Il vero bisogno nelle prove - Giacomo 1,5-8

 
 

Ho una tazza con su incisa una frase attribuita a Lutero: “Wer Christus hat, hat genug” (chi ha Cristo, ha abbastanza). Se tu hai Cristo, hai tutto ciò che ti è necessario per vivere e per morire, per soffrire e per gioire, per trascorrere tempi di solitudine e di compagnia, per vivere la giovinezza e la vecchiaia, per affrontare le salite della vita e lasciarsi andare nelle discese. Chi Cristo ha, ha abbastanza. Anche nelle prove vale la stessa cosa: chi ha Cristo, ha abbastanza. Se Cristo è con te, se tu sei con Cristo, la prova può diventare un momento a suo modo gioioso per crescere in maturità e solidità. 

Nei vv. 5-8 Giacomo, rimanendo sul tema delle prove, ci parla dei bisogni che abbiamo mentre le affrontiamo. E’ vero che sono occasioni di gioia, ma è anche vero che noi sperimentiamo delle necessità, dei limiti, vediamo delle lacune intorno e dentro di noi. Ci sentiamo provati, schiacciati, mancanti, bisognosi. Questo testo ci dice quale sia il vero bisogno, chi sia il donatore e quale sia la condizione per vivere la prova rimanendo in piedi e ripartendo con slancio.

1. La saggezza sopra tutto
Quando siamo nella prova, pensiamo di essere in grado di sapere di cosa abbiamo bisogno: se avessi un lavoro migliore, se avessi un’amica del cuore, se avessi uno stipendio più alto, se avessi una salute migliore, … sono tutti bisogni avvertiti. Ognuno di essi può essere reale. Qui Giacomo ci ricorda che nella vita cristiana il bisogno primario e permanente è quello di avere “saggezza”. Non più soldi, più compagnia, più tranquillità, più salute, ma più saggezza.

Ricordate l’immagine della guida a sinistra? Bene: eccone un’applicazione. Nel mondo in cui si guida a destra (cioè nel mondo senza Dio), di fronte alle prove si cerca di aumentare le risorse disponibili, l’autostima, la compagnia, ecc. pensando che queste siano le vere necessità. Nel mondo di Dio, si guida dall’altra parte. Quindi nella prova il bisogno più grande è la saggezza. 

Cos’è la saggezza? E’ un sapere, un’intelligenza? No. Per Giacomo la saggezza è il Signore Gesù Cristo stesso a cui ha fatto riferimento al v. 1 descrivendosi come “servo” di Cristo. La saggezza è presentata nell’AT (es.: Proverbi) come la voce con cui Dio ha creato il mondo e lo mantiene in vita, indicando il fatto che la sapienza non è un sapere, ma ha i connotati di una Persona. Paolo infatti dice che Gesù è stato fatto per noi “sapienza” (1 Corinzi 1,30): la sapienza per vivere è Gesù. Sempre Paolo ci dice che “tutti i tesori della sapienza” sono nascosti in Cristo (Colossesi 2,3). Con Gesù, in Gesù, da Gesù si trova saggezza. Più avanti Giacomo dirà che il nostro bisogno è di una saggezza “dall’alto” (3,17), che viene da Dio: Dio stesso nella persona di Gesù Cristo.

Nella prova, l’unico bisogno davvero necessario, improrogabile è di affrontarla con Gesù, la sapienza di Dio fattosi uomo per salvarci dalla nostra sapienza distorta e malata. Se affrontiamo la prova con la nostra saggezza, sarà per noi un concentrato di amarezze e una spirale all’ingiù. Se la affrontiamo con Gesù, potrà essere un’occasione di gioia e una possibilità di maturazione. Chi ha Cristo, ha abbastanza anche nella prova.

Di cosa pensi di avere bisogno oggi? Se avessi la possibilità di esprimere tre cose, cosa diresti? Possono essere bisogni reali, ma se non sono preceduti e accompagnati dalla saggezza di Gesù, non saranno veramente decisivi per te. Solo Gesù è la saggezza dall’alto che cambia la vita e le dà un senso nuovo. Hai tu Cristo nella tua vita? Se sì, hai abbastanza. Come gli amici di Daniele poterono affrontare la fornace ardente e ne passarono indenni perché non erano tre ma quattro (il Figlio di Dio era con loro: Daniele 3,25), anche noi con Gesù nostra saggezza potremo affrontare le prove mai da soli, ma con Lui. Se non hai Gesù, non hai niente. Le prove saranno come entrare in una fossa di leoni affamati ed essere sbranati, come accadde a chi aveva buttato dentro Daniele (Daniele 6,24).  

2. Il donatore prima di tutti
Ti starai domandando: ma come posso ricevere la saggezza per affrontare le prove? Come posso avere Gesù al mio fianco, con me, dentro di me? Devo pagare qualcuno? Fare qualcosa? Diventare più buono? Chiedere qualche raccomandazione?

Il v. 5 dice di “chiedere” a Dio Padre. Prima di agitarti, chiedi. Prima di muoverti in modo scomposto, impara a chiedere. Prima di disperare, chiedi. Parla a Dio chiedendogli la saggezza di Gesù per stare a galla. Cosa fa Dio? Lui ascolta e “dona” la saggezza in modo generoso. Prima di chiedere ad altri (amici, colleghi, esperti), chiedi a Dio. Prima di inacerbirti in te stesso, apriti a Dio in preghiera. Prima di attivare altre strategie di sopravvivenza, parla a Dio in preghiera. Se come persone malvagie sappiamo fare dei doni a chi ci chiede aiuto, tanto più il Padre celeste donerà saggezza a chi gliela chiede (cfr. Luca 11,13). Dio sa le cose di cui abbiamo bisogno ed è generoso e misericordioso. Quando chiediamo saggezza, è sicuramente nella sua volontà. Non ci potrebbe essere richiesta migliore.

Dio Padre e Dio Figlio sono la nostra comunità primaria dentro cui stare nella prova. Fuori da questa comunità, lontano da questa comunità siamo nel mare aperto ed in burrasca, alla mercé dei flutti della vita e della malvagità nostra e altrui. Isolati da Dio Padre e privi della saggezza di Cristo, siamo soli con noi stessi a rischio di affondare. Certo, Giacomo ci dice che abbiamo anche la grazia di vivere in una comunità di sorelle e fratelli con cui pregare quando soffriamo, siamo malati e abbiamo peccato (5,13-16). Dio Padre ci dona la saggezza del Figlio e la famiglia della chiesa. Non sono questi doni generosi da parte sua?

Nella prova, non chiudiamoci in noi stessi, ma apriamoci a Dio e gli uni agli altri. Parliamo a Dio in preghiera e parliamo tra di noi per pregare gli uni per gli altri.

3. La fede nonostante tutto
Nella prova re-impariamo a chiedere il giusto aiuto (la saggezza di Cristo) alla Persona giusta (Dio Padre). Giacomo ci dice che la richiesta efficace è accompagnata dalla fede (v. 6). Senza fede è impossibile ricevere l’attenzione paterna di Dio (cfr. Ebrei 11,6) perché Dio Padre non è una macchinetta che risponde su richiesta in modo meccanico né Cristo è la saggezza che si può barattare al mercato. La fede è l’indicatore che dice che quando parliamo a Dio sappiamo con chi ci stiamo relazionando: il Dio tre volte santo, Creatore di ogni cosa e Signore di tutto, non una donna o un uomo qualsiasi.

Qui la fede è messa in contrasto al “dubbio” e ad un “animo doppio”. Sia il dubbio che l’animo doppio sono le malattie della fede. Il dubbio è la riserva mentale di chi dice tra sé e sé: sì parlo a Dio e cerco Gesù, ma tanto non cambierà niente. L’animo doppio è quella stanza nascosta del cuore in cui, mentre ci apriamo a Dio, coltiviamo piani alternativi. Sia il dubbio sull’affidabilità di Dio che l’animo doppio di vivere in mondi paralleli ci fanno diventare onde sbattute dal vento, in balìa delle correnti delle circostanze, delle emozioni, degli eventi.

La fede ci apre a Dio Padre, ci fa cercare Cristo e ci fa maturare nella prova. Nel mondo di Dio si guida dalla parte della fede. La fede è vivere imparando a guidare dalla parte giusta per andare avanti nel cammino della vita. Senza fede si va a sbattere e si fanno incidenti gravi. Senza fede ci si ferma. Con fede e per fede si può stare in piedi e camminare.

Questa città è un mare in tempesta. La nostra vita può diventare un oceano in burrasca. Eppure, chi ha Cristo ha abbastanza. Se non hai Cristo chiedi al Padre la sua saggezza e chiedilo senza riserve e senza piani B. La prova sarà allora una strada stretta e angusta, ma che porterà alla salvezza. Senza Cristo e senza fede, la prova sarà una strada larga e apparentemente spaziosa, che però porterà alla rovina (Matteo 7,13-14).

“Wer Christus hat, hat genug”: è stato così per Giacomo, per Lutero e per generazioni di credenti: sia così anche per noi.


 
 

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