Vita piena o pasticciata? - I pasticci che derubano la vita - Colossesi 2,16-23

Alla fine, è sempre una questione di cibo e di giorni. Lo era a Roma alla cui chiesa Paolo scrisse sapendo che la sua vita era dilaniata da un conflitto sul cibo e sui giorni (Romani 14). A Roma, alcuni pensavano che alcuni cibi fossero vietati, altri pensavano di poter mangiare tutto. Alcuni pensavano che il culto potesse tenersi solo di sabato, altri pensavano che la chiesa potesse incontrarsi quando possibile in un giorno qualsiasi. Cibo e tempo sono i due temi che stavano spaccando la chiesa di Roma. Una cosa simile accadde a Corinto dove sul cibo c’era stato un scontro durissimo tra chi sosteneva la possibilità di mangiare tutto (compreso le carni vendute presso i tempi pagani) e chi invece credeva che solo il cibo kosher potesse essere mangiato (1 Corinzi 10,23-33).

 

A Colosse stava accadendo una cosa simile. La chiesa era frequentata da persone che stavano dicendo che per ricevere la pienezza di vita, per vivere pienamente, per essere veramente riempiti, bisognava darsi delle regole ferree, soprattutto per quanto riguarda il cibo e l’uso del tempo. Si trattava di una truffa figlia di tradizioni umane. Paolo la denuncia come tale e gli contrappone la via della pienezza della vita: noi abbiamo tutto e pienamente se viviamo sotto il Capo, Gesù Cristo, nella palestra della chiesa composta da tante membra viventi.

 

1. Pieni di regole, immersi nell’ombra
“Nessuno vi giudichi quanto al mangiare e al bere o rispetto a feste, noviluni o sabati (v.16). Ecco che anche a Colosse era scattata la sindrome del cibo e del tempo che si traduceva in comandamenti come “non toccare, non assaggiare, non maneggiare” questo cibo (v.21). C’era una lista di cibi proibiti. In più, la vita piena era associata al rispetto di giorni e stagioni particolari. C’era un calendario prefissato in cui alcuni giorni erano considerati sacri e che dovevano essere rigorosamente rispettati. Chi avesse voluto vivere pienamente avrebbe dovuto sottostare alle regole alimentari e ai ritmi del tempo imposti.

 

Paolo non dice che il cibo non conta niente e non dice che il modo in cui viviamo i tempi della nostra vita è irrilevante. No. In altre lettere dice che il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo (1 Corinzi 6) e dobbiamo vivere il nostro essere corpi come un sacrificio vivente (Romani 12,1). Avendoci uniti a Cristo e riempito di Spirito Santo, Dio si aspetta che noi viviamo il nostro essere corpi (quindi anche come ci alimentiamo) in santità e onore (1 Tessalonicesi 4,3-4). Il presupposto è essere pieni di Cristo e quindi ordinati nel mangiare. Inoltre Gesù aveva reso puro ogni cibo (Marco 7,19) e la lista di cibi proibiti era stata abolita. Con Cristo e in Cristo, pienamente Dio e pienamente uomo da cui riceviamo la vita piena, si può mangiare tutto e di tutto. Quelle restrizioni erano ombre temporanee in attesa di essere illuminate da Cristo. Ora che Cristo è venuto, non hanno più senso.

 

Le persone a Colosse che volevano imporre restrizioni sui cibi, invece, non avevano fatto i conti con la pienezza di Cristo che aveva acceso la luce. Volevano vivere ancora nell’ombra, stare al buio, come se Cristo non fosse venuto. Volevamo mantenere lo stato d’ombra permanente; volevano cercare di spegnere la luce nelle vite. Sì, ammantavano i loro discorsi di “umiltà”, di “sapienza e austerità” (v.23) o addirittura includendo il culto degli angeli (v.18), ma le loro motivazioni erano vane, pretestuose, arroganti. Non si presentavano come contestatori degli impegni religiosi; anzi volevano imporre più regole. Volevano la pienezza della vita grazie alle regole, non grazie a Cristo. Volevano arrivare alla pienezza tramite l’osservanza di diete e di calendari, non grazie alla fede in Gesù Cristo. Volevano vivere immersi nell’ombra e non venire alla luce di Cristo.

 

Vi è sempre stata questa tentazione nella chiesa e nel mondo: stare al buio pieni di regole e di divieti ma senza vita e senza luce; seguire soffocanti codici di comportamento senza una relazione vitale con Cristo; scambiare la vita cristiana con una serie di precetti. Se Cristo non riempie la vita, non saranno pratiche religiose o diete o calendari particolari a sostituirlo. Solo Cristo dà pienezza alla vita. Il resto segue. La tua vita è al buio della religione o alla luce di Cristo? Ti attardi a voler rimanere nell’ombra o vuoi scoprire la luce di Cristo?

 

2. Pieni di sostanza, membra del corpo
Paolo è critico nei confronti di questa proposta fallace di pienezza. E’ una proposta regressiva e fuorviante. Non solo mette in guardia, ma presenta l’alternativa: la vita piena in Cristo che riceve la pienezza da Lui, la gusta e la esplora.

 

Come si ha una vita piena allora? Se non sono le regole sui cibi o sui giorni a riempire veramente la vita, chi la riempie? Ecco la risposta: per avere una vita piena bisogna essere uniti al Capo, cioè Cristo (v.19). Cristo ha il primato su tutto ed è il Capo della chiesa. Lui pienamente Dio e pienamente uomo è a capo della comunità di coloro che, morti e risorti con Lui, sono uniti a Lui e tra di loro. Il loro capo non è un insieme di regole religiose, ma una Persona vivente. La loro vita non è un codice morale, ma il Signore vivente che ha riscattato la vita. Il loro cammino non è indipendente e autonomo, ma dipendente dal Capo da cui hanno ricevuto grazia su grazia e con cui è stata stabilito un rapporto personale. Questa è la vita piena: la vita piena di Cristo in noi, seguendo Lui, ubbidendo a Lui, attenendoci a Lui. Senza Cristo, fuori di Cristo, lontano da Cristo, non c’è vita piena, ma solo ombre, anzi solo tenebre. Se sei lontano da Cristo, sei lontano dalla vita. Se sei scettico su Cristo, sei scettico sulla vita. Se non ti attieni a Cristo, se fuori dai binari della vita. Se sei freddo rispetto a Cristo, sei gelido rispetto alla vita. Se Cristo non è la tua pienezza, non ci sarà nessun altro che la riempirà. Lui è la pienezza di Dio che inonda la vita di chi lo confessa come Signore e Salvatore!

 

Essere unito a Cristo significa essere membra di un corpo che è la chiesa (v.19). Non si è uniti a Cristo se non si è parte di una corpo e non si può essere membri della chiesa se non siamo uniti a Cristo. C’è un capo (Cristo) e c’è un corpo (noi). Le membra sono congiunte, solidali, intrecciate e collegate tra loro in modo da formare un organismo che progredisce e cresce. C’è pienezza di vita in Cristo e quella pienezza è donata alla chiesa a cui tutti i credenti partecipano.

 

Non c’è vita piena senza Cristo e fuori dalla chiesa. E’ nel corpo della chiesa che la vita piena in Cristo viene vista, sperimentata e realizzata. E’ nella vita della chiesa che il mio e il tuo contributo possono essere moltiplicati per l’onore di Dio e il bene del prossimo.

 

Non solo le regole a farti cristiano e non è l’appartenenza formale ad una chiesa a renderti tale. E’ l’unione con Cristo e l’appartenenza alla chiesa a fare della vita un dono ricevuto che, salvato da Cristo, si spende per la crescita di tutti. Come Paolo dice al cap. 1,28, la sua ambizione era di veder crescere e maturare ciascuna persona membro della chiesa. Non essere un osservatore della chiesa, ma un membro di essa, dove Dio ti chiama ad esserlo. Non fare da spettatore del corpo ma sii attore e attrice del corpo. Unito a Cristo, in comunione con la chiesa, la vita sarà piena. Altroché regole sul cibo e sui giorni: solo uniti a Cristo e nella chiesa, potremo mangiare, bere, festeggiare, riposare, lavorare, adorare, fare tutto alla gloria di Dio!


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.