Un’estate per lamentarsi con fede - Salmo 88
Predicatore: Gioele Di Bartolomeo
“Salmi 88. Cantico. Salmo dei figli di Core. Al direttore del coro. Da cantarsi mestamente. Cantico di Eman, l’Ezraita.
1 SIGNORE, Dio della mia salvezza, io grido giorno e notte davanti a te. 2 Giunga fino a te la mia preghiera; porgi orecchio al mio grido,
3 perché l’anima mia è sazia di mali e la mia vita è vicina al soggiorno dei morti. 4 Io sono contato tra quelli che scendono nella tomba; sono come un uomo che non ha più forza. 5 Sto disteso fra i morti, come gli uccisi che giacciono nella tomba, di cui non ti ricordi più e che la tua mano ha abbandonato. 6 Tu mi hai messo nella fossa più profonda, in luoghi tenebrosi, negli abissi. 7 L’ira tua pesa su di me, tu mi hai travolto con tutti i tuoi flutti. Pausa
8 Hai allontanato da me i miei amici, mi hai reso abominevole per loro. Io sono imprigionato e non posso uscire. 9 I miei occhi si consumano di dolore; io t’invoco ogni giorno, SIGNORE, e tendo verso di te le mie mani. 10 Farai forse qualche miracolo per i morti? I defunti potranno risorgere a celebrarti? Pausa 11 La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione?
12 Le tue meraviglie saranno forse conosciute nelle tenebre, e la tua giustizia nella terra dell’oblìo? 13 Ma io grido a te, o SIGNORE, e la mattina la mia preghiera ti viene incontro. 14 Perché, SIGNORE, respingi l’anima mia? Perché mi nascondi il tuo volto? 15 Io sono afflitto e agonizzante fin dalla mia gioventù; io porto il peso dei tuoi terrori e sono smarrito. 16 Il tuo sdegno mi travolge, i tuoi terrori mi annientano, 17 mi circondano come acque tutto il giorno, mi stringono tutti assieme. 18 Hai allontanato da me amici e conoscenti; le tenebre sono la mia compagnia.” (Salmi 88.0–18 NR06)
Il salmo 88 è stato definito il salmo più struggente dell’intero libro dei salmi. L’autore, Eman l’Ezraita, trasmette una sofferenza profonda che, come invece accade in molti altri salmi di lamento, non scompare in un anelito di speranza ma rimane lì, in tutto suo dolore ed in tutta la sua disperazione.
Un salmo alla prima lettura difficile da comprendere e forse anche da accettare per la sua crudezza. Tuttavia, Dio ha guidato la chiesa nel riconoscerlo all’interno del canone biblico affinché potesse giungere fino a noi oggi e benedirci con le sue Parole.
La sofferenza di cui parla il salmista è totale, molto simile alle dinamiche terribili vissute da Giobbe. Eman, è sazio di mali (3) si vede molto vicino alla morte e sente che ormai la sua ora è arrivata. Anche se ancora in vita si considera già un uomo morto e drasticamente abbandonato dalla mano di Dio (5,6). L’Ezraita è colpito dalla mano di Dio (7), è solo, è stato rigettato dai suoi amici, è imprigionato (8), è dolorante e senza speranza (10,11,12), ed è afflitto ed agonizzante (15). Il Salmista è colpito violentemente da questa condizione di sofferenza che lo accompagna fin dalla sua giovinezza (15) e che caratterizza tutto il suo essere (17).
Anche noi, il popolo di Dio, la Chiesa ed ogni essere umano è esposto a diversi gradi alla sofferenza ed all’afflizione. Non sappiamo quando essa arriverà e non conosciamo la difficoltà della prova che dovremo affrontare. Ma, mentre ringraziamo il Signore per averci risparmiato fino ad oggi da un’esperienza estrema come quella del Salmista, vogliamo imparare dal saggio Eman (1 Re 4,31) a rispondere alla sofferenza lamentandoci con fede.
Ci sono tre lezioni che impariamo da questo Salmo e che ci aprono gli occhi sulla necessità di riconsiderare come viviamo la sofferenza ed a viverla lamentandoci con fede: Ricorda chi è il Signore, Persevera in preghiera, Considera la sofferenza di Cristo.
1. Cerca il Signore della Salvezza
Eman comincia il Salmo nel versetto 1 dicendo “SIGNORE, Dio della mia salvezza, io grido giorno e notte davanti a te”. In quello stato di disperazione profonda il Salmista ha la saggezza di rivolgersi al Signore, riconoscendolo come il Suo Salvatore. L’Ezraita sa benissimo che Dio è Sovrano sulla sua sofferenza ed è Lui che si è allontanato dalla presenza del Salmista (5) ed è sempre il Signore che la sta permettendo (6) in tutta la sua violenza e tragicità. Eman è cosciente del ruolo attivo di Dio nella sua afflizione ma sa anche che l’unica cosa da fare è confidare ed andare alla presenza del suo Signore e Suo Salvatore. Nella sofferenza più che cercare la guarigione, più che cercare uno sfogo o una via di fuga, il salmista cerca la presenza di Dio. Nonostante la necessità di essere liberato dalla morsa della sofferenza, nel salmo il focus principale è un altro. Ciò che il salmista anela è la presenza del suo Signore. Il Signore, come dice Paolo in 2 Corinzi 1,3-4 è “il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione”. La presenza del Signore nelle nostre vite è ciò che porta ad una consolazione profonda. Attraverso la fede nell’opera salvifica di Gesù Cristo, i figli di Dio accendono alla consolazione del Padre nella presenza dello Spirito Santo in loro.
La sofferenza non è un modo per arrivare a Dio, non è un buon alibi per cercare di mostrare l’assenza di Dio. È Dio che nella sofferenza di Cristo ci ha avvicinato a Lui. La sofferenza è un’occasione per sperimentare la consolazione del Salvatore. In questo salmo Eman il saggio ci mostra una sofferenza ed una lamentazione riformata alla luce della Parola di Dio, dove siamo invitati a cercare il Dio della Salvezza. Nella sofferenza possiamo lamentarci cercando il Dio nella nostra Salvezza. Gesù Cristo è il Dio della nostra Salvezza. Gesù nella sua persona e nell’compimento dell’opera di redenzione si è rivelato come il Dio della nostra Salvezza. È Gesù che dobbiamo cercare nella sofferenza riconoscendolo come l’unico Salvatore.
La realtà che abbiamo attorno è straripante di sofferenza. Spesso è nascosta, altre volte è più evidente, ma c’è ed è in cerca di una risposta. Come vivi la sofferenza? Come rispondi ai momenti complessi della tua vita? Come ti lamenti e con chi ti lamenti per quello che ti accade? La sofferenza non è consolata dalla sua assenza ma dalla vicinanza del Salvatore in ogni prova e sfida. La chiesa è qui per gridare che l’unica vera consolazione e salvezza viene da Gesù Cristo, ed è solo Lui che dobbiamo cercare. Non c’è salvatore esterno, non c’è sindaco perfetto, non c’è vittoria che possa darti soluzione alla sofferenza se non la presenza di Gesù nella tua vita. Non c’è sofferenza che Lui non possa consolare.
2. Persevera nella preghiera
Il Salmista ci mostra la necessità di perseverare nella preghiera. Nei versetti 1b e 2 “io grido giorno e notte davanti a te. Giunga fino a te la mia preghiera; porgi orecchio al mio grido”, versetto 9b “io t'invoco ogni giorno, SIGNORE, e tendo verso di te le mie mani” ed ancora, versetto 13 “io t'invoco ogni giorno, SIGNORE, e tendo verso di te le mie mani”. Eman, persevera nella preghiera anche nei momenti più bui della sua sofferenza. Mentre è imprigionato (8), mentre sente che ormai non ci sia più nulla da fare, il Salmista non smette di pregare. Non importa quanto logicamente disperata sia la situazione, non importa quanto lui percepisca la fine e l’assenza di una soluzione rapida, il Salmista continua e persevera nella sua preghiera.
Paolo in Colossesi 4,2 ci dice “Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie”. Non importa quali siano le nostre deduzioni logiche, non importa quanto irreversibile ci possa sembrare la nostra condizione di sofferenza, Dio ci chiama persevera nella preghiera. Nella sofferenza siamo pronti ad andare a Dio in preghiera per chiedere di esserne liberati, tuttavia, quando questa persiste o aumenta, tendiamo ad interrompere la preghiera. La nostra natura peccaminosa tende a inscatolare Dio in una logica umana, nella quale imponiamo a Lui limiti che appartengono al nostro essere uomini. Dio non ha limiti, il Signore può agire ed agisce al di là nelle nostre limitatissime comprensioni. Non smettere di pregare. Eman l’Ezraita non si è arreso all’evidenza ma ha continuato a perseverare in preghiera. Il Salmista inoltre continua a pregare al Signore nonostante sappia benissimo che la sofferenza che sta vivendo è opera di Dio. E così, anche Gesù Cristo nel Getsemani, pronto a ricevere una sofferenza ingiusta, perseverò nella preghiera al Padre (Matt 26,39-44).
A differenza del Salmista e del Salvatore Gesù Cristo, le nostre sofferenze sono la causa della nostra trasgressione. Soffriamo per le conseguenze dirette o indirette della nostra natura peccaminosa, eppure siamo pronti a lamentarci di Dio che ci permette questa sofferenza. Gesù, da uomo innocente si è fatto peccato per noi ed a sofferto ingiustamente senza mai smettere di pregare, mostrandoci una lamentazione contrita, profonda ma santa. Fratelli e sorelle impariamo a lamentarci della sofferenza perseverando nella preghiera. Non importa quanto la sofferenza sia profonda. Forse ti guardi indietro e vedi nel tuo passato profonde sofferenze dalle quali non sei mai guarito, forse credi che ormai non ha più senso pregare o forse sei talmente dentro questa narrazione che ti sei arreso ad una vita di lamento silente. Il Salmista e l’esempio di Cristo ti chiama a perseverare nella preghiera. Non cadere nella trappola dell’amarezza, persevera nella preghiera.
3. Considera l’opera di Cristo
La sofferenza che il Salmista ci racconta non può essere tralasciata. Essa è drammatica, dolorosa travolgente ed opprimente. Eman non sminuisce la gravità della sua situazione, non la semplifica e non la rende più dolce. Il dolore che prova è vero e profondo. L’Ezraita sta sperimentando un dolore fisico totale in una cornice di abbandono, solitudine, intrappolamento che va avanti fin dalla sua giovinezza. La Parola di Dio non chiude gli occhi davanti alla sofferenza, non dice mai un “dai non è niente”. Quando Gesù era sulla croce, la sofferenza era vera, l’abbandono era vero. Quando il Signore Gesù Cristo dalla Croce ha gridato “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34) era davvero solo. Rinnegato e solo. Gesù, il Cristo, si è fatto peccato sulla croce al posto nostro ed ha provato la morte. Il Venerdì Santo, sulla croce, sul monte del calvario, Gesù è morto. La sofferenza, la morte è stata vera. Nel giorno successivo, il sabato, i suoi discepoli hanno sperimentato il cordoglio, hanno provato il dolore vero dell’assenza, il dolore della morte dell’unico uomo giusto. L’unico uomo che non aveva nessuna colpa. In quel sabato tutto sembrava finito, senza speranza. Il Silenzio del sepolcro era assordante e la disperazione palpabile. La sofferenza è vera e come chiesa non dobbiamo nasconderci dietro le frasi di circostanza. Le persone intorno a noi soffrono, la disperazione è vera ed il dolore è vero. Quando consideriamo ciò che soffriamo o ciò che abbiamo sofferto riconosciamo che è tutto vero tutto è stato doloroso. Ma Gesù Cristo è risorto. La Sua opera non si è fermata al sacrificio sulla Croce, Gesù è risorto a garanzia della sua Salvezza. Gesù è vivo e con i figli di Dio attraverso l’opera dello Spirito Santo e nella sua chiesa è tra il suo popolo. Gesù ha vinto la morte ed in questo Salmo abbiamo sperimentato la disperazione di quel sabato ma nella resurrezione della domenica, nasce in noi una certezza di pace e di liberazione.
La nostra città, Roma, ha bisogno di conoscere Gesù Cristo, la tua vita ha bisogno di essere riscritta alla luce della resurrezione di Gesù Cristo. Le sfide, le sofferenze, le lamentele hanno bisogno di essere riformate alla luce della vittoria di Gesù Cristo. Eman l’Ezraita ha continuato a fidarsi di Dio senza sapere quando avrebbe visto la Sua opera di Salvezza. Noi lo abbiamo visto duemila anni fa nell’opera di Gesù Cristo e in quest’opera possiamo vivere vite di gioia. In Gesù Cristo possiamo essere una chiesa portatrice della consolazione che cerca il Signore, che persevera nella preghiera, per la Gloria di Dio e l’avanzamento del Suo Regno, nelle nostre vite, a Roma e nel mondo intero.
Amen