La spirale di una regalità malata - 1 Samuele 18,5-30
Predicatore: Leonardo De Chirico
Chi invidia qualcun altro ha sempre il coltello dalla parte del manico. Prima o poi si fa male, molto male. Da qui in avanti abbiamo un lungo racconto di come Saul sia stato corroso dall’invidia per Davide e di come la sua vita sia stata devastata dall’invidia. E’ stato come un cancro che lo ha colpito uccidendolo di gelosia. Una delle malattie della regalità è l’invidia. Sei invidioso di qualcuno? Vivi in perenne competizione con gli altri? Attento: qui c’è un campanello d’allarme per te.
Le responsabilità regali non si svolgono mai da soli, ma sempre insieme ad altri, come parte di una comunità in cui ci sono altri accanto a noi che Dio ha dotato di doni diversi. C’è solo un re, il Signore Gesù, ma anche Lui vive in una comunità col Padre e con lo Spirito Santo. Noi siamo una comunità regale: la famiglia che svolge le sue responsabilità, i colleghi con cui si collabora, il condominio in cui si abita, la nazione di cui si è cittadini, la chiesa di cui si è membri. La nostra è sempre una regalità condivisa e in relazione ad altri. In questo testo vediamo alcune dinamiche malvagie che possono distruggere una persona e un’alternativa per vivere una regalità guarita.
1. Dalla competizione all’eliminazione
Quello tra Saul e Davide non è il primo rapporto potenzialmente a rischio di invidia. Anna aveva accettato che la liberazione da lei invocata non l’avrebbe vista come protagonista, ma sarebbe stata portata avanti da suo figlio Samuele. Eli aveva accettato che la parola di Dio non fosse più data a lui, ma al giovane Samuele. Samuele aveva accettato che il futuro del popolo non sarebbe stato amministrato da lui, ma dal re Saul. Gionatan aveva accettato che non sarebbe stato lui il re, ma Davide. Insomma, nel libro di Samuele troviamo molti esempi di uomini e donne che riconoscono i doni di Dio negli altri e le posizioni a cui Dio eleva altri come passaggi positivi, da appoggiare e sostenere, senza invidie, recriminazioni o volontà di essere sempre al centro delle cose. Saul no. Saul vede Davide come una minaccia e un pericolo. E inizia una lotta continua contro di lui cercando di eliminarlo.
Si sente in perenne competizione per il fatto che le imprese di Davide vengono celebrate in toni più festanti delle sue (v. 5). Invece di gioire per il fatto che Davide vinceva per il regno d’Israele, Saul soffriva perché vinceva più e meglio di lui. Non aveva più lo sguardo regale d’insieme, ma solo la competizione personale. L’insofferenza è così forte che dalla rabbia contro Davide passa al tentativo di eliminarlo. Per ben due volte, gli scaglia la lancia contro pensando di inchiodarlo al muro mentre Davide suona l’arpa (v. 11). Davide riesce a schivare questo tentato omicidio. Non riuscendo a ucciderlo, Saul comincia ad avere paura di Davide (v. 15). Alla rabbia unisce la paura entrando in una spirale infernale. Nel Medioevo si diceva “mors tua vita mea” (la tua morte, la mia vita). Saul pensa che la sua vita abbia bisogno della morte di Davide. Lo sai che il nostro cuore è capace di odiare e di uccidere (Marco 7,21-22)? Anche con la lingua si può uccidere una persona (Giacomo 3,8)!
2. Dalla manipolazione alla preparazione di trappole
Vedendo che, per il momento, il suo disegno omicida non ha successo, Saul cerca altre strade per combattere la sua personale battaglia contro Davide, usando altre armi a sua disposizione. Usa le sue figlie come oggetti di scambio. Promette in sposa Merab (v. 17) salvo poi cambiare idea (v. 19). Nel mondo antico i matrimoni venivano combinati anche per interessi vari e le donne venivano usate come merci di scambio all’interno di operazioni politiche. Qui Saul usa una sua figlia come pedina. Poi, dopo aver cambiato idea su Merab, acconsente al matrimonio tra Davide e un’altra sua figlia, Mical (v. 21). Anche Mical viene usata come pedina, ma questa volta Saul aggiunge una trappola per Davide. Stabilisce che il matrimonio possa avvenire solo dopo che Davide avrà ucciso 100 filistei (v. 25), con l’intento di esporlo così tanto alla battaglia da farlo cadere nelle mani dei filistei (v. 26). Saul congegna un sotterfugio per mettere Davide in una situazione di tale pericolo da rischiare la morte. Come il suo tentativo diretto di uccidere Davide fallisce, così anche la sua trappola a danno di Davide non ha successo. Davide riesce nell’impresa e sposa Mical (v. 28).
Quante volte anche noi mettiamo in campo strategie per colpire gli altri al punto da manipolare persone terze (usandole come oggetti) ed escogitare piani iniqui! Il nostro cuore è una fabbrica di disegni malvagi. Quando le responsabilità regali che Dio ci ha assegnato sono portate avanti nella spirale della competizione e dell’invidia, può succedere di tutto! Quante comunità, famiglie, gruppi di lavoro, chiese sono dilaniate da regalità malate di invidia e gelosia che ispirano dispetti e tranelli!
3. C’è un’alternativa?
Abbiamo già visto che il libro di Samuele ci dà anche esempi di persone che non hanno vissuto la presenza di altre persone come una minaccia, ma come una benedizione. Anna, Eli, Samuele, Gionatan e altri stanno lì a dimostrare che la regalità biblica è una chiamata comunitaria, non solitaria. Quando Dio onora una sorella o un fratello, è nostro compito riconoscere l’approvazione di Dio sulla sua vita (Romani 12,10), sostenerne il servizio, proteggerne la reputazione, incoraggiarne la crescita. Questa è la regalità guarita: quando riconosciamo i doni di Dio negli altri e mettiamo i nostri a disposizione del proposito di Dio. Quando smettiamo di considerarci in competizione e ci ripensiamo in relazione. Quando cessiamo di tramare trappole contro gli altri e costruiamo protezioni per gli altri e ponti con gli altri.
Tra l’altro, oltre ad essere patetica, l’invidia di Saul è controproducente e ottiene il risultato opposto a quello sperato. Infatti, il favore intorno a Davide cresce e si consolida tra il popolo (v. 16) e Davide si lega sempre di più alla famiglia di Saul. Gionatan, che sarebbe l’erede di Saul, è fedele a Davide; la figlia di Saul diventa moglie di Davide. Eroe del popolo, membro della sua stessa famiglia: l’esatto opposto di quello che Saul voleva! I nostri sotterfugi peggiorano la situazione, non la migliorano.
In questa storia, Davide ha Saul contro, ma può affrontare la prova perché il Signore è con Davide (vv. 12, 14, 28). Possiamo avere contro tutto il mondo, ma se Dio è per noi chi sarà contro di noi (Romani 8,31)? Se attaccati, non abbandoniamoci alle nostre vendette, ma fidiamoci di Dio e rimaniamo vicini a Lui.
Più avanti nella storia biblica, al contrario di Saul, Giovanni Battista non ebbe la sindrome della gelosia e dell’invidia di Saul. Pur essendo un profeta all’apice della sua carriera, quando vide Gesù arrivare, Giovanni disse: “Bisogna che lui cresca e che io diminuisca” (Giovanni 3,30). Era un profeta del Signore, secondo Gesù stesso il “più grande”; eppure accolse Gesù come l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, come il vero Israele, come il Figlio di Dio diventato uomo venuto per salvare i peccatori. Giovanni fece un passo a lato per far passare avanti Gesù e mettersi sulla sua scia. Così deve essere nella chiesa: Gesù è il nostro Re, tutti noi, come il suo corpo, siamo membri gli uni degli altri. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Corinzi 12,26). Vuoi vivere come Saul che cerca di ostacolare l’unto di Dio (Davide) senza peraltro fermarlo o come Giovanni Battista che riconosce il Figlio di Dio (Gesù Cristo) e si mette al suo servizio?