All'ascolto della sapienza - La sapienza si presenta - Proverbi 1,1-4; 1 Corinzi 1,30-31
Predicatore: Leonardo De Chirico
Chi abita a Roma e sente la parola “sapienza”, la associa a tre cose: l’università “Sapienza”, il palazzo della Sapienza e il quartiere “Tor Sapienza”. L’Università la Sapienza è uno dei templi della cultura a Roma, il Palazzo della Sapienza è stato per secoli la sede dell’università mentre Tor Sapienza si chiama così perché nel Cinquecento la torre fu affidata alla cura di studenti che la denominarono “Tor Sapienza”, appunto.
Tutte queste associazioni di idee ci aiutano solo in parte a iniziare il nostro percorso nei primi nove capitoli del libro dei Proverbi. Questa lunga sezione è tutta incentrata sulla sapienza. Lei è il soggetto principale. Ognuno di questi capitoli ci rivelerà un tratto della sapienza che, pur avendo lo stesso nome, non è proprio quello che troviamo all’università romana o nel quartiere romano a lei dedicato. Pur non potendo rimuovere tutto ciò a cui associamo la sapienza (cultura classica, sapere universitario, saggezza umana), dobbiamo aprirci a ripensare a fondo l’identikit della sapienza secondo i Proverbi biblici. Ecco due domande che ci aiutano a iniziare a tracciare il profilo della sapienza.
1. In mezzo a tante, dov’è la sapienza vera?
Non appena facciamo riferimento alla sapienza, la domanda che sorge spontanea è: quale sapienza? Quella che si studia sui libri, quella che si impara con l’esperienza, quella degli altri, quella degli antichi: insomma, quale sapienza? Ce ne sono tante o ce n’è una sola? E, semmai, qual è?
Anche al tempo del re Salomone, 900 anni circa prima di Cristo, c’erano tante sapienze a cui il popolo d’Israele era esposto e con cui si confrontava. C’era la sapienza egiziana raccolta nelle massime di Ptahhotep, nelle istruzioni di Marikaré, di Amenemopé e di Ani. C’era la sapienza dei popoli mesopotamici (quella sumero-accadica, assiro-babilonese, siro-fenicia). C’era la sapienza dei popoli confinanti nella terra di Canaan. Non mancavano fonti di sapienza, raccolte di sapienza e figure umane a cui era riconosciuta una certa sapienza. Eppure, qui la sapienza è descritta con tratti per certi versi simili a quella dei popoli vicini, ma allo stesso tempo, è radicalmente diversa. E’ la sapienza del Dio d’Israele che qui viene presentata; è la sapienza della rivelazione del Dio unico e solo della Bibbia. Allora, circa tremila anni fa, il mondo era cosmopolita e, a suo modo, pluralista. Anche oggi il mondo è pieno di sapienze: tutte le culture le hanno, tutta la storia è piena di sapienza, i social media ci presentano la sapienza degli influencer. Eppure: quella che abbiamo qui è la sapienza rivelata, la sapienza che viene dall’alto, la sapienza vera.
Perché c’è bisogno della sapienza biblica? La risposta semplice che vale per allora e per oggi è la stessa: il mondo, la mia e la tua vita, l’esistenza di tutti si presenta in modo confuso e contradditorio. A causa del peccato, non è chiaro cosa sia giusto fare, la distinzione tra bene e male è spesso sfuggente, le scelte sono fatte in base ad opzioni opache. La vita sembra avvenire tra 50 sfumature di grigio. Vivere è spesso come navigare in un mare mosso con il cielo buio e con un temporale in corso: abbiamo bisogno di una bussola che guidi nel mare in tempesta della vita per non perdere la rotta e per non andare a picco.
Come dice il primo capitolo del libro dei Proverbi, il buon senso, la giustizia, l’equità e la rettitudine (v.3) non sono doti naturali e innate. Tutte queste cose le abbiamo come specchi rotti: abbiamo cocci, frammenti, pezzi sconnessi. Più che buon senso, troviamo molto non-sense, più che giustizia c’è ingiustizia, più che equità ci sono scompensi, più che rettitudine c’è malvagità. Le nostre bussole di sapienza sono fallaci. La sapienza di questo libro non è già presente in noi. Anche se ti ritieni una persona saggia, non ce l’hai. Anche se gli altri ti ritengono una persona sensata, in realtà non lo sei naturalmente. Per questo dobbiamo riceverla, ascoltarla, accoglierla, farla nostra.
Come ricevere questa sapienza? Se pensi di essere arrivato, di essere già pieno di saggezza tua, non ce l’hai e non la riceverai mai. Per riceverla bisogna ripartire come una persona “semplice” o come un “giovane” o bambino (v.4). Prima di tutto bisogna ammettere di non averla e aprirsi per cercarla.
Gesù dice che sono i bambini, le persone semplici che ricevono il regno di Dio. In Matteo 18,1-5 leggiamo che “i discepoli si accostarono a Gesù, dicendo: Chi è dunque il maggiore nel regno dei cieli? Ed egli, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità io vi dico: Se non cambiate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete affatto nel regno dei cieli. Chi pertanto si abbasserà come questo piccolo fanciullo, è lui il maggiore nel regno dei cieli”. La saggezza biblica si inizia a riceverla non aggiungendo questa a quella già posseduta, ma iniziando un cammino nuovo: il cammino della fede in Gesù Cristo che dona la saggezza.
Dunque, la vera sapienza non è innata, ma rivelata. Non viene da dentro, ma viene da fuori. Non la si impara studiando soltanto, ma credendo prima di tutto. Non la si riceve con un atteggiamento saccente, ma ubbidiente. Questa è la vera sapienza che non troverai all’università La Sapienza e nemmeno a Tor Sapienza, ma che troverai in questo libro della sapienza: i Proverbi.
2. In mezzo a tanti, chi è il Sapiente vero?
Come abbiamo già detto, questi primi nove capitoli dei Proverbi ci presentano l’identikit della sapienza. E’ come se fossero una carta d’identità con alcuni dati essenziali per conoscerla. Come lettori della Bibbia intera, Antico e Nuovo Testamento, siamo meravigliati dal fatto che la persona di Gesù Cristo viene presentata come la Sapienza diventa carne e ossa: “Cristo Gesù è stato da Dio fatto per noi sapienza” (1 Corinzi 1,30). Nella Bibbia c’è uno scatto decisivo: la sapienza non è solo una serie di detti, ma è una persona che è sapienza incarnata. La sapienza non è solo un insieme di insegnamenti da assimilare, ma Gesù Cristo che è la sapienza impersonificata. La carta d’identità va bene e contiene molti elementi necessari, ma qui abbiamo la persona di presenza.
Dio non ci ha dato solo la Bibbia per essere la scuola di sapienza, ma ci ha anche donato suo Figlio che è la sapienza diventata persona. Abbiamo la Sapienza scritta (i Proverbi) e abbiamo la Sapienza incarnata (Gesù Cristo). Questo vuol dire che per imparare la sapienza divina dobbiamo conoscere sia i Proverbi sia incontrare Gesù personalmente; dobbiamo assimilare i detti di Salomone ispirati da Dio e incontrare il Figlio di Dio diventato uomo; dobbiamo saper leggere la carta d’identità della sapienza e essere amici della Persona che è la sapienza.
Vuoi essere sapiente? La Bibbia è il libro della Sapienza; Gesù Cristo è la persona sapiente. Ecco che il luogo della vera sapienza non è l’università La Sapienza, ma la chiesa cristiana perché perché è qui, nella chiesa evangelica, che noi ascoltiamo la Parola di Dio che ci introduce alla sapienza divina e incontriamo Gesù Cristo, la Sapienza diventata Persona.
Noi abbiamo il Libro della sapienza che è la Sapienza vera e abbiamo incontrato Gesù Cristo, il Sapiente vero. La stessa sapienza ci viene in forma scritta e in un incontro personale. Altri sapienti nella storia hanno insegnato, scritto, vissuto e sono morti. Rimangono solo i loro scritti. Dio invece ha ispirato la scrittura della sua Parola e in Gesù Cristo ci ha fatto conoscere la Persona sapiente che è morta sì, ma è anche risorta e vive! Quella di Gesù è allora una sapienza viva, rigenerante, riconciliante. La lettera di Giacomo dice che la sapienza di Gesù è “pura, pacifica, mite, conciliante, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e senza ipocrisia” (3,17). Chi ascolta la Parola di Dio e conosce Gesù personalmente riceve in dono questa Sapienza. Vuoi metterti all’ascolto della Sapienza? Vuoi incontrare Gesù Cristo, il vero Sapiente? Oggi, per fede, c’è ancora questa possibilità. Una possibilità di crescita per chi è già credente; una possibilità di ricevere la sapienza divina per chi non è ancora discepolo/a di Cristo.