Cali di tensione deleteri - 2 Samuele 11
Predicatore: Gioele Di Bartolomeo
Una delle patologie più comuni che vengono affrontate negli ospedali è la sindrome da allettamento. Quando un paziente è costretto a passare molto tempo fermo nel suo letto, il suo corpo comincia a perdere forze. In poco tempo i muscoli perdono il loro trofismo, le articolazioni cominciano a consumarsi ed i polmoni non funzionano più bene. La sindrome da allettamento è una manifestazione estrema di ciò che accade al nostro corpo quando si ferma. Quando cala la tensione, quando sparisce l’impegno, quando interrompiamo per lungo tempo le nostre attività, vengono fuori gli acciacchi e le fragilità del nostro corpo.
Nel testo che abbiamo appena letto ci troviamo davanti ad una situazione simile. Siamo davanti ad un forte calo di tensione. Israele era ormai al sicuro, Ioab ed il suo esercito erano stati mandati a completare la distruzione dei figli di Ammon a Rabba. Ma, il Re Davide era rimasto nel Suo palazzo. Davide era rimasto fermo a riposare di sera nel suo letto ed a passeggiare nella sua terrazza. Come in una sindrome da allettamento spirituale, tutti gli acciacchi e la fragilità del suo cuore peccaminoso vengono fuori. Davide commette ciò che è male agli occhi di Dio ed agli occhi di tutti noi. Vede, circuisce, violenta una donna sposata, la mette incinta, tenta di nascondere il suo peccato ingannando il marito della vittima e non riuscendoci lo fa uccidere in battaglia. Il calo di tensione è estremamente deleterio per Davide e l’immoralità raggiunta in questi pochi versetti è profonda tanto quanto le meraviglie che finora abbiamo visto nella sua vita. Lontani dal fare un esercizio prettamente moralistico, come figli di Dio chiamati ad un ufficio regale, vogliamo capire come questa storia parla a noi. Vogliamo riflettere su tre indicazioni che questo testo dà ad ognuno di noi per essere una chiesa regale: fuggi la regalità falsamente appagata, resisti la regalità corrotta, confessa la regalità peccaminosa.
1. Fuggi la regalità falsamente appagata
Nella primavera dell’anno successivo alla guerra con gli ammoniti, Davide decide di mandare il Suo esercito per stanare gli ultimi nemici rifugiatisi a Rabba, ma lui rimase a casa (v1). In un contesto di assoluta tranquillità serale, Davide si sposta dal letto alla terrazza dove i suoi occhi cadono su una bellissima donna che si stava facendo il bagno, Bat-sceba (v2). Nonostante avesse saputo che fosse sposata (v3), Davide mandò a prenderla, si unì a lei (v4) ed ella rimase incinta (v5). A differenza delle volte precedenti in cui guidò il suo esercito alla guerra, questa volta Davide, Il Re d’Israele si era defilato dalla battaglia. Appagato, rilassato, lontano da pensieri, lontano da lotte e combattimenti, Davide si abbandona a sguardi lussuriosi. Senza opporre alcuna resistenza alla concupiscenza Davide si macchia del peccato di adulterio. Il Re unto da Dio, il Davide che aveva abbattuto Golia, che aveva fatto strage dei suoi nemici, che aveva mostrato la saggezza ed il timore dell’eterno, cade rovinosamente. Mentre era chiamato a combattere, a difendere il Suo popolo in una regalità integra, Davide abbandona i suoi doveri e crolla sotto l’inganno di un cuore appagato. Sebbene il lavoro non fosse concluso, sebbene la guerra fosse ancora in corso e le guide, i suoi figli, dovevano essere ancora preparati, sebbene il regno avesse ancora bisogno del suo Re, Davide si crogiola nell’appagamento e cade nel peccato.
Anche noi come Davide corriamo il rischio di cadere nell’appagamento e di essere scoperti alla tentazione. Il peccato che si annida nel nostro cuore attende l’occasione per scatenarsi in tutta la sua malvagità. L’appagamento è sempre dietro l’angolo e ci scopre il fianco al tentatore. Quando non siamo sulle vie del servizio, siamo su quelle della tentazione. Il Signore Gesù in Matteo 28 ci chiama a vegliare, ad alimentare la visione nell’attesa del Suo ritorno. Se abbiamo una visione piccola che si accontenta di ciò che abbiamo conquistato, se ci riteniamo soddisfatti amministrando ciò che abbiamo raggiunto, apriamo spazio alla tentazione. Troppe chiese si accontentano di mandare avanti la baracca e portare avanti il programmino settimanale. Dio ci ha chiamati ad essere una chiesa regale, con una visione ampia per l’avanzamento del Vangelo nella nostra città, nella nostra nazione e nel mondo intero. Avere la visione per il 2030 a Roma ci permette di continuare a perseguire la nostra chiamata, ci aiuta a non cadere in un falso appagamento. Abbiamo un Dio grande che attraverso la vittoria di Gesù Cristo sulla croce ci ha chiamato a perseguire un grande mandato. Siamo chiamati a combattere su ogni piano vocazionale e culturale in modo coerente e senza doppiezza d’animo. Dobbiamo riconquistare il lavoro, la scuola, la politica, la famiglia e la cura degli indigenti senza appagarsi nelle mezze vittorie. Non dovremmo perseguire un posto fisso, ma un lavoro riformato. Non dovremmo desiderare per i nostri figli la scuola migliore ma una scuola rinnovata per tutti. I figli di Dio troveranno il vero appagamento quando il Signore Gesù Cristo tornerà per instaurare il Suo Regno, ora siamo chiamati a quella battaglia che ci protegge dalla tentazione. Fuggi la regalità falsamente appagata.
2. Resisti alla regalità corrotta
Dopo aver saputo dello stato di gravidanza di Bat-sceba, Davide fece chiamare suo marito, Uria, l’Ittita (v6). Dopo averlo accolto per ricevere notizie (v7) lo invitò, accompagnato dalle vivande del Re, a rientrare casa per giacere con sua moglie, (v8) (Cosi avrebbe potuto nascondere la sua paternità). Ma Uria non scese in casa sua per la notte (v9) ed interrogato da Davide sul perché di questo (v10) rispose che l’arca d’Israele e Giuda erano sotto le tende e l’esercito e i suoi generali dormivano all’aperto, come avrebbe potuto lui godersi la pace della sua casa? (v11). Davide tentò di coprire la gravidanza di Bat-sceba cercando di attribuirne la paternità al legittimo marito. Uria era uno straniero, un ittita che si era unito al popolo d’Israele, aveva accolto la fede del popolo ed il timore di Dio ed ora era al fronte a combattere. A differenza di Davide, per Uria sarebbe stato lecito giacere con sua moglie, ma l’ittita era nel pieno della guerra e non accetta di calare la tensione. Mentre Davide si era abbandonato all’appagamento ed al peccato, Uria ragiona in maniera pattizia e mostra una regalità superiore a quella del suo stesso Re. Uria non cede a vivere una condizione diversa da quella del suo esercito, anche se era il Re in persona a proporlo. Uria resiste alla regalità corrotta di Davide in nome della lealtà al Dio vivente.
Anche noi siamo costantemente tentati di far scendere la tensione nelle nostre vite. Lo sono le persone a noi vicine, quelle che ci vogliono più bene e che magari desiderano vederci stabili nelle loro certezze. Abbiamo tanti esempi dove si cerca di ridurre la tensione confidando in un lavoro stabile, in un mutuo agevolato, in un futuro più sicuro. Ma la tensione in cui siamo stati messi come figli di Dio è una tensione santa, che ci protegge dal peccato. Matteo 11,29-30 Gesù ci parla di un giogo leggero che ci tiene vicini a Lui. Come chiesa vogliamo mantenere questa tensione. Riconosciamo di essere stati chiamati ad una guerra contro le forze spirituali di questo mondo, riconosciamo di essere pochi e con risorse limitate, ma il Dio creatore di ogni cosa ci dona ciò di cui abbiamo bisogno per portare avanti il Suo Regno. Anche nella nostra stessa chiesa locale rischiamo di cedere tensione. Siamo tentati dal delegare i nostri compiti a chi ha più capacità di noi, più tempo e più risorse. Veniamo attratti dalle realtà show, da chiese senza impegno dove le settimane vengono vissute con leggerezza per poi vivere la gioiosa comunione della domenica. Veniamo attratti e frustrati da realtà di altri paesi che vivono realtà sociali ed ecclesiali piacevoli. Ma Dio ci ha chiamati qui in Italia, in una realtà che non ha ancora sperimentato una riforma, dove la chiesa è una minoranza. Qui, una regalità corrotta è quella che ti spinge a fuggire la tensione e la prova che siamo chiamati a vivere. Ma, quando la chiesa di Dio è sottoposta a cose dure, noi stessi dovremmo sottoporci ad esse. Quando fuggiamo la tensione diventiamo noi stessi dei Re corrotti che invece di incoraggiare spingono i fratelli e le sorelle a mollare. Resisti alla regalità corrotta.
3. Confessa la regalità peccaminosa
Davide tentò ancora di convincere Uria a giacere con sua moglie facendolo ubriacare (v13), ma l’ittita non scese a casa sua (v14). L’indomani il Re Davide decise di rimandare Uria al fronte e diede ordine a Ioab di lasciarlo solo in mezzo la battaglia per farlo morire, e così avvenne (15,16,17). Davide continuò con tutte le sue forze a tentare di coprire il suo peccato. Prima provò a convincere Uria a stare con sua moglie con la promessa di una serata speciale, poi provo ad ubriacarlo ed infine, dopo aver fallito in ogni suo tentativo si ridusse a farlo morire in battaglia insieme ad altri uomini valorosi. Il tentativo di coprire gli effetti della propria concupiscenza aveva portato il Re d’Israele a macchiarsi di corruzione ed omicidio. Il peccato non confessato ha prodotto un devastante effetto domino nella vita di Davide, di Bet-Sceba, di Uria e del popolo intero. La vita di Davide non fu più la stessa e la sua regalità prese una curva discendente da cui non si sarebbe più usciti. Il peccato genera altro peccato e getta le nostre vite nel caos. La prossima domenica insieme a Clay vedremo come Davide chiede perdono al Signore, tuttavia, come ci dice Paolo in Romani 6, Il salario del peccato è la morte ed in questa vicenda le conseguenze della concupiscenza ancora oggi rilasciano il loro odore putrido di morte.
Se non confessiamo il nostro peccato verremo schiacciati da esso. Fratelli e sorelle non corriamo il rischio di sminuire il potere di distruzione del peccato nelle nostre vite. Anche se siamo avanti nella fede, anche se ci sentiamo stabili nelle nostre vie, Paolo ci dice in 1 Cor 10,12 “Chi pensa di stare ritto guardi di non cadere”. Giacomo nel capitolo 5 ci chiama a confessare i nostri peccati l’uno con l’altro per poter avanzare nella santità. Dio ci ha donato una chiesa perché in essa possiamo combattere contro la nostra natura peccaminosa. I figli di Dio sono stati liberati in Gesù Cristo dalla morte eterna che derivava dalla nostra natura di peccato, ed ora siamo liberi di non cadere, abbiamo la forza di combattere insieme contro le debolezze, i cali di tensione e le concupiscenze del nostro cuore. Il peccato è così grave che per esserne liberati dalla morsa è dovuto morire il Re dei Re, il Dio Figlio, l’unico uomo giusto, Gesù Cristo. Se sei un figlio di Dio ed hai già riconosciuto la sua opera di salvezza nella tua vita, confessa il tuo peccato, non nasconderti dietro la doppiezza d’animo. Appoggiati alla chiesa che Dio ti ha donato, cerca la cura di Dio e troverai il perdono in Gesù Cristo. Se ancora non hai conosciuto Gesù Cristo, se ti senti migliore di Davide e della sua indecenza, se ancora non vedi la pericolosità del peccato nella tua vita, allora ti sta ancora dominando ed accecando. Chiedi a Dio di mostrarti la tua vera natura e corri a Lui. Lascia il tuo peccato alla croce, chiedi a Gesù di salvarti dalla dannazione eterna. Non ci sarà più nessuna condanna per quelli che dimorano in Cristo Gesù (Romani 8,1).
Amen