Riconoscere la dipendenza da Dio - 2 Samuele 22
Predicatore: Davide Ibrahim
In Italia è consuetudine del Presidente della Repubblica fare il discorso di fine anno la sera del 31 dicembre proprio a pochi passi da qui. È un messaggio che cerca di fare il bilancio dell’anno quasi concluso. Il Presidente riporta alla mente degli italiani i momenti più significativi, le gioie e i dolori condivisi, le crisi scoppiate e risolte, e quelle ancora da risolvere. È anche un momento per ringraziare coloro che si sono impegnati durante l’anno per il bene del paese. Lo scorso anno, ad esempio, data l’emergenza della pandemia, Mattarella ha ringraziato i sindaci, i presidenti di Regione e ogni persona che si è impegnata in prima linea contro il virus.
Anche Davide ha fatto una sorta di “discorso di fine anno” ripensando alle difficoltà che ha affrontato e alle costanti guerre che ha combattuto (l’ultima riportata fu quella contro i Filistei appena prima di questo capitolo). Diversamente dal discorso del Presidente, il suo è una preghiera di riconoscenza rivolta a Dio per averlo liberato dalla mano di tutti i suoi nemici, Saul compreso. Anche Davide, ugualmente al Presidente, aveva sicuramente molte persone da ringraziare senza le quali non sarebbe riuscito a regnare saggiamente su Israele, vincere le sue innumerevoli guerre e superare le tante difficoltà incontrate lungo il suo cammino. Però diversamente dal Presidente, Davide loda primariamente il suo Dio, riconoscendo la sovranità del Signore in ogni aspetto della sua vita. Lo stesso Dio che aveva permesso che nella vita di Davide ci fossero omicidi, sofferenze, incesti, fughe, ribellioni, tradimenti e guerre è colui che lo ha soccorso, benedetto e sostenuto nelle sue disavventure. Davide riconosce che la liberazione e la bontà di Dio nei suoi confronti sono da leggere in chiave pattizia (v. 51). È in virtù del patto siglato tra Dio e il suo popolo, che il Signore soccorre, benedice e sostiene. Davide riconosce di essere dipendente dal Dio del patto. Possiamo dire lo stesso? Questo canto ci pone tre domande che ci permettono di riconoscere e valutare la nostra dipendenza da Dio.
1. Siamo dipendenti dal soccorso del Signore?
Nel corso della sua vita, Davide si ritrovò ad affrontare situazioni molto difficili che richiedevano saggezza e discernimento. Dovette ripetutamente combattere contro i Filistei, sconfiggere gli Amalechiti, subire la ribellione di suo figlio Absalom e gestire una carestia di tre anni causata da un debito di sangue. Non c’è quindi da stupirsi nel leggere il suo stato d’animo: si sentiva continuamente sommerso dalla morte e circondato dalla distruzione (v. 5-6). In ognuna di queste situazioni, leggiamo che Davide nella sua angoscia consultò il Signore. Davide invocò l’aiuto del Signore ed egli udì la sua voce, il suo grido giunse agli orecchi del suo Dio (v. 7). Il Signore lo soccorse con mano potente liberandolo dalla morsa dei suoi nemici. Davide usa illustrazioni vivide tipiche della poesia ebraica per mostrare l’irruento intervento del Signore nella sua vita. Ci testimonia che il Signore non è un dio impassibile, impersonale, privo di interesse verso il suo popolo, ma è il Dio che ascolta (v. 7), che si sdegna (v. 9), che parla (v. 14), che interviene e soccorre (v. 17-18).
Un giorno anche noi siamo entrati a far parte del popolo di Dio per mezzo della salvezza offerta attraverso il sacrificio di Gesù Cristo. Non “’c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano” (Ro 10:12). Il Dio una volta a noi estraneo è diventato il nostro Dio. Siamo entrati nel patto invocando per fede la sua salvezza e ricevendola per grazia, diventando suoi figli. In quanto tali possiamo consultare e invocare il Signore, certi che egli ascolterà e interverrà secondo la sua volontà. Ma quanto siamo dipendenti dal soccorso del Signore? Riconosciamo che tutto dipende da lui e che la liberazione è opera della sua mano?
È scoppiata la pandemia e le persone hanno invocato il soccorso e la salvezza dei virologi. La pandemia ha causato una crisi economica e il governo pensa di aver trovato la salvezza nel Recovery Fund. La Terra che il Signore ci ha donato sta collassando a causa dell’inquinamento e dello sfruttamento irresponsabile dell’uomo, e allora la transizione ecologica diventa il salvatore di tutti i mali. Ciò che Dio ci dona come mezzo, l’uomo lo eleva e lo fa diventare il fine e il proprio idolo. L’uomo sovverte l’ordine prestabilito da Dio. Siamo costantemente tentati di dipendere più dalla creazione e dalla creatura che dal Creatore. Abbiamo sempre bisogno di ricalibrarci secondo la parola di Dio e di tenere sempre bene in mente che dipendiamo dal Signore che è sovrano su tutto. Egli è il protagonista del nostro soccorso e ci viene in aiuto anche utilizzandosi dei mezzi e delle persone che ci circondano, essendo egli sovrano sulla sua Creazione e sulle sue creature.
2. Siamo consapevoli della volontà del Signore?
Davide soffrì molto per mano di Saul. Dovette costantemente fuggire dal re d’Israele per evitare di essere ucciso ingiustamente. Abbiamo visto che per ben due volte, Davide ebbe l’occasione di uccidere Saul e vendicarsi finalmente di tutto il male che gli aveva causato. Ma lo risparmiò nonostante le persone intorno a lui fossero convinte che il Signore gli avesse dato in mano il suo nemico. Davide rifiutò di uccidere l’unto del Signore e per di più dimostrò a Saul, tagliandogli il lembo del mantello, la prima volta, e prendendogli la sua brocca e la sua lancia, la seconda, che nonostante si fosse avvicinato così tanto al re da ucciderlo senza problemi, aveva deciso di risparmiarlo. Davide aveva dimostrato la sua giustizia e la sua integrità non uccidendolo e risaltando ancor di più l’ingiustizia e l’ingratitudine di Saul.
In questo canto Davide è consapevole e sicuro di aver agito secondo la parola di Dio e quindi si aver seguito la volontà del Signore. Tutto però dipende dall’azione iniziale di Dio. È Dio che gradisce Davide (v. 20), è Dio che ama Davide, è Dio che dona la sua parola a Davide e al suo popolo. Davide è colui che riceve il gradimento di Dio, colui che è amato da Dio, Davide e il suo popolo sono coloro che ricevono la parola di Dio, hanno fede in essa e la mettono in pratica. Davide è consapevole di essere nel giusto e di essersi sottomesso alla volontà del suo Signore perché è Dio che gliel’ha mostrato tramite la sua Parola.
Davide in quest’occasione ebbe un concetto sobrio di sé stesso. Sapeva di non aver commesso del male, ma anzi di aver ascoltato attentamente la voce del Signore e di avergli ubbidito, non macchiandosi le mani e sviandosi dai suoi precetti. Ecco perché è cosciente di essere stato ricompensato e ripagato dall’aver attentamente seguito la volontà del suo Dio. Infatti, come sappiamo, Saul si suicidò in battaglia e Davide venne incoronato legittimamente re d’Israele, senza che lui e la sua gente si macchiassero della morte di Saul.
Ma se in questa occasione Davide si comportò con giustizia e integrità, in altri episodi disubbidì alla parola di Dio e si macchiò di peccati gravissimi uccidendo Uria, commettendo adulterio con Bath-Sheba e fallendo nella sua regalità diverse volte. Nemmeno l’uomo secondo il cuore di Dio, l’uomo che Dio gradiva, l’uomo che aveva ubbidito alla parola di Dio non uccidendo Saul poteva considerarsi completamente puro e giusto. Davide non poteva essere il vero re e salvatore del popolo di Dio. È nella discendenza di Davide che troviamo l’unico vero Re, Salvatore e Signore. Gesù Cristo è colui che il Padre ha gradito, colui che ha adempiuto tutta la legge di Dio, rimanendo giusto, integro e puro in tutte le sue vie. Solo lui e unicamente lui poteva salvarci dal peccato. Dio incarnato nella persona di Gesù Cristo, il Giusto, è morto sulla croce per noi ingiusti, Davide compreso, affinché noi ingiusti potessimo essere giusti di fronte al Padre.
Ed è in virtù della grazia con la quale siamo stati salvati e della giustizia con la quale siamo stati rivestiti che anche noi come Davide attraverso la parola di Dio, come dice Paolo “Conosciamo […] quale sia la volontà di Dio, la buona gradita e perfetta volontà” (Ro 12:2). Guidati dalla Parola di Dio resa efficace dallo Spirito Santo che è in noi, con noi e per noi, come Davide, siamo chiamati ad avere un concetto sobrio di noi stessi (Ro 12:3). Se siamo consapevoli per mezzo dello Spirito Santo di agire con integrità, giustizia e purezza di cuore secondo i comandamenti di Dio, saremo benedetti e ripagati secondo la volontà del Signore. Se invece consciamente o inconsciamente disubbidiremo e peccheremo contro i suoi comandamenti, sempre per grazia sua, riceveremo la riprensione dello Spirito Santo attraverso la Parola di Dio e saremo portati a confessare i nostri peccati. A questo scopo il Signore si utilizza anche della confessione di peccato della nostra liturgia e di sorelle e fratelli che assumono il ruolo di Natan riprendendoci e conducendoci al pentimento.
3. Siamo testimoni del sostegno del Signore?
Dopo la morte di Saul e Jonathan, Davide in quanto neo proclamato re dovette continuare ad affrontare disavventure, crisi e guerre. Diventare re non avrebbe significato vivere in un mondo idilliaco e spensierato. Saul era morto e con lui era cessata la persecuzione, ma altre difficoltà e maggiori prove e responsabilità lo attendevano lungo il cammino. Proclamato re di Giuda, Davide dovette affrontare intrighi interni per diventare re di tutto Israele. Combatté e vinse contro i Filistei, i Moabiti, i Siri, gli Idumei e gli Ammoniti. Peccò contro Dio rendendosi colpevole di un omicidio e di un adulterio, e si umiliò pentendosi davanti al Signore. Dovette fuggire a causa della ribellione di Absalom e dopo la sua morte riprendere le sue responsabilità regali con reticenza nonostante fosse ancora sofferente a causa della scomparsa di suo figlio.
In questo canto di riconoscenza Davide testimonia il sostegno del Signore in tutte le sue disavventure e guerre. Le difficoltà non sono scomparse quando è diventato re, anzi, sono aumentate, ma il Signore gli è stato accanto, sorreggendolo e liberandolo dai suoi nemici. Nonostante le sue evidenti mancanze e i suoi palesi peccati, in virtù del patto siglato tra Dio e la discendenza di Davide per sempre (v. 51), il re d’Israele ha continuato ad esercitare la sua responsabilità regale e ha testimoniato del sostegno del Signore. Dio è stato la sua potente fortezza (v. 33), lo ha reso saldo (v. 34), lo ha istruito (v. 35), lo ha fortificato (v. 40), gli ha sottomesso i suoi avversari (v. 41), lo ha liberato dalla rivolta del suo popolo (v. 44). Davide poteva fermamente testimoniare del sostegno e della liberazione del suo Dio durante gli anni del suo regno.
Dalla discendenza di Davide nacque Gesù Cristo, Dio incarnato che ha esercitato perfettamente il suo ufficio regale. Egli ha adempiuto la legge di Dio non venendo mai meno al patto eterno con il Padre. È morto per i nostri peccati, ma ha vinto la morte risuscitando il terzo giorno. È asceso al cielo e regna sovrano per l’eternità. Anche noi siamo chiamati in quanto figli da lui salvati ad esercitare il nostro ruolo regale a Roma, la città in cui Dio ci ha chiamati a vivere e a servirlo. Dio ci chiama ad esercitare in modo regale le nostre vocazioni in quanto cittadini, lavoratori, studenti, genitori, mogli, mariti, celibi e nubili, fratelli, sorelle e figli. In quanto cittadini a rispettare la legge e le istituzioni, in quanto lavoratori e studenti a valorizzare il lavoro e lo studio, in quanto genitori ad assumere responsabilità educative, in quanto mariti e mogli ad esercitare i nostri ruoli familiari, in quanto celibi e nubili a valorizzare la relazione con Dio e la sua chiesa, in quanto fratelli e sorelle a rispettarsi reciprocamente e in quanto figli a onorare i propri genitori.
Esercitando il nostro ruolo regale, come Davide, dovremo inevitabilmente combattere i nostri nemici e avversari consci del fatto che non è una guerra contro carne e sangue ma è una guerra spirituale. Il Signore ci ha equipaggiati con lo scudo della fede, con la verità del Vangelo, con la corazza della sua giustizia, con l’elmo della salvezza, con la spada dello Spirito, che è la parola di Dio e con la preghiera (Ef. 6:14-18). Come Davide testimoniò del sostegno e della liberazione del Signore durante il suo regno, anche noi che siamo già cittadini del regno eterno di Gesù Cristo possiamo testimoniare e testimonieremo del sostegno e della liberazione del Signore che regna sovrano.
Se ci guardiamo intorno ci rendiamo conto di due tipi di persone della nostra società con le quali interagiamo ogni giorno: da un lato, c’è l’uomo moderno che non vuole dipendere da nessuno. Dipendere vuol dire sottomettersi, umiliarsi, riconoscere di essere deboli e bisognosi di aiuto, sostegno e rendicontazione. Sono i cosiddetti self-made men/women che un giorno o l’altro collasseranno sotto il peso dell’egoismo, dell’orgoglio e della solitudine. Dall’altro, vediamo a Roma, donne e uomini religiosi che dipende dai rosari, dai santini, dalle preghiere a Maria, dalla confessione, dalla messa e dall’eucarestia. Con autocommiserazione, legalismo e superstizione dipendono da tutto, fuorché da Dio e dalla sua sola grazia. Mentre anche noi abbiamo il rischio di cadere in simili atteggiamenti, la Parola di Dio ci riposiziona nella giusta traiettoria. Diversamente dall’uomo moderno, essendo già cittadini del regno di Dio siamo dipesi e dipendiamo dal soccorso del nostro Re e possiamo invocare il suo aiuto e riconoscere il suo soccorso. Diversamente dall’uomo religioso, essendo già stati salvati per grazia attraverso la fede, possiamo conoscere la volontà di Dio attraverso la sua parola ed avere un concetto sobrio di noi stessi. In quanto chiamati ad esercitare il nostro ruolo regale, abbiamo testimoniato e possiamo testimoniare del sostegno e della liberazione del Signore nelle nostre difficoltà e sfide quotidiane.