Sfidati a tavola - Luca 14,1-24

Predicatore: Leonardo De Chirico

Leggendo questo testo, mi è tornato in mente un musical che era molto popolare quando ero bambino, nei primi anni Settanta: 

Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più
Se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu
Gli amici a questo servono: a stare in compagnia
Sorridi al nuovo ospite, non farlo andare via
Dividi il companatico: raddoppia l’allegria

Qui Gesù si trova a tavola ed è per lui l’occasione di mangiare, parlare, insegnare, sfidare, formare … insomma la tavola è un luogo di vita dove non si mangia soltanto o non si parla soltanto del più e del meno, ma si vive insieme masticando, gustando, bevendo, ascoltando, condividendo, facendo della tavola uno spazio denso e un tempo profondo. Vorrei che le nostre tavole fossero luoghi così ricchi di relazioni e non di evasione; luoghi dove il sapore della vita impegna i nostri apparati gustativi e i nostri dispositivi culturali e spirituali. Gesù riabilita la tavola come luogo di crescita spirituale oltreché famigliare e corporale. Intorno alla tavola ci sono domande che Gesù ci fa sfidando il nostro modo di vivere. Eccole: 

1. Fai del bene sempre?
Gesù riceve un invito a pranzo in giorno di sabato (v.1). Ad un certo punto, una persona malata entra in scena. Non si sa se sia anche lui un invitato, ma comunque c’è qualcosa che attira l’attenzione: è la sua malattia. E’ idropico, ha la pancia piena d’acqua. Tutti vedono che è malato. Cosa fare? Fare finta di niente? Andare avanti a mangiare come se nulla fosse? No, Gesù non ci sta. Pone ai suoi commensali una domanda teologica: si può fare del bene in giorno di sabato (v.3)? Il sabato è una vecchia questione che Gesù aveva già affrontato (cap. 4 e 6) e su cui era stato contestato. Ora viene riproposta. Per Gesù il sabato doveva impedire che l’ingratitudine al Signore prevalesse e che il lavoro occupasse tutto il tempo, fagocitando il riposo. Non era una questione di imporre delle regole per non fare, era piuttosto un giorno in cui celebrare il Signore e il lavoro svolto. Qui c’era una persona malata e bisognosa che si era avvicinata a Gesù: si sarebbe mostrata ingratitudine al Signore in caso di guarigione? No. Si sarebbe dato spazio improprio all’idolo del lavoro di occupare anche il tempo del riposo? No. Per Gesù l’obiezione di non fare del bene in giorno di sabato era pretestuosa, inconsistente. Infatti, lo prende per mano e lo guarisce (v.4). Il punto che vuole sottolineare è che è sempre tempo per fare del bene. Non è mai sbagliato fare del bene. Si onora sempre Dio facendolo. Le nostre gabbie mentali, religiose o spiritualistiche che siano, se ci rendono insensibili o inoperosi, devono essere smontate alla luce dell’insegnamento di Gesù. Gesù vuole che di giorno, di notte, di domenica, di lunedì, siamo pronti a fare ciò che è giusto fare: il bene dell’altro che dà gloria a Dio. Gesù l’ha fatto con noi e per noi. Rimarremo insensibili noi? 

2. Hai una visione sobria di te?
Al pasto Gesù non era il solo invitato. Altre persone arrivano e prendono i posti. Evidentemente non erano stati assegnati. Come ci si mette a tavola riflette un ordine sociale: ci sono posti per le persone più anziane o ragguardevoli o titolate. La tavola riproduce un certo ordine sociale. Una tavola con i posti da assegnare è un esercizio che mette alla prova chi crediamo di essere, la nostra autostima. Gesù osserva che tutti avevano la tendenza a occupare i primi posti (v.7), pensando di essere importanti, celebrità, persone da tenere in alta considerazione, certamente più degli altri. Cadiamo tutti in questa tentazione: quella di pensarci più grandi di quanto siamo, di avere una concezione di noi sovradimensionata, comunque più dilatata di quello che dovrebbe essere. Gesù ci invita a stare calmi, modesti, sobri. Ci invita a volare basso, a scegliere i posti non vistosi e semmai ad essere invitati da altri a prendere quelli più visibili (v.10). Noi siamo drogati di voglia di visibilità, voglia di essere riconosciuti, voglia di essere affermati. Il Signore ci dice di partire bassi, di non essere noi ad avere una troppo alta concezione di noi, di lasciare ad altri di invitarci a prendere un posto migliore. La nostra cultura della celebrità è solo l’ultimo capitolo di un lungo libro dell’arroganza umana. Gli amici di Gesù devono essere una comunità controculturale in cui non siamo autocentrati, ma centrati su Dio; non siamo pompati di eccessiva autostima, ma umili e dal profilo basso ed incrementale. Insomma, dobbiamo imitare Gesù che il Padre ha riconosciuto come suo Figlio dicendoci di ascoltarlo. Nel regno di Dio vige la regola che chi si innalza da sé sarà prima o poi abbassato e chi ha un concetto sobrio di sé sarà sicuramente riconosciuto da Dio e, a suo tempo, sarà anche innalzato (v.11). 

3. Sei motivato dal contraccambio divino?
E’ stato un pasto movimentato, ancor prima di mangiare! Eppure, Gesù vive questo pasto per insegnare ancora. Non solo l’ordine dei posti a tavola riflette un ordine sociale, ma la lista degli invitati rispecchia il mondo a cui ci sentiamo legati e da cui ci aspettiamo una forma di riconoscenza e/o di contraccambio. I legami sociali funzionano così: invitiamo qualcuno aspettandoci una qualche forma di ritorno. Gli antichi romani dicevano “do ut des”. Questa regola è scolpita nelle relazioni sociali. Gesù ci invita a non essere ristretti nel mondo in cui componiamo il nostro mondo e ad essere aperti a nuove e diverse relazioni. Per esempio, a fare del bene a chi non può immediatamente contraccambiare, a coinvolgere chi non è già dentro le nostre reti vicine, a mostrare attenzione a chi nella società è visto in modo sinistro ed è escluso: poveri, malati, diversamente abili, emarginati. Gesù ci invita ad allargare il nostro mondo, dicendoci che ci sarà comunque un contraccambio e un vantaggio. Non saranno le persone a darcelo, ma sarà Dio alla resurrezione finale dei morti a riempirci delle sue ricchezze benedette e ad accoglierci alla tavola del suo regno (v.14). Seminiamo il pane del vangelo con chi non può permettersi di dare niente, perché a suo tempo lo ritroveremo (Ecclesiaste 11,1). Facciamo il bene nel nome di Gesù a tutti perché tutto questo, anche se non notato da altri e anche se non avrà effetti immediati, sarà apprezzato da Dio e prima o poi sarà riconosciuto. E’ il contraccambio divino che conta davvero ed è l’approvazione divina che fa la differenza. 

4. Hai risposto all’invito?
A questo punto, qualcuno dei presenti dice: “beato chi mangerà pane nel regno di Dio!” (v.15); forse perché, pur essendo stato un pasto movimentato e pieno di sfide lanciate da Gesù, non si era ancora mangiato niente? Non lo sappiamo. Sappiamo però che Gesù racconta una parabola: quella della grande festa. Tutto è stato preparato e si preannuncia una grande cena (v.16). Partono gli inviti, ma un fenomeno strano si verifica: chi riceve l’invito accampa scuse per non andare: chi ha un impegno, chi è impicciato, insomma della prima lista degli invitati nessuno viene. Allora parte un secondo invito rivolto alle categorie di persone da cui non c’è da aspettarsi niente in contraccambio: poveri, emarginati, malati (v.21). Questi vengono, ma c’è ancora posto e l’invito è esteso anche ad altri. C’è una sorta di insistenza, quasi una forzatura imposta: “costringili ad entrare” (v.23). La tavola è imbandita, i posti sono numerosi, la festa sta per iniziare. Volete venire o no?

Ecco, il regno di Dio è questa festa: Dio stesso l’ha organizzata e preparata. Mandando Gesù a chiamare tutti al ravvedimento e alla fede, l’invito è stato fatto. Mandando lo Spirito Santo, l’invito è stato esteso alle estremità della terra. Tutto è pronto perché la festa inizi. Oggi questo invito ci raggiunge. Che farai? Lo accetterai e parteciperai quindi alla festa del regno di Dio? O, preso dai tuoi impicci del tuo piccolo regno decadente, ti escluderai mancando l’occasione più importante della vita? Per accettare l’invito si deve rispondere a quello che Gesù aveva detto all’inizio del suo ministero: ravvedetevi e credete all’evangelo! Oggi, se non hai ancora risposto all’invito di Gesù, è l’occasione buona per farlo. Potrebbe essere l’ultima. Non disperderla. Buona Pasqua a tutti.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.