Presi da spirali di male - 2 Samuele 13

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

Il 25 novembre è stata la giornata contro la violenza sulle donne, una piaga tragicamente diffusa nella nostra società. In questo brano abbiamo la storia di uno stupro di una donna da parte di un uomo prepotente. Questo atto gravissimo è preceduto da una spirale crescente di male che non è stata fermata in tempo e che, dopo lo stupro, continuerà ancora a salire fino a portare ad un omicidio. In questa storia gli effetti del peccato non sono presi sul serio, non sono fermati, vengono lasciati scorrere fino a diventare una marea devastante. Un piccolo sasso che, lasciato cadere, diventa una valanga.

Nella storia si sono verificate troppe falle: in momenti importanti e da parte dei protagonisti, ci sono stati fallimenti nella regalità. Vi è stata sottovalutazione del peccato e superficialità nel considerare il suo potere distruttivo. Noi siamo costantemente posti davanti alla medesima sfida: quella di vigilare e di opporre il regno di Dio al regno del male. La regalità è una responsabilità che, nella chiesa, svolgiamo insieme, ognuno per la propria parte, ma in collegamento gli uni altri. E se nella rete della regalità ci sono dei buchi, ecco che il peccato passa e produce disastri. Vediamo come. 

1. Quando il peccato viene vezzeggiato
La storia parte con l’innamoramento di Amnon nei confronti di Tamar (v. 1). È una storia senza futuro: Amnon e Tamar sono fratello e sorella (figli dello stesso padre ma non della stessa madre). È qualcosa da fermare subito. È un amore malato in partenza. Eppure Amnon non lo ferma, anzi si lascia appassionare sempre più fino ad ammalarsi (v. 2). Qui c’è il primo bug della regalità. Invece di fermare subito un sentimento peccaminoso, Amnon lo alimenta. Quante volte anche noi accarezziamo il peccato invece di chiudergli la porta in faccia e cacciarlo! Se avviene, è un atto mancato di regalità o meglio è un atto di regalità malata.

Chi è al suo fianco, l’amico Ionadab, invece di esercitare regalità e quindi di aiutarlo a fermarsi, diventa complice della sua passione malata. Escogita un piano per far venire Tamar a casa e per fare stare Amnon e lei da soli in casa (v. 5). Che idea folle! Invece di essergli amico e di fermarlo, Ionadab ingegna un modo per portare Tamar come preda. Qui c’è il secondo buco di regalità: Amnon non ferma il peccato, Ionadab addirittura crea un’occasione per sfogarlo. Entrambi hanno flirtato col peccato. Entrambi lo hanno vezzeggiato. Hanno giocato col peccato pensando di poterlo controllare. Che disastro! Il peccato è come uno tsunami che, se non fermato in tempo, spazza tutto.  

La cosa è talmente seria che il Signore Gesù, in un insegnamento forte sulle tentazioni sessuali, dice che se la mano ci fa peccare, meglio tagliarla; se l’occhio ci fa peccare, meglio cavarlo (Matteo 5,29-30). È un linguaggio iperbolico, ma il punto è che non si scherza col peccato. O svolgiamo regalità nel mettere argini e nel fermarlo, o ci facciamo sopraffare dal peccato. È anche facile contornarci di pseudo-amici come Ionadab che, invece di aiutarci a fermare tutto, ci incoraggiano a flirtare col peccato sino a cadere in modo rovinoso.

2. Quando il peccato viene lasciato in sospeso
Purtroppo, la storia non finisce qui e i buchi della regalità si fanno sempre più larghi. Amnon abusa di Tamar. Viene compiuto uno stupro (v. 14). Il fatto viene comunicato a Davide che si arrabbia molto (v. 21). Il re Davide, fresco di uno stupro da lui stesso commesso, si arrabbia, reagisce emotivamente in modo forte. Eppure, alla rabbia non segue un provvedimento a favore di Tamar e contro Amnon. Tutto rimane dentro la rabbia, ma non si traduce in atti volti a ristabilire la giustizia e a trattare il peccato di suo figlio. Forse perché Amnon è l’erede al trono e Davide non vuole creare scandalo intorno a lui; forse perché la vittima è una donna che non ha un ruolo pubblico. Non sappiamo perché. Il punto è che Davide, oltre ad arrabbiarsi, non fa nient’altro. Il tempo passa (due anni, v. 23) senza che accada nulla. Davide lascia correre, lasciando la situazione in sospeso. Forse pensa che il tempo risolverà tutto. Che idea stupida! Il tempo non risolve niente se il peccato non viene trattato, confessato e se giustizia non è fatta. L’aveva vissuto già sulla sua pelle nei capp. 11-12, ma non aveva ancora capito questa lezione.

Il peccato non va lasciato in sospeso, non va nascosto, non vanno create zone della vita che siano fuori controllo rispetto alla regalità cristiana. Non vanno permessi nel nostro cuore dei territori di nessuno dove ogni tanto ci troviamo a passare col rischio assicurato di perderci. Nelle parole di Paolo agli efesini sentiamo la tensione a non far tramontare il sole prima di aver risolto le questioni in sospeso (Efesini 4,26). Non aspettiamo due anni, riconciliamoci subito, confessiamo subito, separiamoci subito dal peccato. “Oggi” non indurire il tuo cuore, ma per grazia di Dio, apriti ad un cammino di ravvedimento per ristabilire una regalità in salute. Il tempo non risolve niente, ma incancrenisce. Solo la confessione del peccato, il ravvedimento del cuore e la pratica della giustizia possono fermare la spirale del male.

3. Quando il peccato viene vendicato
Amnon e Ionadab hanno flirtato col peccato, Amnon ha abusato di Tamar, Davide si è arrabbiato ma ha lasciato tutto in sospeso. Purtroppo, se non fermata da interventi regali, la spirale del male va avanti. La regalità omessa porta alla crescita del peccato commesso. A questo punto rientra in scena Absalom. Il peccato di Amnon non è stato trattato da parte di nessuno e lui coltiva il rancore e la volontà di vendetta. Passano due anni. Apparentemente niente succede, ma sotto le ceneri la brace della vendetta è ben accesa. Come Amnon aveva trovato un sotterfugio per incastrare Tamar, così Absalom crea un sotterfugio per vendicarsi di Amnon. Amnon pensava di essere furbo, Absalom è più furbo ancora. E la spirale del peccato dilaga.  

Quando si creano occasioni per il peccato ci si mette su un pendio scivoloso che porta sempre più fuori strada. Visto che nessuno ha ripreso Amnon e ha trattato l’abuso subito da Tamar, Absalom agisce da solo con l’arma della vendetta e uccide il fratello. A un abuso segue un morto. A uno stupro, un omicidio. La vendetta personale non è mai la soluzione ai problemi. Il Signore ci insegna a non fare le nostre vendette (Romani 12,19), ma a cercare giustizia nelle sedi opportune e, se non è possibile riceverla in modo soddisfacente, lasciare a Dio di eseguirla.

4. Quando il peccato viene denunciato
Sin qui non abbiamo parlato di Tamar. Lei è la vittima di questa bruttissima storia. Lei subisce la violenza di Amnon che prima la ama poi la odia, lei cade nella trappola ordita da Ionadab, lei patisce anche l’immobilismo di Davide che non fa niente per fermare Amnon e per ripagare Tamar. Tutti gli uomini intorno sono dei pessimi re. Il re in carica è stato evasivo, l’erede un uomo irrisolto e violento, il secondo nella successione è un uomo arrivista e collerico. Lei è l’unica che nella storia subisce una violenza, ma fa una cosa giusta. Non ha potuto fermare la violenza contro di lei, ma fa una cosa decisiva: una coraggiosa azione profetica (v. 19). Tamar denuncia il male, non ci sta a seppellirlo nell’indifferenza, lo espone pubblicamente, si straccia il vestito e grida a squarciagola. Tutti devono sapere. L’urlo deve arrivare a tutti. Nessuno può mettere la polvere sotto il tappeto. Non c’è niente che rimarrà nascosto. La verità dovrà essere detta. Qualcuno dovrà pagare. Per il momento Tamar subisce e denuncia. Le figure regali intorno a lei hanno tutti fallito, le è rimasta la voce profetica. Quello di Tamar può essere il tuo grido: “qualcuno dovrà fare giustizia di tutta questa violenza!”

Quel grido è stato ascoltato. Forse non dalle persone intorno, ma da Dio sicuramente. Dio ascolta il grido di quelli che lo invocano (Salmo 34,6). Quel grido profetico di Tamar è stato ascoltato. A suo tempo, il Padre ha mandato il Figlio, Gesù Cristo, per essere il Re giusto e l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Chi crede in Lui sa di essersi affidato al Padre, giusto Giudice, al Figlio, l’avvocato migliore, e allo Spirito Santo, il potente consolatore. Che la nostra regalità non abbia buchi come quelli riscontrati in questo capitolo ma che tratti il peccato in modo tempestivo e giusto e ascolti il grido di chi soffre intorno a noi portando la speranza di Gesù Cristo. 


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.