Preghi? Come Preghi? - Luca 11,1-13
Predicatore: Leonardo De Chirico
C’è un semplice test per capire chi sono i discepoli di Cristo. Sapete qual è? La preghiera. Le discepole di Cristo sono persone che pregano. Se non pregano non sono discepoli. Se pregano male e poco, sono discepoli immaturi e irrisolti. Se pregano bene, sono discepoli di nome e di fatto. Tu preghi? E se sì, come preghi? La tua vita di preghiera è il termometro della salute del tuo essere discepolo. Posso dire e fare quello che voglio, ma se non prego sono un discepolo scarso.
A questo punto della preparazione dei discepoli, Gesù si concentra sulla disciplina della preghiera. Gesù può insegnare a pregare perché Lui stesso prega (v.1). Tanti insegnanti o influencer oggi vogliono parlare e far conoscere le loro opinioni senza vivere quello che dicono. Gesù no. Lui prega e per questo può credibilmente insegnare come pregare. I suoi discepoli lo osservano mentre prega e per questo vogliono imparare a pregare. La preghiera che Gesù insegna ci aiuta ad aprirci al mondo di Dio Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo, e a entrarci per scoprire come si vive in esso. Ecco tre domande che possiamo farci per misurare lo stato di salute della nostra preghiera.
1. Prego per onorare il Padre?
La preghiera è una porta d’ingresso nel mondo di Dio. Una delle nostre difficoltà nel pregare è che vogliamo stare nel nostro mondo e semmai che Dio ci entri senza disturbare troppo: per questo non preghiamo. La preghiera invece significa interpellare il Padre (v.2) aprendosi al suo mondo. Non un santo, non Maria, non un defunto, non una figura immaginaria, non la nostra coscienza, ma Dio Padre, creatore dei cieli e della terra, come recita il Credo apostolico. La preghiera si apre a Dio. Il centro non sono più io, ma è Dio Padre. Quando noi siamo decentrati e Dio diventa il nostro punto di riferimento, allora cominciamo a vedere le cose in modo diverso.
Infatti, la preghiera prosegue con: “sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno”. E’ la fama di Dio che diventa la priorità della vita; è il buon nome di Dio che ci interessa. “Non a noi, non a noi, ma al tuo nome dai gloria” (Sal 115,1). E’ il regno di Dio il mondo in cui vogliamo vivere, non il nostro piccolo impero malato. E’ il regno della giustizia, della pace, della gioia (Rm 14,17) che vogliamo esplorare, non preservare i nostri equilibri malsani. Non sono i nostri piani, i nostri interessi, il nostro punto di vista a prevalere, insomma non vivo più per me stesso, ma per Dio e nel suo mondo. Con la preghiera la vita entra nel regno di Dio.
Ciò significa che dobbiamo uscire dalla nostra umanità e dalla complessità della nostra esistenza? Al contrario: significa rientrarci da una prospettiva nuova. La preghiera non è una fuga, ma un recupero della vita. Infatti, Gesù continua dicendo: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (v.3). Abbiamo bisogno del pane, del lavoro, della casa, del sostentamento, della salute, e di tanto altro! Non è sbagliato chiederlo. Tuttavia, tutto ciò ci è dato in più, dopo aver cercato il regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33). Il centro è diventato Dio e il suo regno, non più io e il mio bisogno.
“Perdonaci i peccati così come perdoniamo chi ha peccato contro di noi” (v.4). Accanto ai nostri bisogni materiali c’è il bisogno di pace con Dio e col prossimo. Vivere in pace con Dio e con gli altri significa vivere davvero. Possiamo avere tutte le ricchezze del mondo, ma senza pace con Dio e con gli altri, la vita sarà una guerra. Il perdono del nostro peccato da parte di Dio e la pratica del perdono gli uni verso gli altri sono le migliori medicine per una vita sana e la migliore ecologia possibile. Deponiamo le armi delle nostre guerre inutili con parenti, colleghi, vicini che ci succhiano le energie e viviamo in pace con tutti, per quanto dipende da noi (Rm 12,18).
Infine, “non ci esporre alla tentazione” (v.4). La vera battaglia non è contro carne e sangue (cioè contro il prossimo), ma contro Satana e il peccato. Su quel fronte dobbiamo essere vigili e attivi perché Satana vuole farci cadere nelle sue trappole. Bene, è questa la mia e la tua preghiera? Preghiamo per onorare il Padre e per vivere nel suo mondo?
2. Prego per imitare il Figlio?
Come abbiamo già visto, Gesù stesso ci dà l’esempio di uomo di preghiera. Nella sua vita la preghiera era una disciplina costante che noi discepoli dobbiamo prendere come modello. Come Dio, il Figlio non avrebbe avuto bisogno di pregare, ma essendo diventato uomo, Gesù pregava il Padre. Se lo ha fatto Lui, a maggior ragione non dovremmo farlo noi? Chi vuole imparare da Gesù deve pregare come Lui pregava.
Non solo. Gesù si presenta qui anche come l’amico che, sollecitato ad intervenire, viene in aiuto di chi chiede (vv. 5-8). Dio è per noi un aiuto sempre pronto nelle difficoltà (Sal 46,1). Anche se si tratta di una richiesta in un tempo inopportuno, in una circostanza difficile, in una situazione delicata, l’amico delle nostre vite (Gesù Cristo) ascolta e risponde con generosità. I nostri amici possono aiutarci qualche volta, ma l’amico Gesù lo può fare sempre, di giorno, di notte, quando è tutto chiuso, quando non c’è nessun altro intorno. Dunque: preghiamo, chiediamo, cerchiamo, bussiamo (vv. 9-10), sempre, continuamente. In Cristo, noi abbiamo un mediatore che può capire e che può intervenire (Eb 4,14-16).
Nel regno di Dio, il Padre è il Signore intorno al quale ricentrare la vita e Gesù è l’amico fedele su cui fare affidamento. Lui è l’amico per eccellenza. Proprio Gesù qui nel vangelo sta formando una famiglia di “amici” nella fede: la chiesa è infatti formata da membri che sono la rete prossima a cui contribuire e da cui ricevere aiuto. Se siamo amici di Cristo e amici in Cristo, imitiamo Gesù e quindi aiutiamoci gli uni gli altri. Mettiamoci a disposizione dei bisogni altrui, preghiamo gli uni per gli altri, apriamoci a vedere e a rispondere alle esigenze altrui. Gesù risponderà alle nostre preghiere anche tramite gli “amici” e le “amiche” che ci stanno accanto nella chiesa.
3. Prego per vivere nello Spirito?
Dopo aver parlato dell’amico fedele, Gesù torna a parlare di un “padre” generoso (vv.11-13). Il nostro Padre celeste è buono e fa buoni doni. Noi che siamo padri incostanti sappiamo fare dei doni buoni talvolta. Se nostro figlio ha fame, gli diamo da mangiare. Se ha sonno, cerchiamo di trovare un posto dove possa riposare. Se ci chiede aiuto, facciamo quello che possiamo per assisterlo. Se un padre qualunque in genere sa provvedere ai bisogni dei figli, a maggior ragione Dio ci darà ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Se possiamo avere dubbi sulla capacità dei nostri padri di essere stati sempre all’altezza della loro responsabilità, possiamo invece essere certi della cura paterna di Dio che non deluderà mai nessuno di coloro che si sono affidati a Lui.
La prova provata della generosità e dell’affidabilità di Dio è il dono più grande che abbia fatto: lo Spirito Santo (v. 13). Il Padre ha donato il Figlio per la nostra salvezza e ha donato lo Spirito per la nostra vita. Non ha risparmiato il Figlio per perdonare i nostri peccati e non ha trattenuto lo Spirito per inondarci della sua presenza. Quanto generoso è stato il Padre! Quanto unici e preziosi sono stati i suoi doni! Ringraziato sia Dio per il suo dono ineffabile (2 Cor 9,15).
La preghiera ci introduce nel mondo di Dio dove il Padre è Signore da onorare, il Figlio è l’amico da imitare e lo Spirito è il dono più grande da ricevere. Vuoi rimanere nel tuo mondo rotto e malato o vuoi aprirti al mondo di Dio e respirare in modo nuovo, vivere in modo nuovo, sognare in modo nuovo, servire in modo nuovo? La preghiera è la chiave d’accesso al mondo di Dio. Se vogliamo rimanere al di là della soglia, continuiamo pure ad essere preda di ansia e a seminare conflitti e bruciare la nostra esistenza. Se, invece, prendiamo la chiave della preghiera e apriamo la porta, ecco che scopriremo la meraviglia del mondo di Dio e lo abiteremo insieme come famiglia di credenti. Vuoi rimanere al di là o vuoi entrare al di qua? Oggi, Dio bussa (toc toc) alla porta del tuo cuore. Cosa risponderai? Pregherai?