Per prepararti alla transizione - 1 Samuele 10:17-27

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

Cosa pensereste di uno spettacolo in cui l’ospite d’onore è annunciato con grande entusiasmo: “ed ecco a voi …” ma, pur chiamato, non esce. Tutti sarebbero imbarazzati. E’ proprio quello che è successo dopo che Samuele aveva annunciato al popolo che Saul sarebbe stato il loro re, ma Saul invece di presentarsi davanti a tutti si era nascosto (10,22). Non è una partenza entusiasmante per un nuovo re. Non sarà l’ultima gaffe di Saul. Il regno di Saul è stato caratterizzato da molte gaffe e tante disubbidienze. Il re che il popolo voleva si sarebbe rivelato deludente. 

In questo capitolo ci viene descritta la transizione che si verificò tra il tempo di Samuele e quello di Saul, tra il tempo del profeta e quello del re. Questo passaggio non si verificò in modo istantaneo e completo. Piuttosto si attuò attraverso una fase fluida, con tante tappe intermedie. Dio continua ad essere il sovrano anche dei tempi di transizione e di confusione. Dopo che Saul è stato unto re da parte d’Israele in una cerimonia privata, ora il suo regno diventa pubblico e tutto il popolo deve sapere che Saul è il re. Per questo Samuele convoca una assemblea pubblica in cui il nuovo re sia riconosciuto.

Cosa ci dice questo brano? Ci parla di un tempo di transizione, di passaggio, dove non è chiaro cosa sia succedendo e dove molte cose sono in divenire. E’ un tempo in cui le torte non si cuociono bene, un tempo in cui i programmi non sono definiti, un tempo di incertezze, un tempo di cambiamento. Non è chiaro cosa stia succedendo. Dio sta preparando alcune cose importanti per te, ma non ci sono tutti i dettagli disponibili ancora. Qualcosa si sta costruendo ma con molte cose ancora indefinite. Cosa si fa nelle fasi di transizione? Ci sono tre cose cui essere dedicati quando Dio sta preparando qualcosa, anche se non ancora del tutto chiaro cosa e anche se ci sono tanti interrogativi aperti.

1. Fai bilanci realistici

Raccolto il popolo in assemblea, Samuele fa un discorso duro, scomodo, da vero profeta di Dio (vv. 18-19). Invece di accarezzarlo e di intrattenerlo con delle barzellette, ricorda loro quanto Dio sia stato fedele all’impegno che si era preso e quanto loro siano stati invece infedeli nei suoi confronti. Dio li ha liberati dalla schiavitù d’Egitto dando loro libertà, ma loro hanno messo in discussione la guida di Dio al punto da voler trovare un altro modo di vivere. I veri profeti non nascondono mai la verità e non dimenticano il passato d’infedeltà; dicono cose che possono sembrare scomode, ma che sono vere. Mentre si prepara ad accogliere il re e ad iniziare una fase nuova della sua vita, il popolo non deve dimenticare la storia e non può essere superficiale. Nella transizione, deve ricordare da dove viene e fare un bilancio spirituale di dove si trova. Deve fare una fotografia della realtà. Deve dirsi la verità, deve rimanere umile, deve ricordare le pagine belle della storia che Dio ha scritto, ma anche gli scarabocchi e le macchie che loro hanno fatto. Avere un re come tutte le altre nazioni è stato un rigetto della guida di Dio e una ricerca di somiglianza agli altri popoli. Certamente Dio è in grado di trasformare quel proposito cattivo in una possibilità di benedizione, ma il peccato va sempre chiamato per nome, mai occultato. I problemi vanno sempre tenuti presente, mai nascosti. Le aree critiche vanno sempre ricordate, mai dimenticate.   

Non è facile fare bilanci realistici: dire le cose scomode e sentire cose scomode. Non è facile ricordare gli errori e mettere in guardia dai pericoli. Tutti vorremmo avere solo parole carine, di rinforzo, di approvazione; eppure Dio guida il suo popolo e noi tutti non solo tramite la carezza dell’incoraggiamento, ma anche tramite la memoria della nostra ribellione. Dire le cose scomode ma vere è una responsabilità profetica. Chi dice sempre e solo cose carine non è un profeta di Dio, ma è un falso profeta. Non dice la verità. Non parla a nome di Dio e per il nostro bene.

Se nella chiesa, con amore e con tatto, qualcuno ci ricorda il nostro peccato e le nostre aree critiche, non prendiamolo come un affronto contro di noi. Il fratello o la sorella sta svolgendo un ministero profetico. Se non vogliamo sentire le cose scomode, la chiesa non è il posto per noi. Mentre ci ricorda la fedeltà di Dio e la nostra infedeltà, la parola di Dio ci deve scomodare, mettere a disagio, aprire cose che vorremmo nascondere. Non c’è futuro senza verità, anche se dolorosa. Senza bilanci realistici non si fanno passi avanti.  

Similmente, nella città e nei rapporti con le persone il nostro ruolo profetico ci autorizza a dire le vere ragioni di cosa non va. Il problema fondamentale di Roma non è amministrativo o politico o economico: è spirituale. E’ una città religiosa ma senza Dio. Non ci sarà un futuro diverso per Roma senza Dio. Tutto ciò è scomodo da dire, ma è vero. Con amore e con umiltà, va sempre ricordato. 

2. Segui la Parola scritta

La prima cosa da fare in situazioni di transizione è ascoltare le cose scomode ma vere. Dopo questo, Samuele segue un metodo curioso per confermare Saul come re. E’ la volontà di Dio che Saul sia re ed è stato già unto; Samuele dunque estrae a sorte e, guarda caso, viene selezionata la tribù di Beniamino, la famiglia di Chis, la persona di Saul (vv. 20-21)! Non è affidarsi al caso, visto che Dio ha già scelto Saul. E’ un modo per rendere evidente a tutti la scelta di Dio. “Si getta la sorte, ma ogni decisione proviene dal Signore” (Proverbi 16,33). Alla scelta di Saul tutto il popolo festeggia con grida di gioia esclamando: “Viva il re” (v. 24). Finalmente, il loro progetto di avere un re diventa concreto. C’è un uomo in carne ed ossa che è stato scelto come re su di loro.

Tuttavia, Samuele non si lascia andare alla festa, ma da subito, mette in chiaro che l’autorità del re non è assoluta, ma sarà soggetta alla legge di Dio. Espone quindi la legge e la scrive in un libro in modo tale che sia osservata (v. 25). Il punto è che nel popolo di Dio nessuna autorità è assoluta, nessuna carica è sopra la legge di Dio, tutte le responsabilità devono essere svolte sui binari della legge di Dio. Le altre nazioni avevano sovrani che facevano quello che volevano, ma il popolo di Dio avrebbe avuto un re sottomesso alla legge di Dio. Ogni autorità viene da Dio ed è sottomessa alla sua legge. Se i pastori diventano abusivi, devono essere ripresi in base alla parola di Dio. Se i profeti diventano gratuitamente offensivi, devono essere redarguiti. Se i sacerdoti diventano infedeli, devono essere corretti con la Parola. Se il marito o la moglie, se il professore o il medico, se il sindaco o il compagno di classe o il collega diventato prepotenti, abusivi ed eccedono i limiti del loro ruolo, vanno ripresi sulla base della Parola di Dio.  A nessuno è permesso di fare qualcosa contro la Parola, sopra la Parola o senza la Parola. Il re fedele non fa di testa sua, ma ubbidisce alla Parola.

Saul non sarebbe stato un re fedele e, come tutti i re, avrebbe avuto la tentazione di fare di testa sua abusando del suo ruolo. Per questo, la Parola scritta doveva essere una difesa, una protezione dagli abusi e dai deliri del potere, per ricordare che ogni responsabilità data da Dio è soggetta alla Parola di Dio. Se Dio ci chiama a qualche responsabilità non è mai assoluta, ma sempre sottoposta alla Parola. Per questo dobbiamo sempre leggere ed assimilare la Parola di Dio: per svolgere bene la nostra chiamata, per non uscire dai limiti di tutte le autorità, per capire la mente di Dio e discernere la sua volontà.

3. Accetta le tue responsabilità

Saul è un re strano. Viene scelto da Dio, unto da Samuele, riconosciuto dal popolo. Quando, finalmente, tutto è confermato, lui si nasconde (v. 22). E’ ancora un passo indietro rispetto alla volontà di Dio. Ormai sa che è stato chiamato a svolgere questo ruolo, ma fa fatica a stare al passo. Prova ancora a nascondersi. Non è umiltà, ma timore. Paura di non essere all’altezza. Si sente inadeguato ed impreparato. Lo vanno quindi a cercare per farlo venir fuori ed accettare la volontà di Dio per lui.

Nascondersi tra i bagagli è una tentazione per tutti noi. Stare un passo indietro, provare a non essere coinvolti, non abbracciare pienamente la volontà di Dio ma opporre resistenza passiva. Quando Dio ci chiama ad essere un popolo di re nel posto di lavoro, a scuola, a Roma, ci sentiamo inadeguati, pochi, isolati, deboli, fragili. Preferiamo stare nascosti, non esporci, non rischiare, rimanere anonimi. Fino a quando Dio ci richiama e ci dice: dove stai? Vieni fuori! Io ti ho chiamato, segui la mia Parola, io ti sosterrò. Non avere paura. Osa seguirmi. Io so quello che ho preparato per te e per voi. Non fuggire, ma abbraccia la volontà di Dio.

Saul si nascose, ma il vero Re, Gesù Cristo, non si nascose. Lui disse al popolo la verità: pentitevi e credete all’evangelo. Lui disse cose scomode ma vere. Il popolo non voleva ascoltarle, ma lui le disse comunque perché erano vere. Per essere una buona notizia, l’evangelo deve essere anche un messaggio scomodo. Lo hai fatto tuo?

Gesù Cristo, il vero re, seguì la volontà del Padre, la sua Parola. La sua volontà si intrecciò a quella del Padre, senza andare oltre e senza rimanere al di qua. Si sottomise sino al punto di dare la sua vita in sacrificio per il peccato. La tua volontà è sottomessa alla Parola d Dio o è ancora dura e rigida, pensando sempre di fare di testa tua?

Gesù Cristo, il vero re, compì la sua missione, senza reticenze o paure. Non si nascose, ma affrontò a viso aperto la sua chiamata. Roma è una città dove è possibile nascondersi e perdersi. Sei come Saul in mezzo ai bagagli, timoroso di uscire, o come Gesù che disse: “Ecco io vengo, desidero fare la tua volontà” (Salmo 40,7-8).