Dopo la tragedia riprende la vita - 2 Samuele 18,19-19,15
Predicatore: Leonardo De Chirico
In una gara di corsa a lunga distanza è difficile battere un etiope. In genere, vincono loro. In questo testo, tuttavia, c’è un’eccezione. Un corridore etiope parte prima per informare Davide della conclusione della battaglia contro Absalom, ma viene superato da Aimaas che era partito dopo e che arriva prima di lui, tra l’altro correndo in modo strano e riconoscibile da lontano (18,27). Questo fatto curioso non è il centro del racconto, ma solo un particolare gustoso: a volte, anche gli etiopi arrivano secondi!
Il centro della storia è l’intreccio tra una morte (quella di Absalom), il lutto (quello di Davide) e una frattura (quella interna al popolo). Sono tre tragedie che, se viste da un’altra angolatura, sono in realtà tre benedizioni. E’ come vedere un arazzo dalla parte interna che somiglia ad un ammasso caotico di fili e, poi, dalla parte esterna, da cui si nota invece un bel disegno. Vedremo infine che questi tre fili ci parlano anche di un’altra storia che sarebbe accaduta molto tempo dopo, ma che vale sempre la pena di essere raccontata.
1. Una morte ... ma è una buona notizia
Absalom è stato ucciso. Il figlio di Davide è morto. Questi sono i fatti: questa è la notizia. Ma che tipo di notizia è? Per Davide è una notizia sconvolgente. Non appena l’apprende rimane impietrito, scosso e scoppia a piangere dal dolore (18,33). Non è il suo primo figlio che perde: ha già perso un figlio neonato (avuto da Baat-Sheba) e ha perso Amnon (ucciso da Absalom). Davide ha già visto figli morire, ma la morte di Absalom lo sconvolge come non mai. E’ una notizia terribile per lui.
Eppure, la stessa notizia, lo stesso fatto è una “buona notizia” per altri. Aimaas vuole partire subito perché per lui è una buona notizia: la battaglia è finita, la guerra è vinta, il regno è salvo! E’ una buona notizia! Il corridore etiope nell’informare Davide gli racconta di come i nemici sono stati sconfitti e il re è salvo (18,31). La morte di Absalom assicura la loro vita e il loro futuro. Evviva, è una buona notizia. Questo è il primo interrogativo del racconto: è una cattiva notizia o una buona notizia? Per alcuni è una notizia mortale, per altri è una notizia che porta vita e gioia. Non ci potrebbe essere contrasto più netto.
Pensiamo ad un’altra morte e ad un’altra notizia. L’evangelo biblico è centrato sulla morte non di un figlio del re Davide soltanto ma del Figlio di Dio diventato uomo, Gesù Cristo. Per alcuni questa notizia è un rivoltante odore di morte, per altri è uno squisito profumo di vita. (2 Corinzi 2,16); per alcuni è uno scandalo, per altri è una grazia; per alcuni è pazzia, per altri è la vera sapienza; per alcuni è una storiella senza senso, per altri è la via della salvezza.
Absalom era figlio di re, ma aveva tentato di usurpare il regno del padre. Gesù Cristo è invece Figlio di Dio che ha ubbidito al Padre. Absalom era un figlio ribelle e violento che ha pensato alla sua gloria personale. Gesù è stato un figlio ubbidiente che ha compiuto la volontà del Padre per la nostra salvezza. La sua morte è stata la nostra vita. La nostra salvezza si basa sulla notizia di una morte: quella di Gesù Cristo. Per questa ragione è una “buona” notizia. La sua morte è stata la vita per noi. Migliore notizia di questa non c’è. Ancora oggi la notizia della morte del Signore Gesù fa discutere. Per te è una cattiva notizia, una notizia indifferente o una buona notizia?
2. Un lutto ... ma è solo per un tempo
Torniamo alla storia. Dopo aver appreso della morte di Absalom, Davide cade in uno stato di profonda prostrazione. “Absalom figlio mio” ripete più volte dalla disperazione (18,33 e 19,4). Vive un lutto paralizzante (19,2) che si riverbera sul morale di tutto il popolo. Tutti sono tristi e muti di fronte al cordoglio del re (19,3).
A questo punto interviene Ioab, il capo dell’esercito, che teme che il lutto di Davide si trasformi in una situazione pericolosa per il regno (19,5-7). Il rischio è che il re perda il sostegno del popolo scoraggiato dal fatto che il re, invece di festeggiare con loro, è prigioniero del suo lutto. Davide si copre la faccia dal dolore (19,4) e il popolo è coperto di vergogna (19,3). Tutti sono coperti da qualcosa e rischiano di non vederci più e di non riconoscersi più.
Qui Ioab esercita una funzione di profeta e gli dice: “Davide, svegliati. La morte di Absalom è stata la tua vittoria. Il popolo che ti ha sostenuto ha rischiato la vita e ora è umiliato. Torna alla realtà, non rimanere paralizzato, dai un segno di apprezzamento al popolo che ha combattuto per difendere il tuo regno”. Più volte nel corso della sua vita, Davide ha avuto bisogno di una voce profetica per tornare alla realtà, dopo un peccato o un tempo di torpore. Anche noi abbiamo bisogno della Parola di Dio predicata e testimoniata da qualcuno/a che ci faccia superare le situazioni di stallo che possono diventare delle prigioni. Il lutto non deve durare per sempre. Bisogna riaprirsi alla vita. Questo dice la profezia di Ioab.
Anche nella vita di Gesù, chi aveva fatto cordoglio per la sua morte sulla croce dovette fare i conti con il dolore della perdita. Il terzo giorno dalla crocifissione, le amiche di Gesù e i discepoli andarono al sepolcro ancora per piangerlo, ma furono incontrate da un angelo che annunciò che Gesù era risorto. L’angelo disse loro che non era più il tempo del pianto, ma della gioia (Matteo 28,2-7). Il venerdì della croce era finito; il sabato del lutto era terminato; finalmente , tutti dovevano e potevano aprirsi alla domenica della resurrezione. Gesù era morto ma ora è vivo!
Per i credenti in Cristo, il lutto non dura per sempre. Al dolore segue la consolazione divina. Le lacrime saranno asciugate. I dolori saranno leniti. Le fatiche saranno ripagate col riposo. Alla disperazione seguirà la benedizione. Per ogni cosa c’è il suo tempo (Ecclesiaste 3,1). Siccome Gesù è risorto, si possono affrontare le prove e i dolori non rimanendo paralizzati e bloccati. Per grazia di Dio, c’è una via di uscita per riprendere il cammino. Apriti alla consolazione di Dio e non rimanere chiuso nei tuoi dissapori.
3. Una separazione ... ma l'unità è ristabilita
Il colpo di stato di Absalom aveva provocato una spaccatura nel popolo d’Israele. Una parte era rimasta fedele a Davide, ma un’altra parte aveva seguito Absalom, determinando una guerra civile. C’era stata una durissima battaglia con morti e feriti.
Dopo essere uscito dal blocco emotivo e spirituale in cui era caduto, Davide riprende l’iniziativa come re e lancia una proposta di pacificazione a quella parte del popolo che, sostenendo Absalom, lo aveva combattuto (19,12). La sua azione piega il cuore della gente (19,14) e ricuce lo strappo. L’unità del popolo è ristabilita; la guerra civile è finita; si può tornare a vivere insieme. L’esercizio della regalità difende l’unità del popolo e la promuove quando essa è in pericolo.
Anche l’opera del re Gesù Cristo ha portato unità in un mondo di conflitti e contrapposizioni causati dal peccato. Davide ha riunito due parti dello stesso popolo, ma Cristo ha unito uomini e donne da tutti i popoli: “dei due popoli ne ha fatto uno solo” (Efesini 2,14). Ebrei e non ebrei, credenti in Gesù Cristo, formano la stessa chiesa. Gesù ha anche unito uomini, donne, ricchi, poveri, schiavi, liberi: tutti i credenti, da qualunque provenienza vengano, sono uno in Cristo (Galati 3,28). La chiesa è un popolo che ha come re Gesù Cristo, Colui che ci unisce e ci permette di avere “un medesimo pensare, un medesimo amore, un animo solo e un unico sentimento” (Filippesi 2,2). Il peccato ha diviso e divide le persone, ma Cristo ha unito e unisce chi gli appartiene: i peccati possono essere perdonati, pace può essere fatta, riconciliazione può essere vissuta, grazie a Gesù Cristo il re. Tra noi non dobbiamo avere altro debito se non di amarci gli uni gli altri (Romani 13,8), come Cristo ci ha amato. La sua morte è stata la nostra vita, il suo lutto è stata la nostra gioia, la sua regalità è la base della nostra unità. Amen.