Regalità sempre all’erta - 2 Samuele 21,1-22
Predicatore: Leonardo De Chirico
Ti sei mai distratto guidando l’auto? Tutti gli autisti esperti sanno che guidare richiede sempre attenzione. Anche quando si viaggia su una strada dritta e non trafficata in piacevole compagnia di altri, bisogna sempre stare all’erta: guardare gli specchietti, osservare i movimenti delle altre auto, prestare attenzione ai segnali. Insomma, non ci si deve mai distrarre. Così è anche della regalità cristiana. La nostra chiamata a vivere in modo ordinato, guarito e integro non va mai in modalità off e non spegne mai la luce. Basta anche una piccola distrazione per combinare guai.
In questo capitolo abbiamo tre esercizi di regalità compiuti da Davide da cui vogliamo imparare per vivere come donne e uomini che affrontano le sfide della vita con fede in Gesù Cristo e con coraggio cristiano.
1. Come interpretiamo le stagioni difficili?
Il capitolo si apre con una carestia protrattasi nel tempo. Per tre anni la pioggia è stata scarsa, il raccolto misero, la povertà e la fame sono cresciute, creando disagio e poi paura per la sopravvivenza. Mentre si può far fronte ad una stagione andata male, dopo tre anni la situazione diventa gravissima. In genere, nella Bibbia le carestie non sono calamità solo naturali, ma tempi di prova da parte di Dio se non proprio tempi di giudizio divino. E, infatti, Davide non si rivolge agli agronomi o ai meteorologi per cercare una soluzione, ma si rivolge a Dio in preghiera (v. 1). Davide cerca il volto del Signore. La carestia mette a nudo una questione spirituale e va letta con lenti spirituali.
Come leggiamo le stagioni difficili intorno a noi? Pensiamo alle grandi “carestie” della storia contemporanea: alla Shoah con milioni di vittime e il tentativo di genocidio? Alle guerre mondiali che hanno sconvolto il mondo? Alla fame nel mondo? Agli aborti volontari che hanno fatto sparire milioni di vite? All’Aids? Alle Torri gemelle? Allo tsunami? E, ora, alla pandemia? Come leggiamo tutti questi sconvolgimenti? Ogni libro di storia adotta un punto di vista particolare per interpretare i fatti: ma quanti cercano il volto del Signore? Ora è facile e semplicistico per i credenti dire: è il giudizio di Dio, è la punizione di Dio! Non è sempre così. È altrettanto facile ridurre tutto a dinamiche immanenti, naturali, fisiche. Davide cerca il volto del Signore visto che la carestia durava da tre anni. Non bastavano i consulti tra esperti per spiegare l’accaduto. Bisognava scavare nella volontà di Dio. Bisogna leggere con gli occhi di Dio. Bisognava cercare la faccia del Signore. La cerchiamo noi per capire cosa succede?
Che dire poi delle nostre micro-carestie: i nostri tempi di confusione, di aridità, di solitudine, di particolare difficoltà che incontriamo sui nostri percorsi personali o famigliari? Li leggiamo con lenti fataliste? Ci basta sentirci vittime e lamentarci? Cerchiamo solo consulenze tecniche? O cerchiamo il volto del Signore e lì, davanti a Lui e con Lui, apriamo il nostro cuore, rimaniamo vicini a Lui e gli chiediamo grazia di sapere cosa fare?
Oggi se vivi un tempo di carestia, se non capisci cosa stia succedendo, cerca il volto del Signore. Non accontentarti di risposte superficiali o secolarizzate. Cerca il punto di vista di Dio e, con la luce di Dio, sarai in grado di fare chiarezza per uscire dalla carestia verso una nuova fioritura.
2. Come gestiamo i debiti ereditati?
Il Signore risponde a Davide e gli dà la chiave di lettura per affrontare la carestia. C’è un conto in sospeso che tutti hanno trascurato, ma che Dio non ha dimenticato. Anche se la giustizia umana non risponde o risponde male, quella divina è efficiente e prima o poi fa emergere i problemi. È una questione coi Gabaoniti, una vecchia conoscenza d’Israele sin dai tempi di Giosuè (Giosuè 9) e con cui gli ebrei hanno sempre avuto un rapporto ambiguo e irrisolto. In anni precedenti, Saul aveva cercato di sterminarli nonostante l’impegno preso a vivere in pace con loro (v. 2). Saul aveva trasgredito quell’impegno e aveva colpito i Gabaoniti. Nessuno ci aveva fatto caso. Dio sì.
Non è una responsabilità diretta e personale di Davide in quanto è una questione che si trascina dai tempi di Saul. Eppure, pur non essendo un problema causato da Davide, i suoi effetti impattano gravemente la vita del popolo intero, tanto da comprometterne la sopravvivenza. Davide non si scherma dietro il fatto che non è stato lui a maltrattare i Gabaoniti. Lui ora è il re d’Israele e deve far fronte a un peccato del re precedente. La regalità impone che si risponda anche dei problemi causati da chi era re prima di lui. Qui c’è in gioco tutto il tema della responsabilità collettiva e delle riparazioni a mali commessi da altri, prima di noi, i cui effetti malvagi continuano oggi.
Davide si fa carico del problema e concorda coi Gabaoniti una via di uscita: sette figli di Saul saranno consegnati ai Gabaoniti per essere da loro uccisi (v. 6). Lui è il re che deve gestire il problema, ma è la famiglia di Saul che pagherà per il misfatto del re e saranno i Gabaoniti che eseguiranno l’impiccagione (v. 9). È sua responsabilità trattare il torto subito dai Gabaoniti, ma ricade sui discendenti di Saul pagarlo e sta ai Gabaoniti retribuirli per il torto subito. La responsabilità è dunque differenziata. Davide ha una responsabilità istituzionale, la famiglia di Saul ha una responsabilità penale, i Gabaoniti ne hanno una esecutiva. Alla fine, Dio è placato (v. 14). Il torto è pagato. Giustizia è fatta.
Dio non dimentica i misfatti e le ingiustizie causate o subite. Prima o poi, saranno trattate. Come persone, appartenenti a famiglie, a chiese locali, a comunità civili, non possiamo solo preoccuparci delle nostre vicende individuali. Ci sono responsabilità diverse e allargate che tutti portiamo, in un modo o nell’altro. Non tutti sono coinvolti allo stesso modo, ma nessuno può dirsi del tutto estraneo. Alla luce di questo fascio di questioni, appare ancora più mozzafiato e gloriosa l’azione del Figlio di Dio, Gesù Cristo, che si è caricato su sé le responsabilità del nostro peccato e, invece di fare pagare a noi quello che noi abbiamo combinato, ha pagato Lui per noi morendo in croce per chiudere i conti lasciati in sospeso e darci la vita. Se non siamo in Gesù Cristo, coperti dagli effetti del suo sacrificio, l’ira di Dio non è placata e prima o poi sarà scagliata per affermare la sua giustizia. Sei tu coperto dal sacrificio di Cristo? Se no, oggi è il giorno in cui, come Davide, prendere sul serio il torto irrisolto e chiedere al Padre di applicare per grazia il dono del Figlio alla tua vita. Se non lo fai, la giustizia di Dio sarà comunque implacabile.
3. Come affrontiamo i giganti intorno a noi?
Dopo la carestia e il caso dei Gabaoniti da risolvere, ci sono ancora battaglie da affrontare. E non sono battaglie qualunque. I nemici sono giganti, esseri umani enormi e con sei dita per mano e per piede (v. 20). E sono battaglie continue, una dopo l’altra. Il regno è già stabile, ma non ancora pacificato. Questa continua battaglia rende Davide stanco (v. 15).
I confini del regno vanno presidiati e difesi dagli attacchi esterni. La vita del regno deve sempre stare attenta a non cedere rispetto alle forze nemiche della malvagità. Siamo sempre sotto pressione e dobbiamo mantenere alto il livello d’ingaggio. La battaglia è spirituale e, sino al ritorno del Re, sarà intensa e costante. Non ti stupire se il diavolo in persona gira intorno a te come un leone che rugge cercando chi poter divorare. E’ più grande di noi, come un gigante, ma non più grande di Dio che lo ha vinto. Se rimaniamo svegli, cercando il volto del Signore, praticando la giustizia e concentrati sulla battaglia, rimarremo in piedi per grazia di Dio.
Ci saranno momenti di stanchezza, come quello che forse stai vivendo oggi. Per questo è necessario stare con la chiesa e nella chiesa. Davide trova protezione e conforto nella compagnia e nella forza collettiva del popolo. La risposta ai momenti di particolare intensità è la vicinanza a Dio in preghiera e al suo popolo nel combattimento cristiano. Coraggio, dunque. Il Signore ha già vinto per noi e ci assiste nella prova, anche la più dura.