Seguendo Gesù, imitando Gesù - Luca 19,28-48
Predicatore: Leonardo De Chirico
Abbiamo tutti fatto un viaggio in aereo. Al decollo c’è una certa adrenalina per la forte spinta necessaria per staccare dalla pista. Poi c’è la crociera che può essere tranquilla o turbolenta. Infine, avvicinandosi la destinazione, il capitano ordina di allacciarsi le cinture per prepararsi all’atterraggio. In questo momento, nell’aereo c’è attesa del momento in cui l’aereo toccherà terra. In genere si percepisce di essere quasi arrivati, ma che un passaggio delicato debba ancora accadere. In un certo senso, siamo entrati nella fase di atterraggio della vita di Gesù. E’ nato a Betlemme (il decollo d’impatto), ha viaggiato per la Galilea e la Giudea (da Nazaret a Capernaum, spesso vivendo situazioni turbolente) e ora sta per giungere a destinazione: Gerusalemme. L’atterraggio non sarà “tranquillo”. C’è dunque un senso di attesa, quasi di tensione palpabile. Si percepisce che sta per accadere qualcosa di ancora più forte di quanto sia già avvenuto sin qui. Gesù affronterà il travaglio degli ultimi giorni anche per noi. Siamo pronti a seguirlo?
Il nostro testo è diviso in tre momenti. In ciascuno di essi Gesù fa una cosa in preparazione dei suoi ultimi giorni. Per ogni movimento di Gesù ci domanderemo quello che facciamo noi: lo seguiamo costi quel che costi o facciamo altro disallineandoci da Lui?
1. Gesù glorificato. Partecipi al corteo?
Ecco Gerusalemme in vista: questa è la destinazione. E’ lì che si sarebbe compiuta la nostra salvezza. Gesù si trova sul monte degli Ulivi, altra località centrale nelle vicende degli ultimi giorni. Come percorrere l’ultimo tratto? Come entrare in città? In modo anonimo e senza dare nell’occhio? No, Gesù sa di essere il Messia, l’Unto di Dio, e sa che una profezia di Zaccaria dice che il re sarebbe arrivato a Gerusalemme sul dorso di un asino (Zaccaria 9,9). Per questo, dà istruzioni per trovare un asino sul quale sale. Inizia a cavalcarlo e davanti e intorno a Lui si forma un corteo di persone che, in forma di rispetto e celebrazione, stendono i loro mantelli e cominciano a gridare: “Benedetto il Re che viene nel nome del Signore” (v.38). Anche in questo caso, si tratta di una predizione dell’AT, questa volta nel Salmo 118,26, che è un canto al Messia veniente. Tutto il copione è in qualche modo già scritto. Prima di vivere la passione e la morte, Gesù si presenta non come il perdente della storia, ma come il Re di gloria venuto a liberare i perduti. E’ una scena d’incoronazione: l’asino, i mantelli, il corteo, le grida-il coro: tutto parla di un riconoscimento di Gesù come Re, Messia, Liberatore, Salvatore.
Queste grida, questi canti, questa folla, questa festa, questo corteo, richiamano la festa degli angeli con cui era stata annunciata la sua nascita (2,13-14). Al decollo c’era stata festa, prima dell’atterraggio, prima dell’impatto drammatico al suolo, c’è una festa, all’arrivo finale (la seconda venuta di Gesù) ci sarà una festa. Molta gente che aveva visto le cose che Gesù aveva fatto si fa coinvolgere e partecipa alla parata benedicendo il Signore a gran voce (v.37). Qualcun altro, invece, pur avendo visto le stesse cose, si arrabbia e chiede che questo corteo sia immediatamente fermato (v.39). Non tutti riconoscono Gesù come Re. C’è chi è offeso, irritato, contrariato, disturbato. In fondo questo corteo è un’immagine dell’umanità: c’è chi segue il Re e chi si oppone a Lui. E tu: partecipi al coro di lode o a quello di critiche? Sei un seguace o un oppositore? Canti o mugugni? Sei coinvolto o sei estraneo? Hai cantato con tutto il cuore o sei rimasto silenzioso, perplesso, distaccato?
2. Gesù rattristato. Condividi il lamento?
Avvicinandosi alla città di Gerusalemme, Gesù non si lamenta tanto di quello che avrebbe sofferto lui di lì a qualche giorno quanto di quello che sarebbe capitato alla città di lì a qualche anno. Addirittura, la compassione di Gesù arriva al punto di rottura emotiva che lo fa piangere lacrime di dolore (v.41). Lui “legge” la città in chiave spirituale, cioè vede non tanto i palazzi e le strade, quanto la condizione del cuore.
Una santa tristezza lo pervade nel pre-vedere quello che sarebbe successo alla città che stava per rigettare il Messia: morte, distruzione, sofferenza erano alla porta. Tutto perché la città non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata dal Signore (v.44). Dio si è avvicinato per portare salvezza, ha dato opportunità per ricevere libertà, è entrato in città per annunciare la libertà, ma è stato respinto. Pe questo rigetto ci saranno conseguenze terribili. Gesù piange per la città. Certo, alla fine ci sarà la festa per quelli che riconoscono il Messia come l’episodio precedente ci ha ricordato, ma ci sarà anche la devastazione per quelli che lo rifiutano. Il futuro non sarà brillante per chi rifiuta Gesù. Al contrario, è nerissimo. Infatti, con la sua prima venuta, Gesù ha visitato il mondo, Dio si è avvicinato ed è venuto tra noi. Nessuno ha la scusa di dire: “ma io non lo sapevo, ma io non mi sono accorto”. In Cristo, la visita di Dio è arrivata ed è stata universale. La Parola scritta la attesta e rende pubblica in tutte le lingue e in tutto il mondo. Chi non l’accoglie, farà la fine di Gerusalemme qui descritta. Gesù piange all’idea di cosa accadrà a chi non crede.
La domanda è: sappiamo leggere spiritualmente le nostre città? Condividiamo la tristezza di Gesù? Se pensiamo a Roma, all’Italia, al nostro condominio, al nostro ufficio, ai nostri amici non credenti … siamo mossi al pianto? Io non so se ho mai pianto per Roma. A volte ho provato rabbia, risentimento o più semplicemente menefreghismo. Gesù no. Lui ha pianto per la durezza dei cuori e la cecità delle menti. Proviamo qualcosa della sua compassione? Se siamo discepoli la proveremo e piangeremo per la nostra città chiedendo a Dio di portare una stagione di riforma secondo l’evangelo.
3. Gesù indignato. Proteggi il centro della vita?
Ecco che Gesù entra in città e si reca immediatamente nel tempio. Quello era il tempio in cui da dodicenne aveva discusso con i capi religiosi (2,41-52). Lì, al tempio, invece di trovare la casa di preghiera e di culto per il quale era stato costruito, trova un mercato per di più popolato da commercianti ladri e disonesti. Gesù non si limita ad arrabbiarsi di una santa indignazione con parole soltanto, ma fisicamente scaccia i venditori che si erano impossessati del tempio. Il suo non è solo un atto profetico (la denuncia) ma anche regale (riporta l’ordine). Il tempio era stato costituito per essere il luogo del culto a Dio, ma era stato trasformato in un luogo in cui si praticava l’idolatria del guadagno. Il tempio era stato snaturato ed abusato. Gesù denuncia la trasgressione e ripristina l’uso originario del tempio.
Ampliamo lo sguardo: tutto il creato è stato soggetto a vanità (Romani 8,20). Da essere un giardino è diventato un deserto. Le famiglie si sono trasformate in inferni relazionali. Da essere luoghi di trasmissione della vita, sono diventate spazi di oppressione. Il lavoro è diventato un’attività alienante. Da essere una benedizione per l’uomo e la donna, è diventato il luogo di spine e di sfruttamento. I corpi sono maltrattati. Da essere il tempio dello Spirito Santo, è usato in modo promiscuo. Il sesso è diventato tossico. Da essere un dono di Dio, è diventato fonte di abusi e prevaricazioni. Il cibo è diventato avvelenato. Da essere un dono meraviglioso, il cibo può diventare una malattia se ingerito in quantità eccessiva o insufficiente. Il tempio è diventato un mercato abusivo. Da essere il luogo del culto, è diventato un luogo di traffici loschi.
Insomma, a causa del peccato tutta la buona creazione di Dio è stata abusata per diventare una brutta copia di quella che era. Di fronte a questo scempio, Gesù si indigna. Tutte le volte in cui la creazione, la famiglia, il corpo, il lavoro, la chiesa, vengono abusate, c’è un senso in cui Gesù si arrabbia. La sua ira è santa. Ogni nostro abuso fa contristare lo Spirito Santo. Per questo, i discepoli di Cristo imparano a non più abusare di quello che Dio ha creato, ma a vivere con gratitudine, devozione, responsabilità, generosità ogni aspetto della vita. Con santa ira e senza peccare, dobbiamo adirarci per tutti gli abusi alla vita donataci e, in Cristo, imparare a riviverli secondo l’ordine di Dio.
Il vero tempio non era nemmeno quello Lui ha ripulito, ma la sua persona stessa. Gesù è il tempio in cui la presenza di Dio si incontra. Lui ha dato la sua vita affinché chi crede in Lui possa essere ripulito dal peccato e servire lo scopo per cui è stato creato. Vuoi continuare nei traffici sporchi del peccato o scoprire l’ordine di Dio che pulisce la tua vita?