Il Signore ha liberato - 1 Samuele 11

 
 

Predicatore: Clay Kannard

Sei mai stato in una situazione difficile o pericolosa in cui sapevi di aver bisogno d’aiuto, però, per qualche motivo avevi troppa paura per chiederlo? Ti sei mai trovato disperatamente bisognoso di uscire da una certa situazione difficile in campo fisico, spirituale o emotivo, ma avevi troppa paura per chiedere aiuto? Perché a volte è così difficile chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno?

Penso che potrebbe essere per una serie di motivazioni. A volte le persone si vergognano troppo per chiedere aiuto perché non vogliono essere visti in angoscia. Vogliono mantenere un’apparenza forte davanti agli altri. Altre persone sono orgogliose e si vergognano di chiedere aiuto perché sanno che le loro stesse azioni sono la causa della propria crisi. Altre persone hanno paura di chiedere aiuto perché l’unica persona a cui potrebbero chiederlo ha buone motivazioni per non aiutarli, o perché già in passato non era riuscita ad aiutare gli altri quando gli veniva chiesto di farlo. A volte abbiamo troppa paura per chiedere aiuto agli altri per come siamo rimasti feriti in passato. Quello che succede spesso è che queste persone finiscono per fare altre decisioni sciocche per uscire dalla fossa in cui si trovano, solo per trovarsi in situazioni peggiori di quelle precedenti. Passano da un pericolo all’altro, o rimangono isolate in un bisogno disperato di aiuto. Credo che, in un modo o nell’altro, ci siamo stati tutti in una di queste posizioni. Questo è quello che vedremo continuando la nostra serie in 1 Samuele intitolata, “Cercasi Re”. Finora, abbiamo visto come Dio stava preparando il Suo popolo, Israele, per diventare una monarchia sotto il regno di un nuovo Re. Andando avanti, stiamo cercando di capire come noi, la chiesa, siamo stati chiamati a essere un popolo regale qui a Roma, vivendo e conducendo le nostre vite sotto il regno sovrano del nostro Re, Gesù Cristo.

Ora, se ricordate, Israele voleva un re perché sentiva le minacce delle circostanti nazioni ostili. Proprio la settimana scorsa abbiamo visto come Samuele avesse radunato la gente per nominare Saul come primo re di Israele. Tuttavia, quando è arrivato il momento di stabilirlo, il sipario si aprì, i riflettori si accesero e ... il palco era vuoto! Saul non si trovava da nessuna parte. Dov’era questo re? Si nascondeva fra i bagagli come un ragazzino patetico, debole e spaventato! Saul ha dovuto essere trascinato sul palco per essere nominato re. Era passato dall’inseguire degli asini a nascondersi fra i bagagli. Vi ricordate? Alla fine del capitolo 10 scopriamo che c’erano dei dubbi fra il popolo che si chiedeva se questo Saul dovesse essere re, o se sarebbe riuscito a liberare e a proteggere le tribù d’Israele dai loro nemici (10:27). Gli date torto?

Adesso, vedremo che è giunta l’ora di scoprirlo. Leggeremo la storia di un gruppo di persone che avevano disperatamente bisogno d’aiuto. In questo prossimo capitolo di 1 Samuele, capitolo 11, troveremo delle persone bisognose di salvezza dagli orrori del male, guarigione dalle ferite della discordia, e forza di vivere vittoriosi e liberi, proprio come lo aveva voluto Dio. Quello che stiamo per scoprire è che il Saul del capitolo 11 non è lo stesso Saul dei capitoli precedenti. C’è qualcosa di diverso in questo Saul. Perciò, apriamo le nostre Bibbie e leggiamo insieme 1 Samuele capitolo 11.

 

1.     Chiediamo aiuto contro gli orrori del male

Quello che abbiamo qui è la storia di due città. La prima città è quella di Iabes di Galaad. Erano stati circondati dal secondo nemico più grande della nazione d’Israele, gli ammoniti. Ora, gli ammoniti erano i cugini d’Israele, nati dal rapporto incestuoso fra Lot e le sue figlie (Gen 19:38). Il loro re, Naas, aveva circondato Iabes e stava minacciando la sua esistenza. In questa situazione disperata, gli anziani di Iabes avevano offerto di fare un accordo, un patto con gli ammoniti (1). Questo “patto” solitamente significava la resa, sottomissione all’oppressore, diventare schiavi, e pagare un tributo finanziario regolarmente. La risposta di Naas non era un “no” chiaro e tondo. Un accordo era possibile, ma significava che ogni persona del popolo di Iabes si sarebbe dovuta far cavare l’occhio destro (2). È una cosa prendere la libertà di qualcuno, un’altra cosa prendere i loro soldi, ma prendere l’occhio destro di qualcuno?! In verità ha un senso. In quella epoca i soldati entravano in battaglia coprendosi la faccia con uno scudo. Solo l’occhio destro sarebbe stato esposto. Prendere l’occhio destro di questo popolo avrebbe assicurato che non si sarebbero ribellati. Lasciare l’occhio sinistro avrebbe assicurato che sarebbero stati schiavi capaci di lavorare. Però quello che vorrei che noi vedessimo qui è che la motivazione primaria degli ammoniti era la completa umiliazione del popolo di Dio, e non solo del popolo di questa città particolare, Iabes. Volevano svergognare la nazione intera, metterli alla berlina davanti a tutti quelli che guardavano. Perciò ecco il popolo di Dio, faccia a faccia con gli orrori del male, e cosa hanno fatto? Si sono girati mostrando la pancia come dei cani in sottomissione. Non dice che hanno chiesto l’aiuto di Dio. Non hanno chiesto l’aiuto di Samuele, o di Saul, o delle altre tribù. Hanno semplicemente cercato di compromettersi con la minaccia che li voleva distruggere.

Perché lo avrebbero fatto? Penso che qui aiuterebbe un po’ di contesto storico. C’è una storia brutale e disgustosa dietro a questa storia qui, e la si può leggere negli ultimi capitoli di Giudici, 19-21. Durante il tempo dei Giudici, prima di Samuele e di Saul c’erano un Levita e la sua concubina che viaggiavano attraverso la città di Ghibea, la città di Saul. Si ritrovano nella piazza della città perché nessuno gli aveva offerto un posto dove riposarsi. Finalmente, un uomo li invita a casa sua, perché era pericoloso restare fuori di notte. Quello che succede dopo vi ricorderà la storia di Sodoma. Gli uomini della città si riuniscono davanti questa casa ed esigono che il Levita sia dato a loro, in modo da fargli cosa immorali e perverse. Quando il padrone della casa rifiuta le loro richieste, il Levita apre la porta e manda fuori la sua concubina.  La prossima mattina, il Levita apre la porta e trova lì distesa per terra la sua concubina morta, dopo tutto l’abuso che aveva ricevuto durante la notte. Poi taglia a pezzi la sua concubina morta e manda i pezzi alle 12 tribù d’Israele.

Vedendo e sentendo la malvagità che aveva consumato il cuore dei loro fratelli, le tribù d’Israele erano infuriati di rabbia giusta. Si unirono per formare un esercito, confrontare la malvagità di Ghibea e comandare che la tribù di Beniamino mandasse fuori i colpevoli in modo da servirgli la giustizia. Però, gli uomini di Ghibea erano sprofondati così tanto nella loro malvagità che hanno rifiutato di farlo e invece scelsero di combattere. Il risultato è stato un’intera guerra civile in cui quasi tutta la tribù di Beniamino è stata distrutta. Però durante il massacro, lo Spirito di Dio ha iniziato a muovere i cuori delle altre tribù con compassione, e decisero di non distruggere completamente la tribù di Beniamino. Però spostarono la loro esecuzione di giustizia su un’altra città, la città di Iabes di Galaad. Ma, perché? Perché quando tutto Israele si era unito per eseguire la giustizia contro la malvagità di Ghibea, Iabes di Galaad si era rifiutato di aiutare. Perciò le tribù d’Israele fanno fuori quasi tutta la popolazione di Iabes di Galaad, risparmiando solo 400 vergini. Poi nuovamente, estendono la grazia a entrambe queste città, lasciando che il popolo rimanente vivesse, permettendo le vergini di Iabes di Galaad di sposassero con gli uomini di Ghibea in modo da ricostruire la tribù di Beniamino. 

Ora, si capisce perché non avrebbero immediatamente richiesto l’aiuto delle altre città? Perché li dovrebbero aiutare quando loro non li hanno aiutati? Iabes di Galaad si era scordato della grazia che gli era stata mostrata. Si erano scordati della salvezza e liberazione che Dio gli aveva dato, anche quando non se lo meritavano. Forse si erano tenuti alla vergogna dei peccati dei loro antenati, e alla reputazione della città che non ha combattuto per la giustizia. Invece di chiamare Dio e il Suo popolo in aiuto davanti agli orrori del male, cercarono di compromettersi, cercarono un’alleanza con il nemico.

Fratelli e sorelle, quando ci troviamo davanti agli orrori del male, a chi chiediamo aiuto? Quando ci ritroviamo in lotta con il peccato che ci tenta, chiediamo aiuto a Dio, ed agli altri? Quando sentiamo la vergogna dei nostri sbagli passati e presenti, ci ricordiamo che siamo già stati liberati dalla grazia di Dio? O ci isoliamo? Cerchiamo di comprometterci? Come possiamo fare compromessi con il peccato?  Come possiamo stabilire un patto con il peccato? Ci caverebbe l’occhio destro, rendendoci incapaci di combattere, lasciandoci umiliati, distruggendo la nostra testimonianza nella città di Roma. Possiamo chiedere un aiuto da Dio ed agli altri! Quando siamo affrontati dagli orrori del male, chiediamo aiuto! E questo è quello che fece finalmente il popolo di Iabes di Galaad. In uno sforzo finale di cercare la redenzione davanti agli orrori del male, chiesero aiuto.

 

2.     Cerchiamo l’unità nel mezzo della divisione

La città di Iabes di Galaad chiese a Naas per sette giorni per vedere se qualcuno, chiunque, sarebbe venuto a salvarli. Messaggeri furono mandati a tutte le città delle altre tribù, e quando arrivarono a Ghibea di Saul, il popolo fu stato colpito profondamente nel cuore e alzò la voce e pianse (4). Perché avrebbero risposto con così tanta tristezza? Ricordatevi la storia di Giudici. Questi sono i loro parenti. Quando la loro tribù veniva incontro all’annientamento totale per le loro azioni malvagie, la Grazia di Dio li risparmiò e li preservò dandogli le vergini di Iabes di Galaad per far sì che la tribù di Beniamino potesse sopravvivere. Questo messaggio di disperazione viene dai loro parenti più vicini. Insieme, i loro antenati avevano condiviso la disciplina di Dio a causa del loro peccato e disubbidienza. Insieme, i loro antenati hanno sperimentato la grazia di Dio che li ha risparmiati dalla distruzione totale.

Ora, come al solito, Saul entra in scena senza capire niente di quello che stava succedendo. Quando il popolo dice a Saul quello che stava succedendo, succede qualcosa d’incredibile. Questo re appena nominato, che un capitolo prima si nascondeva fra dei bagagli, improvvisamente diventa un re coraggioso pieno d’ira giusta. Finalmente era pronto a risanare una nazione che era divisa sia fisicamente che spiritualmente; pronto a unire tutte le tribù sotto al suo regno regale; pronto ad andare alla salvezza di Iabes di Galaad per risparmiarli da vergogna e umiliazione certa; pronto a distruggere i nemici della sua nazione. Cosa succede? Qual è la differenza fra il Saul del capitolo 10 e quello del capitolo 11? La parola di Dio ci lo dice nel versetto 6. Era la potenza dello Spirito del Dio Onnipotente! È lo Spirito di Dio che unisce il Suo popolo! La soluzione al loro problema era l’opera dello Spirito.

Saul risponde tagliando a pezzi un paio di buoi e mandando i loro pezzi a tutte le tribù. Era il suo modo di dire, così saranno trattati i buoi di chi non seguirà Samuele e Saul per liberare Iabes di Galaad (7). Chi non si fosse sottomesso alla parola di Dio e al Suo re regale avrebbe affrontato la disciplina. Vediamo che il popolo temeva il Signore e si unì sotto al Suo nuovo re. Ora, so che il metodo Saul sembra un po’ inquietante e severo, però bisogna ricordare la storia dal libro di Giudici. Quando il popolo d’Israele ha ricevuto i pezzetti di bue, avrebbe ricordato la concubina, il loro peccato, il loro bisogno di liberazione, e la stessa grazia e misericordia che erano state mostrate loro in passato. Vedete, in mezzo ai conflitti della divisione, non potevano fare a meno di rispondere in sottomissione alla Signoria di Dio e del Suo re stabilito, e si unirono in uno. Le ferite che li dividevano era state guarite da un’opera dello Spirito.

Fratelli e sorelle, lo stesso vale per noi oggi. La potenza dello Spirito Santo del Dio Onnipotente ci ha uniti sotto la Signoria di Dio e al nostro Re stabilito, Gesù Cristo. Ci ha chiamati a essere uno (Gio 17:21-23). Come pregava e come prega Gesù per noi, noi dobbiamo pregare l’uno per l’altro, per l’unità sotto la Signoria di Dio. Come Gesù stende le braccia verso di noi nella nostra sofferenza, noi dobbiamo stendere le nostre braccia verso i nostri fratelli e sorelle nelle loro, in modo da aiutarci a vicenda, e per unirci per l’incoraggiamento dei nostri fratelli e sorelle bisognosi, per cercare la guarigione dalle ferite delle divisioni fra di noi. Quest’unità è possibile grazia alla Potenza dello Spirito Santo. È un’unità resa possibile dal nostro Re Gesù, il quale, quando eravamo separati da Dio, diede la Sua vita per i nostri peccati, per unirci a Lui attraverso il potere dello Spirito, e perciò uniti come il popolo regale di Dio. Stiamo cercando questa unità fra di noi? In una città piena di divisioni, il popolo di Dio ha bisogno di unità potenziata dallo Spirito. Nella nostra lotta contro gli idoli di questa città, abbiamo bisogno di questa unità potenziata dallo Spirito.  E possiamo accedere a questa potenza, perché attraverso il nostro Re, il Signore ha liberato il Suo popolo, UN popolo! Perciò, cerchiamo l’unità in mezzo alla divisione. Preghiamo per l’unità. Il nostro nemico amerebbe vederci divisi, in modo da distruggere la nostra testimonianza a Roma. Però, ricordate una cosa…Il nostro nemico è già stato sconfitto.

 

3.     Combattiamo perché la vittoria è certa

Questo ci porta al punto finale di stasera: Il Signore ha liberato! Perciò, combattiamo perché la vittoria è certa! Il resto del capitolo 11 descrive la salvezza di Iabes di Galaad e la distruzione della minaccia ammonita. Sull’unione delle tribù d’Israele, il loro nuovo re mandò un messaggio di speranza ai loro fratelli bisognosi. La città che aveva mandato un messaggio di disperazione, ora stava ricevendo un messaggio di speranza. Diceva, “La salvezza sta arrivando e arriverà prima che il sole sarà in tutto il suo calore” (9)! Gli uomini di Iabes erano pieni di speranza e fede nel loro re arrivante! I loro spiriti si innalzarono! Invece di arrendersi, erano pronti a combattere! Fratelli e sorelle, il nostro Re Gesù ci mandò il suo messaggio di speranza, la buona notizia del Vangelo. Ci ha incaricati di un messaggio di salvezza e liberazione. Ci ha chiamati a essere i Suoi messaggeri, a portare questo messaggio di speranza, non solo a coloro che non Lo conoscono, ma anche continuamente a noi stessi. Questo messaggio della salvezza di Dio porta incoraggiamento! Ci da speranza in mezzo alle nostre sfide, alla nostra vergogna, e nelle stagioni difficili della vita. Sei un messaggero fedele?

Poi, nel un atto furbo, gli anziani di Iabes dissero agli ammoniti, domani verremo da voi, e potrete fare a noi quello che volete (10). Contenti di ricevere questo messaggio, abbassarono la guardia, e quello che è successo il giorno dopo era qualcosa di devastante. Il nuovo re d’Israele, pieno dello Spirito, guidò il Suo popolo in battaglia, e insieme agli uomini di Iabes di Galaad, distrussero completamente i loro nemici.  Proprio come Saul gli aveva detto, la minaccia era sconfitta prima che il sole avesse raggiunto tutto il suo calore. Pieno dello Spirito di Dio, il nuovo re d’Israele aveva guarito un popolo diviso, aveva unito le tribù sotto il suo regno regale, e aveva distrutto il nemico d’Israele! Similmente, fratelli e sorelle, le opere dello Spirito attraverso il nostro Re, Gesù Cristo, ha fatto lo stesso per noi. Ha distrutto il nostro nemico dando la Sua vita come un sacrificio perfetto. Per fede in Cristo e nella Parola di Dio, lo stesso Dio che causò la venuta dello Spirito su Saul, ci darà il potere di restare fermi nei giorni malvagi di guerra spirituale, e ci userà per portare la stessa salvezza ad altri, dicendo, Il Signore ha liberato! Il nostro Re ha vinto! La vittoria è già fatta! 

Nel versetto 12, alla fine della storia, alcune persone volevano uccidere quelli che avevano messo in discussione la guida di Saul. Questo re Saul però non lo avrebbe permesso, perché Dio aveva compiuto la salvezza di Israele. Anche se lo meritavano per la loro ribellione, il Re li risparmiò in un atto di grazia. Quindi, per le volte in cui falliamo, c’è sempre la grazia di Dio.

Vorrei concludere chiedendovi, in quale città vi trovate stasera? Forse state in Iabes di Galaad, un posto disperato, sotto l’assedio del peccato o difficoltà, isolato e lontano da ogni speranza. Forse sei tentato di scendere a patti con il tuo peccato, di compromettere la tua fede in Dio per trovare un po’ di “pace”. Nonostante la causa o la difficoltà, chiameresti per aiuto? Ti pentiresti dei tuoi peccati e ti sottometteresti a Cristo come il tuo Re? Se hai bisogno di aiuto per farlo, vieni a parlarci dopo il culto. Vogliamo che tu sappia che Dio ti offre la liberazione attraverso la fede nel nostro Re Gesù e le opere del Suo Spirito.

Forse stasera ti trovi a Ghibea, consapevole delle lotte di quelli intorno a te, affrontato con l’opportunità di seguire l’unità e la guarigione fra il popolo di Dio, equipaggiato con il messaggio di speranza che Dio ci ha liberati. Pregheresti per, e cercheresti l'unità in mezzo alla divisione? Proclameresti il vangelo, come il suo messaggero a Roma? Combatteresti contro il peccato, per vivere nella libertà che ci ha dato, per rimanere fedele alla Parola di Dio e al nostro Re vittorioso?

C’è un altro posto menzionato in questo capitolo. Alla fine della storia vediamo il popolo riunito a Ghilgal per lodare Dio e mangiare un pasto insieme a Lui (14-15). Questo luogo è importantissimo. Perché? Perché Ghilgal è il luogo in cui il popolo di Dio è arrivato quando arrivò nella Terra Promessa. Ghilgal è il posto dove Giosuè guidò il popolo una volta che finalmente erano entrati nella Terra Promessa. Con Giosuè, a Ghilgal rinnovarono il loro patto con Dio ed eressero 12 pietre, una per ogni tribù, come ricordo della fedeltà di Dio. Questo è il posto in cui il popolo si unisce alla fine del capitolo 11, per celebrare e condividere un pasto. Stando lì, uniti sotto al loro Re, guardando i simboli della fedeltà di Dio; simboli di grazia; simboli della loro alleanza con Dio; simboli della libertà e della vittoria che Dio li aveva dato, e lì Lo lodarono. 

Fra un paio di minuti, anche noi condivideremo insieme un pasto. Ha lo scopo di ricordare la fedeltà di Dio verso di noi; simboli della Sua grazia; simboli della nostra alleanza con Lui, della libertà e della vittoria che ci ha dati in Cristo, il nostro Re. Invece di 12 pietre, possiamo guardare questo tavolo, e possiamo guardarci intorno, ricordando le storia di come Dio ha lavorato nelle nostre vite, ricordando che attraverso il potere dello Spirito e del nostro Re Giusto, Dio ci ha liberati. Breccia di Roma, siamo il Suo popolo regale. Gesù disse in Luca 11:13, “quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” Chiediamolo! Attraverso il potere dello Spirito Santo, chiediamo l’aiuto contro gli orrori del male. Il Signore ha liberato! Attraverso il potere dello Spirito, cerchiamo l’unità in mezzo alla divisione. Il Signore ha liberato! Attraverso il potere dello Spirito, combattiamo per onorare il nostro Re, la Sua vittoria è certa. Il Signore ha liberato!

-Clay Kannard