Test di regalità virtuosa - 2 Samuele 10

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

C’è una parola viene usata nel linguaggio sanitario e non solo. Si tratta di “stress test”. È un esercizio faticoso e dispendioso che mette alla prova il funzionamento dell’organismo o del sistema. Una corsa sul tapis roulant o una pedalata veloce sulla cyclette permettono di vedere la funzionalità del cuore, ad esempio. Si può dire che in questo capitolo la regalità di Davide sia sottoposta ad uno stress test per testarne la tenuta e per rinforzarla in vista di prove ancora più difficili.

La nostra vita è un continuo stress test. Dio ci mette alla prova, non con l’intento di farci cadere, ma con la volontà di rinforzarci. Come si impara a vivere in modo rinnovato secondo l’evangelo? Come si impara la regalità cristiana? Non in un laboratorio asettico, ma attraverso un continuo stress test con cui Dio ci espone a situazioni difficili, rischiose, complesse affinché noi maturiamo in sapienza, costanza e intelligenza spirituale per navigare nel mare della vita senza affondare. Vediamo cosa impariamo da questo capitolo.

1. Sostiene l’affronto, nonostante la generosità
È un periodo relativamente e insolitamente tranquillo per Davide e Israele. I confini esterni sono protetti (cap. 8), i dissidi interni sono pacificati (cap. 9). Dopo aver mostrato generosità agli eredi della famiglia di Saul, Davide vuole mostrare un atto di condoglianze e di partecipazione al lutto al re degli Ammoniti il cui padre era morto. Questo atto di buon vicinato scatena invece una serie di prove da affrontare, uno stress test, appunto.

Canun interpreta in modo del tutto diverso, anzi opposto, l’atto di Davide. Invece di accettarlo come segno di amicizia in un tempo di lutto, lo considera un modo per fregarlo in futuro. In realtà, secondo Canun la delegazione di Davide è composta da spie che, con la scusa di portare le condoglianze, acquisiranno informazioni utili a Davide per fare loro guerra in futuro. Le motivazioni di Davide sono rovesciate, l’atto di Davide è completamente stravolto. Quante volte accade così anche a noi! Pensiamo di fare un atto di bene al vicino, ma è interpretato come sfida o affronto. Facciamo un’azione per avvicinarci a qualcuno e viene interpretata come volontà di sopraffazione. Oppure siamo noi stessi a interpretare in modo sospettoso la benevolenza altrui.

Allarghiamo però la prospettiva a Dio e alla sua bontà nei nostri confronti. Dio è un generoso e fa ogni sorta di dono a tutti noi (Giacomo 1,17). Lui fa sorgere il sole e manda la pioggia (Matteo 5,45), dà la vita, il respiro e ogni cosa (Atti 17,25): quanti però invece di ringraziarlo per questi continui, costanti doni di Dio, sono in costante ribellione a Dio e in continuo lamento? Di più: nella sua bontà, Dio si fa conoscere nella creazione affinché non viviamo in modo confuso e corrotto (Romani 1,19-21). Eppure, invece di ringraziarlo, ci siamo dati a ragionamenti vani che distorcono la realtà e, semmai, accusano Dio dei nostri mali. Tutto questo è iniziato con Adamo ed Eva che, di fronte al dono generoso del giardino in cui Dio li aveva messi, iniziarono a sospettare che Dio stesse in realtà complottando contro di loro. Dall’ingresso del peccato nel mondo, ogni atto è sottoposto al rischio di essere travisato, non compreso, scambiato per altro, manipolato, e ricevuto in modo opposto alle intenzioni.

Il vangelo di Giovanni ci dice che la Parola eterna, il Figlio di Dio, è venuto in casa sua (1,11) per portare luce, amore e verità: ma i suoi non l’hanno ricevuto e l’hanno respinto. C’è un pattern distorto nella nostra umanità peccaminosa. La regalità deve gestire questi affronti e navigarli. Di fronte alla nostra ribellione, Dio smette di essere generoso? No. Di fronte al nostro traviamento, Dio smette di far splendere il sole e mandare la pioggia? No. Di fronte all’opposizione al Figlio di Dio, smette di mandare la chiesa nel mondo affinché annunci e viva l’evangelo di Gesù Cristo? No. Anche noi, per grazia di Dio, non dobbiamo smettere di vivere una regalità generosa, non reattiva, seminatrice del bene anche quando viene interpretato in modo deviato.

2. Guarisce l’umanità sfigurata, causata dalla malvagità
Il sospetto di Canun non si limita a pensare male. Prende la delegazione inviata da Davide e la sottopone ad uno sfregio umiliante. Denuda gli uomini e taglia loro metà barba (v. 4). Sfregia la loro umanità, esponendo le loro parti intime, e irride la loro mascolinità, tagliandone la barba. Ciò crea “vergogna” (v. 5). Davide deve affrontare questo affronto malvagio mandando qualcuno che li incontri e dica loro di aspettare a tornare sino a quando la barba fosse ricresciuta e nuovi vestiti fossero stati disponibili. La regalità di Davide si fa carico di affrontare questo attacco provocatorio e umiliante all’umanità di tutti.

Anche qui, allarghiamo la prospettiva alla regalità di Dio. Il peccato con cui ci siamo ribellati a Dio ha sfigurato la nostra umanità. Col peccato, sono entrati conflitti tra cari, divisioni tra popoli, omicidi tra fratelli e stravolgimenti della vita. Dio ha creato un giardino e il peccato l’ha trasformato in deserto. La vita si è trasformata in un travaglio continuo. La morte è diventata l’unica certezza di molti. Il peccato ci ha trasformato in bestie, rompendo la nostra dignità e sfigurando la nostra umanità. E Dio Padre cos’ha fatto? Mentre Davide ha mandato degli inviati, Dio Padre ha mandato suo Figlio, il Signore Gesù, per immedesimarsi nella nostra vergogna, sperimentare la nostra nudità, condividere il nostro sentirci calpestati e impotenti. Grazie alla sua incarnazione il Figlio di Dio è diventato come uno di noi; grazie alla sua passione, morte sulla croce e seppellimento, Gesù ci ha dato nuove vesti e ci ha ridato la dignità che era stata storpiata; grazie alla sua resurrezione, ci ha fatti rientrare nella comunità del popolo di Dio, senza più doverci vergognare. Con la sua seconda venuta che aspettiamo, Gesù farà giustizia di quei nemici che hanno attentato alla vita.

Il capitolo 9 ci parla dello stress test della regalità di Davide, ma in realtà ci anticipa quello che avrebbe fatto il re Gesù di fronte alla nostra umanità calpestata. Dio Figlio si è incarnato, è morto e risorto affinché chi crede in lui abbia nuovi vestiti di giustizia e nuovi segni di umanità rinnovata.

3. Vince le battaglie, con strategie diverse
L’affronto subito dalla delegazione inviata da Davide non può passare impunito. Canun capisce di averla fatta grossa e che la sua provocazione umiliante non può che innescare la giusta reazione di Davide. Infatti, comincia subito a cercare alleanze militari con i Siri e altri per prepararsi alla battaglia (vv. 6-8) che in effetti accade subito dopo. Anche Davide prepara la battaglia per ristabilire giustizia e punire Canun. Ci sono due battaglie in realtà e con due strategie diverse. Nella prima Ioab e Abisai, rispettivamente capo dell’esercito di Davide e suo fratello, preparano lo scontro dividendosi in due schiere per affrontare i Siri e gli Ammoniti in modo separato (vv. 9-14). In questa prima battaglia, sia la schiera di Ioab, sia quella di Abisai hanno la meglio sugli Ammoniti e sui loro alleati. Nella seconda, invece, c’è uno scontro frontale tra tutto l’esercito d’Israele (questa volta capitanato da Davide stesso) e la coalizione di Siri e Ammoniti (vv. 15-19). Anche in questo caso, questi ultimi sono sconfitti da Israele. Finalmente, grazie alla vittoria schiacciante in due tempi di Davide, la vergogna è superata, il nemico abusivo è sconfitto e la pace è ristabilita (v. 19). 

La vittoria è arrivata anche grazie alla duttilità della strategia di battaglia: una volta affrontando il nemico in modo disgiunto, un’altra in modo frontale. Davide ha avuto la saggezza di organizzare le battaglie in modo versatile e adeguato alle circostanze, fino allo scontro finale in cui non ha dato scampo al nemico. Non tutte le nostre battaglie si vincono allo stesso modo. Essere una comunità regale significa sapere stare sul campo, collaborare tra noi, comunicare e pianificare, essere pronti a sostenere un fronte da soli e poi unirci nel reciproco sostegno. Dio Spirito Santo che il Padre e il Figlio hanno inviato ci dà l’intelligenza di stare in battaglia non in modo velleitario né in modo statico, ma con l’armatura della fede che dà solidità e le scarpe dell’evangelo che danno mobilità. La vittoria è assicurata dal fatto che il Dio uno e trino ha vinto satana, il peccato e la morte per noi e, nell’attesa della celebrazione finale della vittoria, ci sostiene nelle battaglie. Fidiamoci di Dio e affidiamoci a Dio negli stress test della vita!


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.