Regalità senza conti aperti - 2 Samuele 19,16-43

 
 

Predicatore: Gioele Di Bartolomeo

Alla fine di un di una situazione complessa o di un conflitto arriva sempre il momento in cui tocca fare i conti con le faccende aperte. Lo vediamo nella storia delle grandi guerre. Dopo le campagne napoleoniche c’è stata la necessità di chiudere i conti, di compiere una restaurazione. La Prima guerra mondiale chiuse i conti con il trattato di Versailles, la seconda con Yalta ed i trattati di Parigi poi, ecc. Dopo uno sconvolgimento bisogna chiudere i conti aperti. Anche nella vita di tutti i giorni abbiamo la necessità di chiudere i conti aperti.

Nei capitoli precedenti abbiamo visto Davide fuggire da Gerusalemme per scampare dalle mani di suo figlio Absalom. Ma ora la ribellione era finita, Absalom era stato ucciso e, dopo il lutto, Davide era in cammino per tornare a Gerusalemme, non come esiliato ma da Re vittorioso. Nel testo che abbiamo appena letto, come alla fine di una guerra, vedremo Davide ed altri uomini chiudere i conti con chi aveva caratterizzato in modo positivo o negativo il momento drammatico della sua fuga del Re. Il capitolo 19 ci presenta tre uomini che orbitano attorno a Davide, due membri del Clan di Saul, Simei figlio di Ghera e Mefiboset figlio di Gionatan ed uno straniero Barzillai il Galaadita. Tre personalità borderline ma che attraverso l’incontro con Davide ci insegnano ad esercitare una regalità senza conti aperti. Vediamoli insieme:

1. L’affronto che non puoi mantenere (16-23)
Il Primo personaggio che il testo ci presenta nel versetto 16 è Simei.

Figlio di Ghera, Simei era parte del clan di Saul, un Saulita. Era un uomo toccato e ferito dalla morte di Saul e perciò in forte opposizione al Re Davide. Nel capitolo 16 il Re fu costretto a fuggire da suo figlio. Ma, nella fuga, arrivato presso la città di Baurim, fu maledetto da Simei a causa del sangue che aveva sparso nella famiglia di Saul. Tirando pietre, il Saulita accusò Davide di essere stato la causa della sua stessa rovina e della ribellione di suo figlio Absalom. Davide, non diede ascolto ai suoi uomini che avrebbero voluto uccidere Simei per l’affronto, ma accolse quella riprensione.

Ora però, il gioco è cambiato, Absalom è stato sconfitto ed il trono del Re Davide è stato restaurato. Dal versetto 16 del capitolo 19 vediamo l’atteggiamento di Simei notevolmente cambiato. Il ribaltamento di fronte aveva messo Simei in una condizione pericolosa e lo vediamo correre verso il fiume Giordano, accompagnato dalla sua famiglia, da mille uomini della tribù di beniamino, per andare incontro al Re Davide. Prima che il Re attraversi il fiume, Simei si prostra a terra chiedendo perdono per il suo affronto. Anche questa volta il servo del Re, Abisai, propone di uccidere Simei per l’offesa all’unto del Signore, ma Davide non lo permette e dà al Saulita la garanzia che non sarebbe stato punito per l’affronto.

Il servo del Re nel proporsi di ucciderlo probabilmente aveva visto la natura bugiarda del suo pentimento. Dalle parole di Davide e di suo figlio Salomone nel libro dei Re, (1 Re 2,9;36-37;44-46) comprendiamo che il pentimento di Simei fu solo un atto di convenienza e di paura. Simei era un uomo corrotto e lo rimase anche dopo aver chiesto perdono. Il Re Davide ne era consapevole ma, durante la fuga decise di ascoltare quella riprensione ed ora era disposto a chiudere questa storia a prescindere dalla sincerità di Simei. Ciò che il servo Abisai suggeriva era vero, logico e sensato, in questo Saulita non c’è alcun pentimento ma solo opportunismo. Eppure, Davide chiude il conto con Simei, accetta le scuse e promette l’incolumità. Il Re chiude il conto in sospeso.

Davide ci mostra una regalità pronta a chiudere le situazioni rimaste in sospeso nonostante esse non soddisfino pienamente le nostre aspettative. La nostra regalità cristiana si mostra nel desiderio di chiudere i conti aperti, nonostante l’opportunismo dell’altro e nonostante non raggiunga i nostri standard di sincerità. Sei in attesa che qualcuno cambi prima di riconciliarti? Stai aspettando che chi ti ha offeso possa raggiungere determinati standard prima di concedere un vero perdono? Assicurati di non vivere la tua vita cristiana lasciando i conti aperti. Al ritorno del vero Re, Gesù Cristo l’ipocrisia dei Simei di questa vita verrà alla luce. “Non c’è niente di nascosto che non sarà svelato” Luca 12,2. Davanti alla giustizia del Re Eterno, l’affronto del peccato non potrà essere mantenuto. L’opportunismo e la falsità verranno fuori. Tu chiudi i conti in sospeso alla luce di questa certezza. Quello contro il Re è un affronto che non potrà essere mantenuto.

 

2. La vicinanza a cui non puoi rinunciare (24-30)
Nel versetto 24 Davide incontra il secondo personaggio del nostro testo, Mefiboset.

Mefiboset era il figlio di Gionatan, figlio di Saul ed amico amato di Davide. Nel libro di 2 Samuele ci viene raccontato di come, a 5 anni, dopo la morte del padre, Mefiboset era rimasto zoppo cadendo da cavallo (4,4) e di come Davide, una volta diventato Re, per amore di Gionatan, gli assegnò le terre di Saul e gli concesse Siba come servo della sua casa (9). Nella fuga di Davide descritta al capitolo 16, Mefiboset venne accusato dal servo Siba di essere un traditore. Il Re che fuggiva scalzo presso il monte degli ulivi aveva accolto l’aiuto di Siba ed avvisato del tradimento di Mefiboset, lo privò delle sue terre donandole al suo servo.

Nel testo di oggi però vediamo che la verità era un’altra. Mefiboset, anche se zoppo, si presenta presso il Re, logorato e trasandato, come di qualcuno che non trovava pace (24). Alla domanda di Davide sul perché egli non lo abbia seguito nella sua fuga, Mefiboset risponde di essere stato ingannato e calunniato da Siba (26). Riconoscendo il suo appartenere alla corrotta casa di Saul, Mefiboset non fa valere le sue ragioni ma rimette il suo destino nelle mani del Re. Davide crede alle sue parole e decide di ridare indietro metà delle terre che aveva assegnato a Siba. Ma, Mefiboset risponde a Davide di non dare nessun conto alle terre quando ciò che importava davvero era il ritorno del Re al Suo trono.

L’ingiustizia subita da Mefiboset era evidente agli occhi di tutti. Il testo ci sottolinea la condizione di apprensione ed afflizione con cui il figlio di Gionatan si era presentato davanti al Re. L’inganno di Siba perpetrato al capitolo 16 viene svelato, ma Davide non commette l’errore di andare sulla fiducia e nonostante l’evidenza non può far altro che restituire a Mefiboset solo la metà delle terre che gli erano state tolte. È qui che il figlio di Gionatan mostra la sincerità del suo cuore. Le terre, la restituzione del mal tolto sono nulla davanti alla maestosità del ritorno del Re.

In questo incontro è Mefiboset che chiude i conti in sospeso. L’erede della casa di Saul chiude i conti con Davide, assicurandosi di essere riconosciuto come un servo indegno ma fedele e con il cuore proiettato verso il suo re. Ed ancora Mefiboset chiude i conti con Siba. Il tradimento, la calunnia, la perdita delle sue terre non sono più nulla difronte al ritorno del Re ed alla garanzia di poter stargli vicino.

Non è semplice chiudere i conti con qualcuno quando riconosciamo di essere stati offesi, denigrati, derubati e traditi. Soprattutto quando è la conseguenza del voler essere giusti e corretti e soprattutto quando non c’è nessuna richiesta di perdono. Pensiamo alle ingiustizie sul lavoro? Al prezzo da pagare per non essersi piegato all’irregolarità? Pensiamo alle accuse ingiuste subite in famiglia, dai vicini o da fratelli e sorelle persino nella chiesa? Fratelli e sorelle possiamo comprendere la qualità della nostra regalità da come reagiamo a queste ingiustizie. Se siamo persi nell’amarezza, nella sfiducia, nell’impasse e nell’auto-compiangimento abbiamo ancora dei conti in sospeso. Come Mefiboset, prima di tutto chiudiamo i conti con il Re, Gesù Cristo, assicuriamoci di essere stati resi partecipi della sua opera di salvezza e di essere stati riconosciuti servi indegni ma fedeli. Assicuriamoci di essere vicini al nostro Signore. Davanti alla Salvezza ed alla vicinanza del Re dei Re, siamo pronti chiudere i conti come dice Paolo in Efesini 4, con il nostro vecchio uomo bandendo l’amarezza e la sfiducia che impediscono alle nostre vite di scorrere per la Gloria di Dio. Non puoi rinunciare alla vicinanza del Re dei Re.

3. L’eredità che non puoi sprecare (31-43)
Il terzo personaggio chiave che incontriamo in questo testo è Barzillai il Galaadita (31)

Barzilaai fu uno degli uomini chiave della fuga di Davide. Nel capitolo 17,27-29 era tra quelli che avevano aiutato Davide e le genti al seguito ed ora stava accompagnando il Re nel suo rientro vittorioso verso Gerusalemme.

Davide propone a Barzillai il Galaadita di seguirlo fino a Gerusalemme dove avrebbe provveduto per lui. Ma Barzillai ormai avanti negli anni riconosce di essere un peso per il Re e chiede di essere rimandato indietro per vivere gli ultimi anni nella sua città d’origine. Al suo posto il Galaadita manda il suo servo Chimam al quale Davide promette i più grandi onori. Quando il popolo passò il Giordano il re baciò Barzillai e lui se ne tornò a casa.

La bontà di Barzillai per Davide durante la sua fuga fu talmente straordinaria da essere ricordata e sottolineata dal Re in punto di morte (1 Re 2,7). Quest’uomo aveva provveduto grandemente con i suoi averi alla salute del Re e dei suoi numerosi accompagnatori. Barzillai aveva investito tempo, risorse ed energie per il Re e quando fu il momento di ricevere qualcosa indietro riconobbe che il suo tempo era passato. Al suo posto, Chimam il suo servo accolse l’eredità del suo padrone e lo rappresentò presso la corte del Re Davide godendo di tutti gli onori. Barzillai chiude i conti con Davide trasmettendo l’eredità di ciò che aveva fatto per l’avanzamento del regno.

Fratelli e sorelle, come figli di Dio, siamo stati fatti partecipi del Suo regno. Siamo stati chiamati a costruire per il regno, ad accumulare a spendere, a sviluppare ed a lasciare in eredità. Come uomini e donne ai quali è concesso un tempo, siamo chiamati a comprendere la nostra funzione temporanea per il regno di Dio. Quando leggiamo i libri di storia siamo impressionati da ciò che è accaduto nel passato e vorremmo vedere tutto questo nelle nostre esperienze. Ma in verità le nostre vite si svolgono nello spazio di 2 righe o di una pagina e questo spesso ci lascia frustrati ed insoddisfatti. A differenza di Barzillai noi ci attacchiamo stretti alla nostra posizione fino a quando non vediamo gli effetti del nostro lavoro. Proprio ieri ed in questi giorni abbiamo visto una politica impreparata al passaggio del testimone. Ed anche a noi la Parola ci chiama a riconoscere la necessità di lavorare per lasciare l’eredità a chi viene dopo di noi. Siamo chiamati a riconoscere il momento di fermarci e di passare il testimone a chi godrà gli effetti del nostro adoperarci, come dice Paolo in Colossesi, “sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l'eredità. Servite Cristo, il Signore!”

Negli ultimi versetti di questo capitolo vediamo nascere una contesa tra gli israeliti e gli uomini di Giuda su chi avrebbe dovuto riaccompagnare Davide a Gerusalemme. Gli uomini più vicini a Davide mostravano tutti i segni del loro arrivismo, mentre uno straniero, un Galaadita aveva avuto il coraggio di chiudere i conti in sospeso lasciando l’eredità al suo servo.  In chi ti riconosci? Chi puoi affermare di essere oggi? Sei pronto a lasciare l’eredità del tuo lavoro?

Come stranieri abbiamo ricevuto l’eredità del vangelo di Gesù Cristo e vogliamo esercitare una regalità senza conti in sospeso.

Come chiesa vogliamo annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio che è morto sulla croce e risorto affinché credendo in Lui l’uomo non perisca ma abbia vita eterna. Guidati dallo Spirito Santo vogliamo proclamare che al Suo ritorno non ci sarà affronto che puoi mantenere, non c’è oggi una vicinanza più preziosa e che siamo pronti a raccogliere, trasmettere e lasciare l’eredità che abbiamo ricevuto.

Alla gloria di Dio.

Amen


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