possiamo crescere!

Infine, questo ultimo capitolo ci dice un’altra cosa straordinaria su Dio. Lui non solo non ci lascia, non solo è stabile, ma anche è all’opera oggi, qui, ora, tra noi e oltre noi. Lui vuole renderci maturi, compiuti, adulti nella fede (v. 21). Lui continua ad essere impegnato per non lasciarci dove siamo, ma per portarci avanti, spingendoci verso il suo bene, verso la sua volontà, per la gloria di Dio ora e per sempre. Dio opera giorno e notte, giorni feriali e festivi, quando ne siamo consapevoli o meno. Lui non ha finito di operare in noi. Dio non ci lascerà stare sino a quando non ci avrà portato al meglio.  

Siccome il Dio del patto è all’opera, possiamo imparare a ringraziare (v.15) per tutto, anche quando tutto sembra andare storto. Possiamo imparare a vivere insieme in modo ordinato  e gioioso (v. 17). Possiamo imparare a  pregare gli uni per gli altri (v. 18). Insomma possiamo crescere come persone, come uomini di Dio, come donne di Dio, come giovani di Dio, come chiesa di Dio, come popolo di Dio e ambire al meglio di Dio per noi.

Nel ritiro della chiesa di due settimane fa abbiamo pregato e ci siamo confrontati su quello che Dio vuole da noi in vista dei prossimi dieci anni. Abbiamo parlato di Breccia di Roma 2030. Bene: come sarai nel 2030: la solita persona o una persona rinnovata? Come saremo come chiesa? Quella di adesso solo più invecchiata, o una chiesa stabile e dinamica, fiduciosa e operosa per il regno di Dio? Come sarà Roma: la solita città bella ma sgangherata, o qualcosa di meglio: impattata dall’evangelo di Dio e con una forte presenza evangelica?

Dunque, il solito o il meglio? Apriamoci al futuro di Dio: non è un salto nel buio, è il cammino della fede. L’unico cammino che porta alla città più bella e sicura e vitale che ci sia: la città di Dio.