Bilancio di una regalità finita male - 1 Samuele 31,1-13
Predicatore: Leonardo De Chirico
Abbiamo appena concluso un anno e ne abbiamo iniziato uno nuovo. E’ la stagione dei bilanci dove si tirano le somme di quello che è stato. E’ quello che faremo con la regalità di Saul che è stato uno dei temi del libro di Samuele. Faremo un bilancio della sua regalità a partire dalla sua fine che ci viene descritta in questo capitolo. E’ un bilancio disastroso: partito con grandi attese e potenzialità, Saul si è avvitato intorno a dei passi falsi mai risolti, infine è crollato pezzo dopo pezzo fino alla débâcle. Nel fare il bilancio della regalità di Saul, cogliamo l’occasione per fare un bilancio della nostra regalità alla luce dell’evangelo. Ci sono tre voci che dobbiamo considerare e che ci aiutano ad avere una visione d’insieme.
1. Dal regno di Dio al regno mio
Saul era stato scelto per essere il re d’Israele: una piccola ma fiera nazione di donne e uomini che avevano fatto un patto con Dio, guidata da una legge scritta e ordinata intorno al culto di Dio per essere uno strumento di benedizione divina per tutta la terra. In quanto re avrebbe dovuto difendere il popolo dagli attacchi dei nemici e governarlo con giustizia in ubbidienza alla Parola di Dio. Questa era una altissima vocazione. Prima di diventare re, Saul era un anonimo giovane dedito a qualche affare minore come recuperare le asine di famiglia. Dio lo aveva chiamato ad estendere la sua visione, ad innalzare il suo profilo, ad allargare le ambizioni della vita. Dalla sua vita scolorita alla vocazione regale nel popolo di Dio. Prima di diventare re, Saul si nascondeva di fronte alle responsabilità; Dio gli diede invece di rappresentare la causa di una nazione davanti a re e popoli circostanti.
Avendo ricevuto questa alta chiamata di essere un servitore del regno di Dio, Saul l’aveva trasformata in un giocattolo personale. Dal regno di Dio era passato al regno “mio”. Ha iniziato a montarsi la testa, a credersi davvero speciale in sé stesso, a prendere ruoli che non gli spettavano, a comportarsi fuori dai binari della Parola che avrebbe dovuto essere la sua protezione.
Quando Dio ha fatto riconoscere Davide come re, Saul lo ha considerato un usurpatore che gli avrebbe tolto il suo giocattolo. Invece di assecondare i piani di Dio riguardanti il regno di Dio, si è arroccato sui privilegi del “suo” regno, come se fosse qualcosa di personale. Non era più Dio al centro, ma lui. Non era più la volontà di Dio, ma la sua a dominare. Il risultato di questo piano inclinato è quello che abbiamo letto: un re solo, sconfitto, perso, suicida. Quando non abbiamo più il senso delle cose di Dio, quando non pensiamo i pensieri di Dio dopo di Lui, quando non viviamo la volontà di Dio per noi, il nostro regno diventa piccolo piccolo e, alla fine, diventa una prigione che ci stritola.
Gesù un giorno disse: “Il mio cibo è di fare la volontà del Padre” (Gv 4,31-34). Per Saul, il suo cibo era diventato di fare la sua volontà e si è avvelenato. Nel nuovo anno, cosa vorrai fare tu? Vorrai essere al servizio del regno di Dio, pronto a svolgere un ruolo regale nella chiesa di Gesù Cristo e nella vocazione che Lui ti ha affidato, o metterai te stesso al centro pensando di essere il re e la regina della tua vita?
2. Dall’inizio promettente alle occasioni mancate
La seconda voce del bilancio della regalità di Saul ci parla di un’altra spirale discendente. La sua vita può essere rappresentata come una linea partita da un punto alto e scesa fino al punto più basso. Era partito bene, è finito male. Era partito vincendo battaglie, guidando l’esercito, svolgendo in modo decoroso le mansioni regali. Poi si è fatto prendere dalla frenesia e dalla gelosia che lo hanno divorato da dentro. Da essere al servizio del disegno di Dio, è diventato un suo nemico. Da essere facilitatore, ha assunto il ruolo di oppositore, intralciatore, disturbatore.
Per ben due volte Dio gli ha dato l’opportunità di riconciliarsi con Davide e di accettare che il regno passasse sulle spalle di Davide. Pur riconoscendo la giustizia di Davide che aveva risparmiato la sua vita, alla fine era tornato nel suo mondo governato dalla durezza del suo cuore e dall’opposizione al piano di Dio. Dio lo aveva chiamato a tornare alla vita vera; Saul aveva preferito rimanere nella sua bolla alternativa che alla fine è scoppiata.
Da un punto di vista morale, Davide non è stato un uomo migliore di Saul. Ha commesso simili peccati, anche gravissimi. La differenza è che Davide ha colto le occasioni di pentimento che Dio gli ha dato (es: Salmo 51). Ha sbagliato e si è pentito. Ha peccato e ha chiesto perdono. Saul no. Si è piuttosto indurito, irrigidito. Non ha colto le occasioni che Dio gli ha dato. Le ha disperse e sprezzate.
Molte traiettorie di vita di credenti sono come quelle di Saul. Partite bene con la conversione a Cristo e i primi passi nella fede, finite male in un grigiore decadente. Nel mezzo, le occasioni di riallineamento non sono state colte. I problemi non sono stati risolti. Le disubbidienze non sono state confessate e abbandonate. Le relazioni non sono state riconciliate. Le pratiche di vita non sono state riformate secondo la Parola di Dio. Il peso e le conseguenze del peccato si sono accumulati tanto da diventare pesi insopportabili. Molte vite sono irrisolte, irrequiete, instabili. E’ così la tua vita? Questo è il problema della regalità evangelica: come possiamo essere comunità regali in città complesse come Roma e nazioni stratificate come l’Italia se non siamo spiritualmente risolti e guariti come persone?
3. Dall’essere in rete alla solitudine mortale
Saul aveva trasformato il regno di Dio nel regno “suo” e non aveva colto le occasioni per rientrare nella volontà di Dio. C’è una terza voce nel bilancio della sua vita. Qui nel capitolo 31 muore solo, in compagnia di uno scudiero. La sua solitudine non è solo frutto di come si è svolta la battaglia, ma rispecchia il declino progressivo della sua vita.
All’inizio della chiamata Saul era con il profeta Samuele, in dialogo con lui. Poi c’erano i consiglieri del regno. Poi c’erano i sacerdoti. Poi c’era Davide a capo dell’esercito. Poi c’era Gionatan, suo figlio fedele e timorato. Poi c’era il popolo che non era stato in silenzio di fronte agli errori di Saul. Saul era in “rete”, nella compagnia del popolo di Dio, nelle dinamiche diverse di relazioni da cui imparare, su cui contare, dentro cui stare. Saul era protetto in questa rete e reso forte da questa rete.
Purtroppo Saul si è progressivamente isolato. Samuele si è allontanato da lui, Davide è stato cacciato, Gionatan gli è rimasto vicino ma senza parlargli, i sacerdoti sono stati uccisi, il popolo è rimasto zitto. Saul si è via via isolato al punto da rimanere solo. Allontanandosi da Dio, si è allontanato dal popolo di Dio. Dall’essere nella compagnia della nazione è finito per essere solo come un cane. Saul non ha più ascoltato nessuno, non ha accettato le riprensioni di nessuno, non ha cercato il consiglio di nessuno. Si è isolato ed è finito da solo.
Il primo libro di Samuele finisce in una sconfitta e in un cimitero. La scena è una di morte, disfatta e distruzione. Sembra di tornare al cap. 5 quando i filistei dominavano. Eppure il libro di Samuele non finisce qui. C’è un secondo libro e la storia continua. Mentre Saul muore, Davide vive. Mentre il regno di Saul finisce, il regno di Davide inizia ad essere stabilizzato. Mentre finisce l’età di Saul, decolla quella di Davide. Il capitolo 31 non è la fine della storia, ma solo la conclusione di un capitolo di quella storia. La storia di Dio continua: Dio continua a formare un popolo regale intorno ad un re secondo il suo cuore. Questo re sarà Davide, ma ancor più il “figlio di Davide”, Gesù Cristo, il Re dei re. Grazie al re Gesù e intorno al re Gesù, Dio Padre sta formando un popolo regale formato da persone che sono cittadini del regno di Dio, che sono persone guarite e risolte perché umili e ubbidienti e che vivono insieme come corpo fatto di molte membra. Solo grazie a Cristo e in vista di Cristo, i bilanci della nostra vita potranno essere diversi da quello di Saul. Buon anno a tutti!