"Via da voi ogni amarezza" - Efesini 4:31
Predicatore: Gioele Di Bartolomeo
Prima di riprendere le nostre serie di predicazioni sul libro di 1 Samuele, vogliamo approfittare in questa domenica per riflettere su un tema a cui tendenzialmente non si dà molto valore, il tema dell’amarezza.
Perché parlare dell’amarezza? La nostra chiamata ad essere profeti in questa città è una chiamata totale che ci chiama a mettere alla luce della Parola di Dio ogni aspetto della nostra vecchia natura. Una natura già sconfitta da Cristo nelle vite di chi ha creduto in Lui, ma che è ancora presente in noi a causa nella nostra umanità. Il peccato che è in noi, nonostante abbia perso la sua autorità sulle nostre vite, cerca in ogni modo di limitare, rallentare ed ostacolare l’avanzamento della Chiesa. Nella sua Parola, Dio ci chiama a mettere alla luce gli angoli bui del nostro cuore in cui i residui del vecchio uomo si nascondono che si oppongono alla nostra crescita, intiepidiscono la nostra relazione con Dio, smorzano il nostro pregare e ci rendono cristiani sterili. Leggiamo (Efesini 4:25-32)
Non so quanti di voi sappiano precisamente cos’è questo. Si è un uccellino, ma più precisamente questo che ho qui si chiama Cuculus Canorus. Il Cuculo è chiamato così a motivo del verso, del “cu,cu” che sentiamo spesso fuori le nostre finestre. È uno degli uccelli più comuni, presenti in Europa, in Asia ed in Africa, è praticamente capace di vivere in ogni tipo di ecosistema. Il Cuculo però è famoso per un altro motivo molto meno lodevole delle caratteristiche di cui abbiamo appena parlato. È definito “uccello parassita”. Il Cuculo infatti, non è in grado di costruire un nido per i suoi piccoli, né tanto meno di sfamarli e perciò per poter continuare a riprodursi si comporta come un parassita. Quando i piccoli uccelli Passeri si allontanano dal loro nido, il Cuculo vola rapidamente a deporre un uovo in mezzo ai loro. Il piccolo Cuculo si schiude prima di tutti quanti gli altri ed a poche ore di vita getta giù dal nido tutte le altre uova rimanendo solo lui. Tutto questo accade sotto agli occhi di mamma e papà Passero che però non si accorgono di nulla e passano mesi a spendere tutte le loro forze per nutrire un piccolo di Cuculo 5 volte più grande di loro e che aveva buttato i loro piccoli giù dall’albero.
Quello da cui l’apostolo Paolo ci sta mettendo in guardia in questi versi della lettera agli Efesini è qualcosa di molto simile. Dopo aver parlato della distinzione che c’è tra i pagani, abbandonati alla dissolutezza ed al peccato, ed i figli di Dio rivestiti in Cristo di una nuova natura di Santità e Verità, Paolo tra il versetto 25 del capitolo 4 ed i primi 2 versetti del capitolo 5 passa a qualcosa di molto più pratico. L’apostolo elenca gli attributi che appartengono alla vecchia natura come la menzogna, la rabbia, il furto, la maldicenza e li contrappone a ciò che invece appartiene all’uomo di Dio come la verità, la pace, il lavoro onesto e l’edificazione. Ma poi nel versetto 31 Paolo ricomincia daccapo con l’elenco di ciò che deve sparire dal nuovo uomo in Cristo e ci indica il nome della radice da cui la rabbia, la tristezza, la maldicenza ed ogni cattiva azione hanno origine: L’Amarezza.
L’Amarezza di cui parla Paolo non è un sapore amaro, non è un semplice rammarico o una romantica tristezza. L’Amarezza intesa da Paolo è una vera e propria specificità del peccato dell’uomo, “la bocca (dei peccatori ndp) è piena di maledizione e di Amarezza” (Romani 3:14). La parola Amarezza (pikria in greco) che usa Paolo è la stessa che usa Luca per descrivere ciò spinse Simon Mago in Atti 8:23 a cercare di comprare lo Spirito con denaro. L’amarezza come il Cuculo, è pronta nidificare nel cuore dell’uomo alla prima distrazione ed in poco tempo getta via dal nido la pace, la gioia, la preghiera, la bontà e la verità. L’amarezza nel cuore cresce alimentata dagli inganni e dalle falsità che il tentatore suggerisce alle nostre menti. E uomini che una volta conoscevano la gioia e la pace finiscono come dei piccoli Passeri ignari a prodigarsi per nutrire il parassita che ha infettato il loro cuore. L’amarezza si traveste di giustizia, di diritto e di bisogno, ed in questo processo rende i figli di Dio dei passeri ciechi che non vedono più ciò che Dio ha fatto in Gesù Cristo nelle loro vite. Li rende sordi o insensibili alla parola di Dio ed ai bisogni del prossimo. L’amarezza chiude le bocche fermando la pratica della preghiera e del ringraziamento. L’amarezza ci trasforma in Passeri sordi, cechi e muti che non si accorgono di spendere la propria vita ad alimentare un Cuculo parassita che vuole solo generare male.
Paolo è categorico “Via da voi ogni amarezza…” e nel versetto successivo ci dà tre frutti spirituali, tre strumenti da coltivare ed accrescere per sconfiggere la piaga dell’Amarezza: La Benevolenza che ti apre gli occhi, la Misericordia che ti affina l’udito ed il Perdono che dona la voce.
- La Benevolenza che ti apre gli occhi
Paolo ci chiama a sconfiggere l’Amarezza con la benevolenza. Ad una lettura rapida di questo termine sembra quasi che Paolo stia dicendo “siate buoni” o come direbbe qualche interessato di politica, sembra che l’Apostolo parli come uno dei tanti buonisti dei nostri tempi. Ma non è così. La benevolenza di cui Paolo parla esprime ciò che Dio ritiene buono. Dio ci chiama ad imitare la sua bontà esercitando la gentilezza, la propositività, l’incoraggiamento. Tuttavia, lo scopo di ciò non è solo una mera forma di educazione o abitudine a dire “Grazie”, “Prego” o buonasera. Tutt’altro, la benevolenza che Dio ci insegna mira a qualcosa di Eterno. In Romani 2:4, Paolo usa questa stessa Parola per indicare come la benevolenza, la bontà, di Dio è ciò che spinge al ravvedimento. La bontà di Dio apre gli occhi del peccatore e lo porta al ravvedimento. La Bontà di Dio per le nostre vite è stata quella di mandare Suo figlio Gesù Cristo a morire per noi sulla Croce. Nel mondo non c’è mai stata benevolenza più grande, è Gesù ha vissuto una vita perfetta e ci ha strappato, per grazia, dall’inganno dell’amarezza annidata nei nostri cuori. La Benevolenza di Cristo ci ha aperto gli occhi e ci chiama a seguirlo ed imitarlo per poter essere strumenti nelle sue mani che praticano la gentilezza, la propositività e l’incoraggiamento con lo scopo di Glorificare Dio. Esercitare la Benevolenza tiene aperti i nostri occhi, ci ricorda ciò che Dio ha fatto nelle nostre vite, ci spinge a ricordarlo a chi è intorno a noi e ci aiuta a riconoscere gli attacchi dell’Amarezza che cerca di parassitare il nostro nido. Come sono i tuoi occhi oggi? Riesci a vedere cosa stai alimentando nel tuo cuore? Forse ti guardi intorno e vedi solo persone che stanno meglio di te, che non soffrono come soffri tu e che non vedono i tuoi bisogni. Si è vero, Roma è una città dura da vivere, ma forse guardi alla tua vita, al tuo lavoro o alla mancanza di lavoro vedi solo miseria e sofferenza. Oppure quando guardi alla tua quotidianità, sembra sempre che tutto sia più complesso o meno soddisfacente delle vite di chi hai intorno. Ti succede? Probabilmente stai spendendo energie per alimentare l’Amarezza che si è annidata nel tuo cuore e che è pronta a crescere ed a buttare giù la gioia e la pace. Alza gli occhi a Cristo guarda a cosa ha fatto per la tua vita a quanto è stato infinitamente benevolo con te. Ti ha preso mentre affogavi nel fango del tuo peccato e ti ha donato il perdono e la salvezza, ad un prezzo carissimo dandoti la certezza di una gioia eterna. Apri gli occhi e pratica la benevolenza che Gesù ci ha mostrato.
- La misericordia che ti affina l’udito
Paolo ci chiama a sconfiggere l’amarezza con la misericordia. Ormai nella cultura di oggi questa Parola ha acquisito numerosi significati o interpretazioni. Il misericordioso è rappresentato come colui che prova pena per il prossimo, che dona al prossimo, un compassionevole. Ma la misericordia di cui parla Paolo in questo versetto è qualcosa di molto più profondo. Essere misericordiosi nelle parole dell’Apostolo indica qualcosa di viscerale, che ci smuove da dentro. Non è un semplice donare qualcosa o fare beneficenza. La misericordia ci permette di sentire ciò che vivono le persone intorno a noi, le loro battaglie, la loro sofferenza e di comprenderle e di condividerle (empatia e simpatia). La misericordia di Dio si è mostrata nel mandare suo figlio Gesù Cristo a diventare uomo tra gli uomini. Gesù Cristo ha vissuto nelle nostre stesse condizioni umane. Non esiste misericordia più grande di quella di Gesù Cristo che, ha provato e pagato le conseguenze del nostro peccato. Gesù ha empatizzato e simpatizzato con noi tutti gli aspetti della vita umana, ha condiviso la gioia, la tristezza, la prova, il tradimento, il dolore e l’abbandono. In tutto questo non ha mai peccato. Era sempre innocente, ma non ha mai permesso all’amarezza di nidificare nel Suo cuore. Possiamo fidarci di Gesù, possiamo fidarci della Parola di Dio perché ciò che viviamo il Figlio lo ha vissuto. La misericordia di Gesù apre le nostre orecchie alla sua Parola, ci rende sensibili e ci trasforma. Ma non solo, la misericordia, come Gesù aveva detto nel suo discorso sul monte in Matteo cap 5 è una caratteristica dei beati ovvero dei figli di Dio. La misericordia di Gesù ci rivela che Dio può comprendere le nostre battaglie e le nostre difficoltà ma anche che nell’averci adottato come suoi figli anche possiamo e siamo chiamati ad essere misericordiosi. Esercitare la misericordia tiene aperte le nostre orecchie alla parola di Dio ma anche affina il nostro udito per comprendere le necessità di chi abbiamo attorno. Esercitare la misericordia copre il “cucù” dell’amarezza che non trova più ascolto in cuori trasformati. Cosa stanno ascoltando le tue orecchie oggi? A cosa porgi l’orecchio? Forse in questo momento senti solo l’amarezza annidata nel tuo cuore che ti suggerisce di rispondere a ciò che ti sto dicendo ora con “tu non sai cosa vivo io. Tu non sai quanto è dura la mia vita. Tu non sai quanto è duro il mio lavoro. Tu non sai quanto è difficile stare lontano dai miei cari. TU NON SAI”. Ed è vero io non lo so. Ma Gesù SI. Non ascoltare più la voce dell’amarezza ascolta Gesù. Lui ha provato tutto quello che tu provi ed ha pagato con la sua vita per renderti libero da questi pensieri e renderti uno strumento di misericordia per la sua Chiesa e per il tuo prossimo. Affina l’udito e pratica la misericordia che Gesù ha vissuto.
- Il Perdono che dona la voce
Paolo chi chiama a sconfiggere l’amarezza con il perdono. La strategia dell’amarezza è quella di fingersi giusta, buona o per lo meno giustificata. La sofferenza che si prova quando si viene feriti, traditi o offesi, è una sofferenza vera e l’amarezza fa affidamento su queste informazioni per crescere e radicarsi sempre più nel tuo cuore. Ma Paolo ci cambia la prospettiva e ci dice “Perdona perché sei stato perdonato”. Tutto ciò che abbiamo sofferto ed abbiamo vissuto non è minimamente paragonabile a ciò Gesù Cristo ha pagato per causa nostra. Mentre per causa nostra è stato inchiodato sulla croce, Gesù non ha permesso all’amarezza di fermare il Suo proposito di salvezza per le nostre vite. Gesù è andato avanti fino alla morte, risorgendo poi il terzo giorno e garantendo così a chi ha creduto in Lui il perdono dei peccati. Come possiamo non perdonare chi ci ha ferito quando noi per primi abbiamo ricevuto un perdono così grande? Come possiamo non perdonare noi stessi quando Gesù stesso ha già perdonato? Il Perdono di Dio attraverso Cristo ci proietta verso chi ci ha fatto del male. Ci proietta verso il nostro prossimo verso la nostra società, ci spinge a pregare per la nostra città, a pregare per i nostri fratelli, per i nostri vicini. Il perdono apre la bocca agli uomini, li spinge alla preghiera ed all’adorazione per aver ricevuto qualcosa di così straordinario. L’amarezza chiude la vita di preghiera e stimola le malelingue, ma il perdono stravolge ogni cosa. Non ascoltare il cinguettio del tuo peccato che ti suggerisce che per certe sofferenze subite non può esserci un perdono. L’Amarezza si traveste di giustizia e ti tiene lontano dalla preghiera, si maschera di santità e crea in te un senso di inadeguatezza a causa del tuo stesso peccato. Mandala Via ci dice Paolo, non permetterle di avvicinarsi al tuo nido. Perdona chi ti ha ferito, perdona i tuoi errori perché in Gesù Cristo abbiamo ricevuto la Grazia. Se in te c’è ancora questa Amarezza, allora ti invito oggi ad aprire la tua bocca, a pregare a Dio e per chiedergli il perdono in Gesù Cristo a cui nessuna Amarezza può tenere.
Cosi sarai pronto alla sua opera in questa città e nella tua vita con gli occhi aperti, le orecchie sensibili e con una vita di preghiera