Domande sull'autorità - Luca 20,1-26
Predicatore: Davide Ibrahim
Dopo il periodo estivo, riprendiamo con la serie sul vangelo di Luca. Ci eravamo lasciati con l’entrata di Gesù a Gerusalemme, il suo lamento sulla città e la cacciata dei mercanti dal tempio. L’entrata regale a Gerusalemme e l’indignazione profetica di Gesù nel tempio erano tappe necessarie che si sarebbero concluse con il sacrificio sacerdotale del Signore Gesù Cristo. Tutto questo non era passato inosservato. Se da una parte era evidente che c’erano state persone che lo avevano riconosciuto come il Messia, l’unto di Dio, dall’altra ce n’erano altre che continuavano a mettere in discussione le sue parole e azioni. Mentre alcuni acclamavano l’autorità di Gesù in quanto re, altri urlavano ai suoi discepoli di fare silenzio (19:39); quando Gesù esercitò la sua autorità in quanto profeta scacciando i mercanti dal tempio, i capi religiosi furono così orgogliosamente infastiditi che cercarono di farlo morire (19:47). Insomma, l’autorità esercitata da Gesù non andava giù ai capi religiosi e quest’ultimi cercavano in qualsiasi modo di sopprimere il suo ministero e condannarlo. In questa sezione, invece, la saggezza del Figlio di Dio viene confermata un’altra volta dal modo in cui gestisce le conversazioni, mentre la stoltezza spirituale e morale dei suoi interlocutori viene messa più in luce.
Le parole di Gesù rivelano come i suoi interlocutori avessero problemi ad accettare sia la sua autorità divina che altre autorità riconosciute e stabilite da Dio. Questo non riguardava e non riguarda solamente le persone che vissero all’epoca di Gesù, ma c’entra con tutta l’umanità. L’uomo ha un rapporto difficile con l’autorità. Gli italiani stessi hanno un rapporto difficilissimo se non pessimo con l’autorità. Quando si parla dell’autorità di Dio nei confronti dell’uomo, marito-moglie, genitori-figli, maestro-alunno, datore-dipendente, governo-cittadino, la reazione è spesso negativa e di rigetto. La parola “autorità” mette i brividi e crea atteggiamenti difensivi ed evasivi. Questa reazione è il risultato del peccato commesso da Adamo ed Eva, esso stesso mancanza di riconoscimento dell’autorità di Dio. Nel principio Dio aveva creato il mondo con la sua parola autorevole. Egli governava e governa con autorità sia l’universo che l’umanità. All’uomo stesso aveva dato autorità di governare la terra (Ge 1:29). L’autorità faceva parte della creazione di Dio ed era perciò buona. Ma l’uomo ha scelto di mancare di rispetto all’autorità di Dio, mangiando del frutto proibito. Anziché rispettare l’autorità del suo Creatore, l’uomo ha deciso di sottomettersi alle parole di Satana. L’ordine stabilito di Dio è stato messo in discussione, corrotto e contorto. Adamo ed Eva hanno deciso di sottrarsi all’autorità di Dio pensando di poter diventare autorità di loro stessi, rendendosi conto troppo tardi di essere invece stati assoggettati all’autorità del peccato. Dall’autorità buona e giusta di Dio noi tutti ci siamo sottomessi all’autorità tossica e opprimente del peccato. Il peccato ha corrotto l’autorità che definisce la relazione tra Dio e l’uomo e tra gli uomini. Per mezzo della salvezza in Gesù Cristo, il vangelo ci chiama a ristabilire un concetto sobrio e biblico di autorità, senza abusarne, evitarla, sminuirla né elevarla, ma vivendola con equilibrio, integrità e gratitudine perché coscienti che essa è stata pensata e stabilita da Dio per la sua gloria e il nostro bene (Ro 13:1). Ben coscienti di essere in un cammino di santificazione che ambisce ad imitare Cristo, la Parola di Dio ci porta ad esaminare il nostro rapporto con l’autorità di Dio e degli uomini, a considerare le nostre carenze e a confessare i nostri peccati.
1. Chi ha autorità di metterti in discussione?
Il primo tipo di autorità che incontriamo nel testo è quella data da Dio a persone chiamate a parlare in suo nome e proclamare la sua Parola. Avendo ascoltato Gesù insegnare e parlare del vangelo nel tempio, i capi religiosi si avvicinarono per fargli la domanda definitiva: “con quale autorità o chi ti dà l’autorità di entrare a Gerusalemme in quel modo, di scacciare i mercanti dal nostro tempio e di insegnare così liberamente?”. (v. 2). Al ché Gesù risponde facendo a sua volta una domanda sull’autorità del ministero di Giovanni (v. 3). I capi religiosi non avrebbero potuto prendere una posizione su Gesù se prima non avessero preso una posizione su Giovanni. Il ministero di Giovanni era strettamente collegato con il ministero di Gesù. Giovanni era il profeta a cui Dio aveva dato autorità di annunciare la venuta del Signore Gesù Cristo e chiamare Israele al ravvedimento. Se avessero pubblicamente riconosciuto che il ministero di Giovanni proveniva da Dio, allora avrebbero dovuto riconoscere che anche l’autorità di Cristo era da Dio e di Dio. Giovanni aveva proclamato la venuta dell’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo (Gv 1:29), aveva chiamato al pentimento e al battesimo, e aveva battezzato egli stesso il suo Signore. Se avessero creduto alle sue azioni e alle sue parole, avrebbero creduto anche alle azioni e alle parole di Cristo.
Prima di Gesù, Giovanni è solo l’ultimo di una lunga serie di profeti investiti dell’autorità di Dio per proclamare il suo giudizio e la sua salvezza. Gesù lo rende chiaro con la parabola che segue (vv. 9-12). Il padrone della vigna è Dio, la vigna è Israele, i vignaioli sono gli israeliti, i servi sono i profeti di Dio. Dio ha stabilito un patto con gli israeliti, ma essi hanno rotto il patto, non dando al Signore il culto che gli era dovuto. Ma Dio non è venuto meno al patto stabilito: egli ha mandato i suoi profeti nei tempi da lui stabiliti e li è stata data l’autorità di parlare in nome suo e di chiamare gli israeliti al pentimento. Ma essi hanno tappato le loro orecchie di fronte alla Parola di Dio, rifiutando di mettersi in discussione, di umiliarsi di fronte all’autorità di Dio, ravvedersi e rendergli il culto dovuto. Hanno rifiutato le parole del profeti e li hanno maltrattati. Se avessero ascoltato Mosè e i profeti, avrebbero ascoltato Giovanni e di conseguenza Gesù e il suo vangelo. Se avessero rispettato l’autorità dei profeti mandati da Dio avrebbero rispettato e accettato l’autorità del Figlio di Dio.
Gli israeliti conoscevano molto bene le Scritture. Sapevano che l’Antico Testamento annunciava la venuta del Messia di Dio. Giovanni il battista è stato l’Elia mandato ad annunciare e a presentare pubblicamente l’agnello di Dio, Gesù Cristo. Essi hanno rifiutato l’autorità dei profeti perché andava in conflitto con l’autorità illecita di cui si erano appropriati. Volevano essere loro l’autorità finale: non volevano mettersi in discussione, non volevano essere corretti, non volevano essere ripresi, non volevano sottomettersi all’autorità di coloro che erano stati mandati da Dio per parlare di Dio.
E tu? Come reagisci alle voci profetiche che il Signore ha posto nella tua vita? Oltre ad essere un popolo regale e sacerdotale, siamo anche un popolo profetico. Sminuisci l’autorità della Parola di Dio? Riconosci l’autorità elargita al popolo di Dio? Presti attenzione alle parole dette o cerchi di evitare il confronto e la verità? Quando la Parola autorevole di Dio ti parla attraverso altri credenti qual è la tua reazione? Riesci a metterti in discussione, a essere corretto e a sottometterti con serenità? Il tuo orgoglio ti impedisce di riconoscere l’autorità Dio dà ad altri per richiamarti a lui e alle sue vie?
2. Chi ha autorità di dirti che sei responsabile?
Il secondo tipo di autorità che incontriamo nel testo è l’autorità suprema e assoluta data da Dio Padre a Dio Figlio. Nella parabola del Signore, leggiamo che dopo aver inviato i servi, il padrone della vigna decide di mandare suo figlio sperando che i vignaiuoli avrebbero almeno dato ascolto a lui. Invece, non solo non viene ascoltato, ma addirittura ucciso. Essi vedono la diretta connessione tra il figlio e il padre: se uccideranno il figlio, avranno l’eredità del padre, cioè la vigna stessa. Invece, succede il contrario di quello che avevano architettato: il padrone della vigna non solo stermina i vignaioli ingrati, infedeli e avidi, ma assegna la sua eredità ad altri vignaioli.
Dopo aver mandato i profeti, Dio Padre ha inviato il suo unigenito Figlio dandogli ogni autorità “in cielo e in terra” (Mt 28:18). Al battesimo di Gesù, fatto da Giovanni, proprio colui al quale non volevano riconoscere autorità profetica, il Padre mostrò chiaramente di aver mandato il Figlio dicendo: “tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto” (Lu 3:22), e sul monte della trasfigurazione il Padre comandò ai discepoli di ascoltare il Figlio (Lu 9:35). Al Figlio è stata data l’autorità di adempiere e insegnare la Parola di Dio, di perdonare i peccati, di guarire i malati e scacciare gli spiriti immondi. Al Figlio è stata data suprema autorità regale, sacerdotale e profetica. Israele ha rifiutato l’autorità del Figlio di Dio, non lo ha riconosciuto come il Messia profetizzato e lo ha crocifisso. Contrariamente al primo Adamo, il secondo Adamo, Gesù Cristo, si è sottomesso fedelmente all’autorità del Padre incarnandosi per adempiere al piano misericordioso di colui che l’aveva mandato. Egli è morto sulla croce per il nostro peccato e attraverso il suo sacrificio, la vigna, cioè il regno di Dio, fosse accessibile a tutti coloro che riconoscono la loro sottomissione al vero e unico Signore.
A differenza del figlio della parabola, la storia del Signore Gesù non si è conclusa con la sua morte, ma con la sua resurrezione e ascensione al Padre, dove regna con “autorità su ogni carne” (Gv 17:2).
Cristo ha autorità su ogni uomo, e quindi anche sulla tua. O riconosci che hai peccato contro l’autorità di Dio e che in Cristo puoi risanare il rapporto, o continuerai a rifiutare l’autorità del Figlio di Dio. O riconoscerai in Cristo la pietra angolare sulla quale costruire la tua vita redenta o sarà Egli sarà l’autorità sulla quale cadrai e ti sfracellerai nel giorno del giudizio. O edificherai la totalità della tua vita sulla “pietra vivente rifiutata dagli uomini ma davanti a Dio scelta e preziosa” (1 Pt 2:4), o egli sarà la tua pietra d’inciampo e il tuo sasso di ostacolo (1 Pt 2:8). Il Figlio si è presentato nella persona di Gesù Cristo. Egli è stato mandato dal Padre per ricevere il culto che gli è dovuto ed esercitare l’autorità che gli spetta. Cosa vuoi fare davanti alla sua autorità? Sottometterti o rifiutarla? Ascoltare la voce dello Spirito Santo che ti chiama al pentimento e alla sottomissione o continuare ad avere un cuore ribelle di fronte all’autorità di Dio?
3. Chi ha autorità di dare autorità?
Il terzo tipo di autorità che incontriamo nel testo è l’autorità che il Signore dà allo stato. Così come gli italiani, gli israeliti avevano un rapporto complicato con il governo. L’autorità romana era vista solo negativamente, come un’istituzione a cui ci si doveva sottomettere controvoglia o contro cui opporsi violentemente (zeloti). Lo stato era visto come il nemico e chi lavorava per esso, era a sua volta considerato un traditore e un falso credente (Levi). D’altra parte, il governo romano era intrusivo, opprimente e corrotto. Esso voleva controllare e appropriarsi di ogni aspetto della vita del cittadino. Cesare non era solamente da riconoscere come imperatore e amministratore, ma anche come sommo sacerdote e divinità a cui rendere il culto. Roma voleva avere la supremazia sia sulla vita civile sia su quella religiosa. Pur riconoscendo che il culto doveva essere rivolto non a Cesare ma a Dio, gli israeliti erano andati all’estremo opposto rifiutando di sottomettersi a Roma anche sotto l’aspetto amministrativo e giudiziario. Avevano creato i loro organi (sinedrio) e si rifacevano a quelli romani quando li conveniva (crocifissione).
Era evidente, quindi, che la domanda rivolta a Gesù fosse un modo molto astuto per incastrarlo (v. 21). Se avesse risposto sì, allora lo avrebbero accusato di essere un falso profeta, al soldo dell’Impero Romano e promotore del culto a Cesare. Se avesse risposto no, l’avrebbero accusato di essere un sovversivo che voleva prendere il controllo al posto dell’autorità romana. La sua risposta invece meraviglia e spiazza i suoi inquisitori (v. 26). A Cesare compete l’aspetto amministrativo di riscossione delle tasse da pagare, mentre a Dio, che è l’unico Signore, va rivolto il culto in ogni sfera dell’esistenza. Cesare non è Dio e Dio non è Cesare, ma è Dio, in quanto sovrano, che riconosce a Cesare la sua autorità amministrativa e giudiziaria. Cesare è il ministro riconosciuto e stabilito dall’autorità di Dio (Ro 13:6). La sua area di competenza è stata stabilita e legiferata da Dio. Lo stato deve garantire la giustizia, premiando il bene e punendo il male civile (Ro 13:4). Il culto a Dio compete alla sua chiesa, l’amministrazione e la giustizia è stata assegnata allo stato. Ognuno ha la sua area di competenza e ognuno dovrebbe conoscere i suoi limiti. Quando i confini non sono definiti allora succede ciò che stiamo sperimentando come chiesa. Lo stato abusa della sua autorità quando va oltre la sua area di competenza e definisce secondo i suoi canoni cos’è un culto cristiano. Il culto a Dio è competenza della sua chiesa ed è la chiesa di Cristo che deve riaffermare l’autorità di Dio in questo campo.
Come credenti siamo chiamati non a rifiutare, ma a riconoscere questa autorità delegata da Dio e ad affermare l’autorità che è stata data alla chiesa da Dio. Non si tratta né di vedere Cesare come qualcosa di estraneo alla sovranità di Dio o un elemento che sostituisce Dio, ma di un’autorità legittimamente riconosciuta e stabilita dal Signore per i giudicare i malvagi, riscuotere i tributi e promuovere il bene della società. Come chiesa siamo al contempo sottomessi all’autorità suprema di Dio e all’autorità delegata da Dio a Cesare. Siamo cittadini del Regno di Dio e al contempo cittadini di Roma. Contribuiamo sia all’avanzamento della chiesa di Cristo che alla promozione della giustizia di Dio nella società. Saremo falsi adoratori se offriamo il culto a Dio e nel frattempo disubbidiamo a coloro cui Dio ha delegato autorità. Che tipo di cittadino credente sei? Vivi come se ci fossero due signori assoluti con la stessa autorità? Uno da servire la domenica e l’altro durante la settimana? Vivi come se ogni giorno fosse domenica senza interagire con il mondo di cui sei cittadino? La Parola ci chiama a riconoscere la presenza di un unico Signore autorevole che regna su ogni ambito della vita, anche quella politica e statale. Ci chiama a servirlo e a glorificarlo in quanto cittadini del regno e di Roma pregando per la città e a contribuire al suo bene (verità, giustizia, solidarietà).
Il vangelo di Cristo ci chiama a beneficiare dell’autorità con una prospettiva biblica. Siamo incoraggiati a metterci in discussione di fronte all’autorità della Parola di Dio e a vivere come cittadini credenti che riconoscono l’autorità delegata dello stato. Continuiamo a vivere una condizione di tensione, nella quale il cuore orgoglioso di ogni uomo resiste all’autorità o abusa dell’autorità, sia sul piano relazionale che istituzionale. Mentre viviamo un’autorità redenta in ogni ambito della nostra vita, confidiamo in ciò che verrà, quando davanti all’autorità del Signore Gesù Cristo tutti si inginocchieranno e giustizia verrà compiuta in ogni ambito della vita.