"Quando la gloria di Dio non si vede" - 1 Samuele 5

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

La fede evangelica in Italia non è molto conosciuta. Solo una piccola minoranza la segue, meno dell’1%. Storicamente è stata perseguitata, fino a 150 anni fa, poi è stata osteggiata in forme più o meno gravi. La vita delle comunità è stata resa difficile da condizioni esterne ed interne. Non ci sono molte strutture di sostegno (scuole, iniziative formative, ministeri, servizi di appoggio) e le piccole chiese evangeliche italiane hanno il fiatone e arrancano. Molti evangelici oggi sembrano non avere una visione che vada oltre la sopravvivenza personale o al massimo della propria piccola, grande chiesa. E’ come cercare di andare avanti con una piccola macchina sgangherata, col freno a mano tirato e su una strada in salita. C’è pessimismo, rassegnazione o la semplice constatazione che niente accadrà. Tutto ciò è umanamente comprensibile. Ma è questa l’unica opzione?

Questo capitolo ci aiuta ad allargare lo sguardo in tempi difficili. I primi quattro capitoli ci hanno descritto la crisi del popolo di Israele: una crisi interna dovuta all’infedeltà a Dio e alla sua legge. Dai sacerdoti corrotti alla gente comune, tutti erano interessati a coltivare solo il proprio interesse immediato ai fini della sopravvivenza individuale. Non c’era spazio per una visione del futuro e una solidarietà tra le persone. Dio era diventato per loro un oggetto, una cassa (l’arca) da custodire stancamente, un luogo da visitare periodicamente per fare sacrifici che non significavano più niente. Il cap. 4 ci dice che la gloria di Dio non c’era più: offuscata, coperta, sparita. Per questa ragione il popolo era diviso al suo interno e sconfitto all’esterno. Il grido di Anna aveva lanciato un segnale diverso e la nascita di Samuele aveva fatto iniziare un nuovo percorso. Nel buio c’erano segnali di speranza.

Nel cap. 5 la scena si sposta nel campo avversario. Cosa succede tra i filistei, gli avversari d’Israele? Hanno vinto la battaglia, sono in posizione dominante, sono forti militarmente, ma la situazione è davvero così positiva per loro? Vedremo tre modi in cui Dio agisce nel campo avversario. La gloria di Dio è assente dal popolo, ma ciò non significa che Dio non agisca fuori e dentro i confini della vita del popolo. Applicheremo questi tre modi alla nostra situazione di minoranza evangelica nella città di Roma e alla nostra responsabilità profetica in essa.

1. Sconfitti? No, Dio vince l’avversario
Dopo le vittorie schiaccianti dei filistei raccontate nel cap. 4, sembra che la storia sia finita a loro favore. Invece, non è così. Dopo la vittoria non segue un tempo di calma e di gloria per loro, ma al contrario segue una fase di crisi e di incertezza. Dietro e sotto l’apparente vittoria, viene fuori una situazione di grave difficoltà. Presa l’arca, i filistei pensano di aver dominato il Dio d’Israele e di averlo addomesticato al loro culto. Pensano di poter continuare a vivere come prima, meglio di prima, ora che hanno soggiogato militarmente Israele. Invece, la presenza dell’arca in mezzo a loro mette scompiglio nella loro vita. Accadono fatti inspiegabili: la statua del loro dio Dagon cade due volte a terra (vv. 3-4) senza una apparente ragione. Accadono fatti dolorosi: si diffonde un’epidemia (nella nostra versione resa con l’idea di “emorroidi”) che semina sofferenza e morti in varie città (vv. 6 e 11). Alla vittoria non è seguita la pace e la tranquillità, ma al contrario una instabilità che ha mostrato la fragilità e la precarietà della vita.

Il punto è che l’esercito d’Israele è stato sconfitto, ma il Dio d’Israele no. Lui è il Dio degli eserciti e forte in battaglia, Lui non può essere sconfitto, Lui continua a combattere la battaglia del suo onore e della verità. Si può circoscrivere, limitare, perseguitare il popolo di Dio, ma Dio non lo si può sconfiggere. Con o senza il popolo, Dio continuerà ad essere Dio. E continuerà ad eseguire il suo piano, con o senza il supporto umano, con o senza il coinvolgimento della chiesa, anche quando tutto sembra bloccato.

La chiesa evangelica di minoranza può essere in sofferenza, schiacciata da forti pressioni esterne e dilaniata al suo interno, ma il mondo maggioritario là fuori non sta meglio. Sembra pacifico ma è pieno di conflitti. Sembra cullarsi nel benessere, ma sotto ci sono tragedie e drammi. Sembra libero, ma è schiavo. Sembra scintillare di seduzione ed opportunità, ma la realtà è che è moribondo, sfatto e decrepito. Dio è all’opera anche quando la sua gloria è nascosta. Il popolo è sconfitto, ma Dio è vittorioso. E Lui agisce, qui e ora, a Roma, facendo cadere gli idoli, dicendo che con Lui i conti si fanno sempre, anche quando pensiamo di poterne fare a meno. I profeti sono coloro che vivono sapendo che Dio è all’opera anche quando le situazioni umane sono sfavorevoli. Anche nelle crisi, Dio vince. Anche quando noi siamo pochi, stanchi, pieni di problemi, Dio rimane Dio ed è perfettamente in grado di reggere la battaglia e di vincerla per noi. In Cristo, noi siamo più che vincitori (Romani 8,37) anche quando siamo pochi e senza risorse! Non per i nostri meriti, ma perché Lui è un Dio vittorioso.

2. Addomesticati? No, Dio abbatte gli idoli
Torniamo al campo esterno dei filistei del cap. 5. Qui vediamo una strategia tipica del paganesimo antico e nuovo. Una volta vinto e conquistata l’arca, i filistei cercano di metterla accanto al loro dio Dagon. Fanno posto all’oggetto della religione d’Israele affinché arricchisca la loro, accanto a quella che hanno già. Fanno un’operazione di aggiunta, di addizione religiosa. Sono devoti a Dagon, ora lo saranno anche all’arca. Uno e l’altro, uno con l’altro. Questa è una strategia consueta delle religioni umane: quelle di unire pezzi, cucire credenze, aggiungere idoli al proprio pantheon religioso. Roma per secoli ha praticato questa strategia. Il foro romano era il luogo dove gli dèi dei popoli conquistati venivano collocati accanto ai culti già esistenti per formare una religione inclusiva. Poi il cattolicesimo qui a Roma ha aggiunto pratiche e credenze pagane al cristianesimo formando una religiosità in cui ci sono pezzi di evangelo cuciti a pezzi di paganesimo. Una accanto all’altra.

Ma come può reggere una simile accozzaglia? Infatti, Dagon cade senza che nessuno lo spinga giù e per due volte. Di fianco all’arca di Dio non c’è posto per nessuno. Accanto al Dio biblico non c’è spazio per un altro dio. Oltre all’evangelo biblico, non ci sono altre buone notizie. Non si possono servire due padroni (Luca 16,13). O si è con Dagon o con il Dio biblico. O con i tuoi idoli o con il Signore Gesù Cristo. O di qua o di là. Prima o poi, la volontà di addomesticare Dio si rivela fallimentare, crolla. Il panteon umano che vuole mettere insieme tutto viene giù.

I profeti sono coloro che ricordano continuamente che o si è con Dio o si è contro di Lui. Non ci sono vie di mezzo e non ci sono sintesi a metà strada. Roma da millenni ha cercato di mettere Dio accanto ai dagon pagani e religiosi. Prima o poi verrà giù tutto. Già si vedono i segni di una vita asfittica e sofferta; prima o poi gli equilibri malsani verranno giù. Questo vale per le società in generale e per le singole persone in particolare. Questo vale per la nostra vita. Non dobbiamo cedere alla tentazione di adeguarci e di partecipare anche noi a questa religione che cerca di inglobare Dio in una sintesi umana. Dio non sta accanto a nulla. O e al centro o sta fuori. Dov’è Dio nella tua vita? Accanto al tuo dagon del momento? Prima o poi cadrà tutto se non lo riconosci come Dio. Signore e Salvatore della tua vita.

3. Rassegnati? No, Dio esegue il suo giudizio
Dunque, il popolo è sconfitto, ma Dio è vittorioso. I filistei cercano di accomodare Dio, ma Lui sconvolge i loro equilibri. Come popolo di profeti, non dimentichiamolo mai. Non ci facciamo assuefare da quello che sembra ma non è, da quello che appare ma non sta in piedi. La realtà di Dio è più profonda, è più vera, è quella che resiste. I profeti sono coloro che guardano alla realtà con gli occhi di Dio.

Come si manifesta Dio? In questo capitolo, Dio esegue il suo giudizio tramite una malattia dilagante. Come Dio eseguì il suo giudizio sull’Egitto con le piaghe, ora lo fa contro i filistei. Notate, cadendo alla statua di Dagon si erano spezzate le mani (v. 4), ma la mano di Dio si era fatta pesante (v. 6 e 11). Dagon non ha più testa per pensare e mani per intervenire, mentre la mano di Dio è potente. Avere la mano di Dio contro significa avere il suo giusto giudizio contro. La mano di Dio non si è accorciata per salvare chi crede (Isaia 59,1) ed è dolce e resistente nell’afferrare chi si affida a Lui. Allo stesso tempo, la mano di Dio è pesante contro chi resiste e gli si oppone.  

Noi non sappiamo come e quando eseguirà il suo giudizio su Roma. Sappiamo per certo che lo farà, prima o poi. Dio giudica il peccatore e il suo giudizio sarà inesorabile. Prima o poi tutti lo affronteremo. La sua mano sarà accogliente per chi crede e pesante contro chi non crede. “E’ terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Ebrei 10,31). Le mani di Cristo sono state forate per pagare il peccato di peccatori pentiti, ma sono anche le mani pesanti che eseguiranno il giusto giudizio di Dio.

I profeti non sono mai rassegnati all’andazzo di questo mondo. Dio rimane Dio anche quanto la sua gloria è velata. Dio vince anche quando la chiesa è in minoranza. Dio è potente anche quando ci sono compromessi tutt’intorno. Dio è giusto anche quando sembra che niente accada. Per questo, che i dagon del tuo e del mio cuore siano abbattuti e Dio sia riconosciuto come l’unico vero Dio della nostre vite, per la nostra città, per il mondo intero.