La fede respira con la preghiera - Giacomo 5,13-18

 
 

Predicatore: Gioele Di Bartolomeo

 13 C'è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi. C'è qualcuno d'animo lieto? Canti degli inni. 14 C'è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore: 15 la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati.

16 Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia. 17 Elia era un uomo sottoposto alle nostre stesse passioni, e pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18 Pregò di nuovo, e il cielo diede la pioggia, e la terra produsse il suo frutto. (Giacomo 5,13-18)

Quasi 24 anni fa usciva nelle sale cinematografiche un film destinato a diventare uno dei più premiati della storia, “Titanic”. Come molti di voi ricordano, il film racconta la storia di Jack e Rose, due membri di differenti classi sociali che s'innamorano durante il viaggio inaugurale della nave da crociera “Titanic”. Dopo solo quattro giorni di navigazione nell’oceano, l’immenso transatlantico colpi un iceberg ed in poco più di due ore affondò portando con sé più di 1600 vite. Nel momento clou dell’affondamento, il film ci mostra la nave per metà già sott’acqua e l’altra metà quasi in verticale. Mentre i due protagonisti si erano rifugiati il più in alto possibile, il regista ci mostra la scena di un gruppo di persone raccolte attorno ad un pastore, nell’atto di pregare disperatamente. Ricordate? In pochi si sono stupiti di vedere quella scena. Quando ormai non c’è più nulla da fare, quando stiamo per affogare, non resta che pregare. Nella società che ci circonda ed a volte anche nelle nostre vite, la preghiera è vista come l’ultima scialuppa di salvataggio nelle situazioni drammatiche della vita. Come avrebbe reagito lo spettatore di “Titanic” se quella scena di forse preghiera fosse avvenuta in un qualsiasi momento di quei quattro giorni di navigazione? Sarebbe stato strano vero?

Anche se pregare nei momenti di difficoltà e di disperazione è tutt’altro che ridicolo, in questo testo che abbiamo appena letto, Giacomo ci da una dimensione della preghiera profondamente diversa dal suo ruolo prettamente emergenziale. In queste domeniche insieme ci stiamo chiedendo come funziona la fede e, mentre nel nostro ultimo incontro abbiamo parlato della pazienza, oggi vedremo che “la fede respira con la preghiera”. Per i figli di Dio, per chi ha creduto in Gesù Cristo, la preghiera non è un atto finale o l’elenco dei nostri desideri, la preghiera non è l’ultima boccata d’aria prima di affogare. Tutt’altro, la preghiera è ciò che tiene viva la nostra fede, è ciò che le dà l’ossigeno per essere una fede vivente. In questi versi che abbiamo appena letto, Giacomo ci dà tre indicazioni sulla preghiera, sulle quali vogliamo riflettere: Ricerca la preghiera in ogni situazione, Pratica la preghiera con la chiesa e nella chiesa e Persevera nella preghiera nonostante tutto. 

1. Ricerca la preghiera in ogni situazione
Nel versetto 13 Giacomo ci mette davanti a due situazioni contrapposte, la sofferenza e la gioia e per entrambe ci indirizza verso la preghiera e l’adorazione. La risposta alle situazioni della vita, che esse siano difficili o piacevoli è la preghiera, che davanti ad una grande gioia si trasforma in canto di adorazione. Pensiamo alla varietà di preghiere nei Salmi dove gli autori spaziano dalla gioia più profonda alla disperazione più grande. Queste preghiere poste davanti a Dio diventano uno strumento di benedizione e di ravvedimento per gli autori e per i lettori. Mentre tutto questo può sembrare molto semplice e scontato da dire, non lo è in quelle che sono le nostre vite. Anche se siamo dei figli di Dio, anche se siamo stati rigenerati in Cristo, le nostre vite di preghiera riflettono l’idolatria che affligge la nostra società e la nostra città.

La preghiera nel contesto cattolico romano è uno strumento da utilizzare dentro una chiesa o nell’intimità della propria casa, per mettersi a pari con le proprie colpe, per venerare un santo in particolare, per richiedere una grazia specifica o per ringraziare prima dei pasti. La preghiera viene rilegata a contesti e situazioni specifiche, ed è così che anche noi siamo stati abituati a rispondere alle gioie ed alle prove di questa vita in modo totalmente diverso. Quando abbiamo una gioia siamo spinti verso il godimento di essa e non sentiamo la necessità di andare a Dio in ringraziamento. Proviamo imbarazzo nel fermarci e pregare e cantare a Dio per ciò che abbiamo ricevuto. Pensiamo alle feste di matrimonio, al dualismo che spesso accompagna questi momenti dove sembra che la preghiera trovi un piccolo spazio nel momento “serio” della celebrazione ma che sparisce totalmente nel momento della festa. Sembra quasi fuori luogo pregare di gioia. Pensiamo alle cene tra amici, ai momenti di svago, la preghiera sembra fuori contesto. Quando abbiamo una prova, invece siamo assaliti da ciò che dobbiamo fare. Sfoghiamo la nostra amarezza correndo o prendendo a pugni un sacco da box, cerchiamo di fare tutto il possibile per risolvere una situazione e dopo che abbiamo fatto tutto il possibile, preghiamo. Ma, Giacomo nel testo ci mostra una preghiera costante, presente nella vita dei figli di Dio come risposta ad ogni situazione. Anche Paolo in Romani 15,30 esorta al combattimento in preghiera ed in Efesini 6,18 ci esorta a pregare in ogni tempo. Gesù pregò quando era in mezzo ai suoi amici, nella gioia della condivisione e prego per i suoi carnefici mentre era attaccato alla croce.

Fratelli abbiamo bisogno di riformare la nostra visione della preghiera, abbiamo bisogno che essa pervada ogni aspetto delle nostre vite per poter essere nutriti nella fede. Il Signore ascolta le preghiere dei suoi figli ed usa questo strumento di comunicazione per benedirci. Neemia respirava nella preghiera e fu pronto a chiedere al Re ciò che era più giusto (Ne 2,4). Sei pronto a pregare mentre il tuo capo insulta tutto ciò in cui credi? Sei pronto a pregare quanto il tuo cuore vorrebbe solo fuggire? Sei pronto a riformare la tua visione della preghiera?

2. Pratica la preghiera con la chiesa e per la chiesa
Nel versetto 14 Giacomo ci dice che chi è malato deve chiedere preghiera per la propria guarigione agli anziani, alle guide della chiesa, perché attraverso la preghiera (15) c’è guarigione ed attraverso la fede c’è il perdono dei peccati. Confessate dunque (16) i vostri peccati gli uni con gli altri e troverete guarigione. In questi tre versetti Giacomo ci inserisce nella dimensione ecclesiale della preghiera. La preghiera non è individualistica o prettamente personale, essa viene praticata e trova la sua massima espressione nella sposa di Cristo, la chiesa. Gesù non ci ha lasciati soli a noi stessi ma ci ha resi parte della sua chiesa per essere benedetti, curati, nutriti e guariti attraverso la fede dei nostri fratelli e sorelle in Cristo. Nei momenti di difficoltà, di malattia e di prova, Giacomo ci chiama a ricercare la preghiera di persone fedeli per essere ristabiliti. La chiesa e fatta da persone che hanno conosciuto Gesù, che hanno testimoniato della Sua opera di redenzione e che sono ripieni della presenza dello Spirito Santo. Giacomo ci chiama a ricercare la saggezza e la cura degli anziani che Dio ha messo a cura del Suo gregge.  Eppure, molte volte la chiesa e soprattutto le guide sono gli ultimi a sapere delle necessità di un fratello o una sorella. Nelle difficoltà della vita, nelle sofferenze e nelle ribellioni, preferiamo rifugiarci in amicizie esterne come se volessimo schivare le preghiere. Nascondiamo i successi e le gioie ridimensionandole, non confessiamo i nostri peccati l’un l’altro ma ci diamo una parvenza di integrità. Dall’altro lato la chiesa, ed ognuno di noi abusa di promesse di cura e di preghiera senza davvero portarle a compimento. Il “prego per te” è quasi diventato un “in bocca al lupo” o un “ti sto pensando”.

Anche nella chiesa se la preghiera non viene esercitata in circoli virtuosi di confessione e cura, ci ritroveremo a privarla della sua vera natura. Fratelli e sorelle, se preghiamo per la fondazione di chiese, se preghiamo per una riforma in questa città e nella nostra nazione ma non siamo disposti a praticare la preghiera nella chiesa e per la chiesa, siamo come dei grandi nuotatori che pensano di attraversare l’oceano con una sola boccata d’aria. Tutt’altro, la nostra visione necessità di un popolo che respira la preghiera e se ne nutre per compiere opere straordinarie. In Gesù Cristo abbiamo ricevuto la promessa della Sua presenza in mezzo al Suo Popolo, grazie alla Sua opera di redenzione le nostre preghiere possono essere grandi e coraggiose ma non devono dimenticare la necessità della dipendenza da una vita ecclesiale di preghiera.

Che Dio ci dia di avere il coraggio di attraversare il lungo oceano delle nostre chiamate, ma respirando nella preghiera ogni due bracciate, per poter arrivare vivi e forti alla destinazione. Abbiamo bisogno di riformare la nostra visione della chiesa che Dio ci ha donato, non più come un bel posto dove andiamo la domenica ma come una palestra di preghiera dove ci umiliamo della condivisione delle nostre sfide e ci prodighiamo nella preghiera per gli altri. Pratichi la preghiera nella chiesa? Nascondi ancora le tue battaglie e le tue sconfitte?

3. Persevera nella preghiera nonostante tutto
Nei versetti 17-18, Giacomo cita ciò che accadde in 1 Re 17-18 dove Dio proclamò attraverso Elia la siccità a causa della corruzione di Israele. Nelle parole di Giacomo, Elia attraverso la preghiera fece qualcosa di straordinario, anche se era soltanto un uomo. Certo Elia non era uno qualunque, nel libro dei Re possiamo vedere quanto Dio lo abbia usato per compiere atti straordinari e come mentre era con Eliseo fu rapito e portato in cielo. Tuttavia, Giacomo in questi versetti lo cita per farci capire come ciò che di grande Elia ha compiuto non era l’effetto della sua straordinarietà, ma era la conseguenza della grandezza di Dio. Elia era un uomo sottoposto alle nostre stesse passioni ma che per la fede nel Cristo che doveva venire perseverò nella preghiera e fece cose fuori dal comune. Ognuno di noi è indegno, ognuno di noi è incapace di qualsiasi opera buona e di perseverare nella preghiera, tuttavia in Gesù Cristo tutto questo diventa possibile.

Nella chiesa cattolica romana il proprio essere incapace viene bypassato affidandosi ad un santo o a Maria, perché preghi al posto nostro e usi la sua santità per convincere Dio dei nostri bisogni. Ma questa è una grande menzogna e Giacomo ci invita a non considerare la nostra inadeguatezza ma l’opera del Salvatore. Gesù Cristo si è fatto uomo, ha vissuto una vita perfetta, senza peccato e ricca nella preghiera. Si è sacrificato sulla croce pagando per il peccato di chi crede in Lui ed è risuscitato il terzo giorno, garantendoci la sua presenza ed il Suo ritorno. Gesù ti ha reso degno di pregare con coraggio, di perseverare nella preghiera nonostante le cadute e malgrado le inadeguatezze. In Cristo puoi vivere una vita di preghiera, nel Salvatore puoi perseverare nella preghiera per questa città. Gesù ci dà la possibilità di perseverare nella preghiera nonostante tutto e come Elia anche noi possiamo aspettarci grandi cose perché Dio è lo stesso come allora.

La fede respira con la preghiera ed essa va cercata in ogni situazione, va praticata nella chiesa e per la chiesa e necessità di perseveranza. Se la tua preghiera ha poco a che fare con quello di cui ci ha parlato oggi Giacomo ti invito a rimettere in discussione la visione che hai avuto fino ad oggi per riformarla alla luce dell’opera di Gesù Cristo, per la Gloria di Dio.

Preghiamo