Dal lutto alla speranza - 2 Samuele 1,1-2,7

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

Il primo libro di Samuele si è concluso con la tragedia della morte di Saul e di Gionatan, oltre che con una pesantissima sconfitta d’Israele. Si era aperto con la speranza di un futuro diverso: un profeta (Samuele) che annuncia un regno di pace e giustizia. Qualcosa è successo, ma alla fine del libro è ancora tutto in alto mare. Il re introdotto da Samuele ha vinto qualche battaglia, ha dato una forma temporanea di stabilità, ma ora è morto e la nazione è sconfitta. Che ne è della speranza di Anna? Che ne è del barlume di luce introdotta da Samuele? Ci sarà un futuro? Sì c’è Davide, ma è fuggiasco e fragile. Davide sarà il re in grado di risollevare il popolo e ricostruire la nazione? Questa è la domanda con cui si apre il secondo libro di Samuele.

Per aiutarci a entrare nella storia del secondo libro, la leggeremo in parallelo ad un’altra storia biblica importante: quella della morte di un altro re, Gesù Cristo. In tre passaggi, il modo in cui Gesù fu trattato prima della morte e dopo la morte ci darà la chiave d’accesso nella storia del cap. 1. Poi ci chiederemo come questa storia interroga ciascuno di noi, nessuno escluso.

1. Mettiti in discussione: manipoli o rispetti i drammi?
L’ultimo capitolo di 1 Samuele ci ha detto che Gionatan era morto in battaglia e che Saul si era suicidato. Il testo di oggi introduce un personaggio che ha avuto un ruolo nella tragica vicenda. È uno straniero che dice di aver dato l’ultimo colpo a Saul agonizzante, su sua richiesta. Saul aveva tentato il suicidio, ma non era morto subito. Avvertendo gli strazi della fine aveva chiesto a quest’uomo di finirlo. Quello che a noi interessa è vedere cosa abbia fatto delle spoglie di Saul: ha preso il diadema e il braccialetto del re e li ha portati via, portandoli a Davide, pensando di favorire il passaggio del regno a Davide (v. 10).

Seguiamo il suo ragionamento: il diadema e il braccialetto erano i simboli rimasti del potere regale. Ora che Saul era morto, lui li avrebbe portati a Davide che sarebbe potuto diventare re a tutti gli effetti, magari ricevendo qualche vantaggio in cambio. Il ragionamento di quest’uomo era politicamente astuto, ma spiritualmente deviante. Pensava che la transizione del regno fosse una mera questione politica, determinata dal possesso dei simboli del potere regale (il diadema e il braccialetto). C’era forse una buona intenzione, ma una cattiva teologia. Il regno di Dio e il regno di Davide non si sarebbero imposti con le mosse politiche soltanto o con il passaggio dei simboli umani del regno. Il regno di Dio si afferma per approvazione divina e con metodi stabiliti da Dio. 

Quest’uomo ha spogliato il corpo del re Saul come i soldati romani si spartirono le vesti di Gesù sofferente (Matteo 27,31). Lui tolse i simboli del potere a Saul per incoronare Davide, come i soldati vollero schernire Gesù mettendogli una corona di spine sul capo (27,29). Sia l’uomo che i soldati non avevano capito come funziona il potere di Dio, l’approvazione di Dio. Non funziona con i simboli umani del potere: corone, diademi, vesti ufficiali dati e tolti dagli uomini. L’approvazione di Dio passa dai metodi di Dio e nei tempi di Dio. Non può essere “forzata” umanamente né gestita da qualcuno. Non c’è nessun “king-maker” umano.

Diverso è il comportamento degli abitanti di Iabes che avevano sepolto il corpo straziato di Saul (2,5). Come nella storia di Gesù Giuseppe d’Arimatea aveva seppellito il corpo del Signore (Matteo 27,57-60), così queste persone avevano posto il corpo di Saul in una tomba. Entrambi, di fronte alla morte di una persona, con i loro dubbi e le loro domande aperte, avevano seppellito, cioè avevano mostrato rispetto per la tragedia della morte di un re. Senza tentativi di manipolazione, senza volontà di approfittarne, senza scorciatoie di potere, avevano onorato le spoglie di Saul e di Gesù.

Anche noi abbiamo di fronte queste due opzioni: è così facile cadere nella manipolazione di Dio per le nostre ambizioni carnali. Pensando di fare la “volontà” di Dio con i nostri mezzi e con le nostre finalità, non rispettiamo i tempi e i modi di Dio. Non accettando i tempi di silenzio e di attesa con fedeltà e rispetto, pensiamo di essere i king-maker della nostra vita, forzando la volontà di Dio, manipolandola a nostro piacimento col risultato di aprirci ad un disastro imminente. La volontà di Dio non è mai promossa con la nostra carnalità. Quando non si capiscono i tempi di Dio, meglio aspettare in silenzio e rispettare il tempo di apparente sconfitta, onorando Dio e rimanendo ubbidienti.

2. Elabora il lutto: perché è accaduto?
Udita la notizia della morte di Saul e di Gionatan, Davide compone un canto di cordoglio, tecnicamente: un’elegia funebre. E’ un componimento poetico per elaborare il lutto. Umanamente parlando, la morte di Saul sarebbe stata una buona notizia per Davide: finalmente un competitore in meno! Ma questo sarebbe stato un modo carnale di pensare al regno. Davide aveva fatto molti errori, ma aveva un rispetto assoluto dei piani di Dio per il regno. Finché Saul fosse stato vivo, lui sarebbe stato leale a Saul. Ora che era morto, fa cordoglio.

Invece di forzare la mano a proprio favore, Davide prende il tempo per elaborare il lutto con delle domande aperte. “Perché sono caduti i prodi” (1,19; 1,25; 1:27). Perché è accaduto questo? Perché una tragedia così grande? Perché il mio amico Gionatan è morto? Perché l’unto del Signore è morto? Perché?

Sembra di sentire quello che accade sotto la croce di Cristo, quando con il Signore agonizzante, tante persone si interrogarono sul senso di quello che stava avvenendo. Ancora di più, sembra di sentire la domanda di Gesù stesso rivolta al Padre: “perché mi hai abbandonato?” (Marco 15,34). 

Perché è stato necessario che Saul morisse così affinché il regno di Davide si stabilizzasse? Non c’era un modo più semplice, meno cruento, meno doloroso? Più ancora: non c’era un modo più dolce, meno straziante per il regno di Dio di affermarsi nel mondo che non comportasse la morte del Signore Gesù? Perché la morte di Gesù per i peccati del mondo? Perché? Perché Dio permette il male? Perché ho perso chi mi era caro o perché mi trovo in questa situazione senza capirla appieno? Perché Signore?

Non sempre abbiamo le risposte ai nostri “perché”, ma siamo sempre autorizzati a fare la domanda. Se non elaboriamo il lutto e non facciamo le domande del cuore al Signore, rischiamo di coprire i dubbi ed averli come braci inestinguibili che prima o poi accenderanno fuochi devastanti. Non sempre la risposta sarà come la vorremmo, ma fare la domanda e affidarla al Signore è una medicina per il nostro dolore.

3. Apriti al futuro: c’è speranza!
Davide non era alla ricerca di scorciatoie umane al regno. Aspettava la conferma di Dio nei tempi di Dio. Per questo reagì al tentativo di manipolazione forzata di prendersi il diadema di Saul propostogli dallo straniero. Davide non trattava superficialmente le cose che avvenivano, ma elaborava il lutto facendo domande a Dio e rimettendosi alla sua volontà.

Il testo si conclude con una parola di speranza. Sì Saul è morto in modo tragico; sì, siamo tutti devastati dal dolore e pieni di domande: sì, la situazione è più che critica, è drammatica! Tuttavia, il Signore è buono e fedele (2,6). Oggi come ieri e come domani, Dio rimane il Dio dell’alleanza che mantiene le promesse e agisce secondo i suoi propositi divini. Il regno è di Dio, sempre. E Dio è buono e fedele. C’è quindi speranza.

In più, Dio ha un suo “unto”, un buon re che non ha lasciato il trono vacante. Oltre Davide che sarebbe diventato il re d’Israele, questo re buono è il Signore Gesù che, dopo essere morto sulla croce e seppellito nella tomba, è risorto e vive e regna su di noi, su Roma e sul mondo intero. In Lui e grazie a Lui, possiamo rispettare i tempi di silenzio senza manipolazioni e possiamo gridare i nostri “perché” senza vacillare nella fede. Si rafforzino quindi le nostre mani per essere uomini e donne valorosi (2,7).


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.