Regalità sfidata - 1 Samuele 17,1-30
Predicatore: Leonardo De Chirico
E’ una delle statue più conosciute al mondo. Nella scultura di Michelangelo c’è Davide che si appresta a sfidare Golia. Nel suo volto, c’è la tensione, la concentrazione, l’energia di chi è pronto alla battaglia della vita. Il libro di Samuele è pieno di conflitti e di battaglie: con i Filistei, con gli Amalechiti, ecc. L’esistenza del popolo di Dio non è mai in pace. La sopravvivenza stessa del popolo era sempre minacciata. In questa storia, la minaccia viene da un soldato gigante che sfida ad un combattimento corpo a corpo un soldato scelto da Israele. Questa sfida crea paura e angoscia nell’esercito di Saul. Nessuno sembra in grado di farvi fronte.
Stiamo leggendo questo libro per imparare ad essere una chiesa regale, cioè ordinata secondo la Parola di Dio, coesa, collaborativa, pronta a combattere per il Signore e il suo evangelo nella nostra città. In tutti i campi: a scuola, al lavoro, nella città, dove Dio ci chiama. E a tutti i livelli: personale, famigliare, sociale, nessuno escluso. Non dobbiamo nascondercelo: essere una comunità regale ci espone a dei conflitti spirituali. L’essere sale e luce del mondo significa essere sempre in combattimento contro l’avversario delle anime nostre.
La comunità regale è una chiesa che combatte non contro carne e sangue, non contro le persone, ma contro i principati, le potenze spirituali avverse che si oppongono alla volontà di Dio. (Efesini 6,12). Talvolta il conflitto assume una particolare intensità e ci espone a rischi enormi. Lo scontro con il gigante Golia è una storia che ci parla proprio di quando il conflitto sembra sopraffarci. L’avversario sembra invincibile, la paura è tanta, ci sono anche critiche interne. Come poter affrontare i “golia” della nostra vita? E soprattutto chi potrà affrontarli?
1. Avversari enormi
Intanto vediamo l’avversario descritto. Golia è un gigante, un colosso: alto tre metri, grosso, imponente (v. 4). Il suo fisico era enorme, molto più grande del normale. E poi era armato dalla testa ai piedi: elmo, corazza, lancia (v. 5). Una sorta di Hulk per di più armato. Una creatura sovrumana, oggettivamente molto più alta, potente, pesante, forte. Sin qui le battaglie erano state contro l’esercito filisteo, ma ora si presentava questo gigante.
Chi sono i nostri avversari spirituali? Abbiamo detto che non sono persone, ma sono potenze spirituali, fortezze che combattono contro Cristo. In 2 Corinzi 10,4 Paolo dice che sono forti, radicate, influenti. Sono modi di pensare e di vivere distorti, ribelli, disubbidienti. Pensiamo a Roma: chi sono i golia che ci sfidano? Sono culture che ci dicono che Dio non c’è e se c’è non fa la differenza: ognuno faccia quello che vuole. Sono culture che ci dicono che Dio c’è ma ci sono altri mediatori più vicini in caso di bisogno: ognuno deve impegnarsi a meritare il favore di Dio. Sono “golia” molto forti: hanno soldi, potere politico, influenza culturale. Di fronte ai poteri forti religiosi e secolari, chi siamo noi? Chi è la chiesa del Signore Gesù Cristo di fronte a questi “golia”? Noi ci sentiamo come cavallette davanti a questi giganti (Numeri 13,33), piccoli piccoli.
Quando sentiamo i nostri colleghi ragionare in modo contorto e obliquo, quando ci confrontiamo con strutture di potere ingiuste, quando ci misuriamo con modi di vita irresponsabili, chi siamo noi per affrontarli? Anzi, ci sentiamo minacciati da loro perché sono forti, attraenti, diffusi.
2. Paure inquietanti
La vita e l’ascolto della sfida di Golia crea inquietudine. Quando il gigante si affaccia e lancia la sfida, si crea panico (v. 11). Addirittura i soldati d’Israele scappano dalla paura (v. 24), vogliono andare altrove, trovare rifugio, non vedere e non sentire la sfida di Golia. Il re Saul che dovrebbe essere il capo dell’esercito è impietrito, i soldati scappano, tutti sono impauriti.
Affrontare i “golia” spirituali della nostra vita e della nostra città ci espone alla paura di soccombere, di non farcela, di essere di fronte ad una sfida tanto più grande di noi da correre seriamente il rischio di essere travolti. Di fronte alla paura, tanti credenti scappano dalle responsabilità, rimpiccioliscono il loro raggio d’azione, smettono di sognare e di esporsi, cercano un posto fuori dalla linea di battaglia. Quelli che dovrebbero essere re (come Saul) sono bloccati, gli altri sono impauriti.
Se prendiamo sul serio la nostra chiamata regale dobbiamo fare esperienza della paura e viverla con Dio. Dobbiamo imparare a “processarla” con lo Spirito Santo. Dobbiamo imparare a convivere con la paura dei giganti, senza scappare, ma vivendola con Dio. Più innalziamo il livello del conflitto, più si presenteranno “golia” enormi e più ci saranno paure. Israele scappò, cosa faremo noi?
3. Incomprensioni interne
Di fronte ad un re bloccato e un esercito impaurito, l’altro protagonista della storia è Davide. Suo padre lo manda a far visita ai suoi fratelli maggiori che sono soldati sul fronte ma anche loro bloccati dalla paura. Davide si muove con molta disinvoltura. E’ presente nel momento in cui Golia lancia di nuovo la sua sfida (v. 23) e vede in presa diretta i soldati d’Israele scappare. Il suo interesse alle vicende suscita sospetti e critiche da parte dei fratelli (v.28). Davide vuole capire e coinvolgersi, ma le sue domande sono scambiate per arroganza, per volontà di protagonismo, per ambizione personale. Non è così: Davide capisce che Golia non è solo una minaccia per Israele, ma è un insulto al Dio vivente (v. 26) e invita ad una rivolta morale contro la vergogna che questo gigante sta portando all’onore di Dio.
Cosa vuole dire tutto questo? Vuol dire che prendere responsabilità regali porta ad incomprensioni e anche a critiche interne. Ci saranno parenti, famigliari, amici, credenti che diranno: ma perché non cerchi il tuo benessere soltanto? Ma chi ti credi di essere? Ma perché non fuggi anche tu e cerchi la via più comoda? Voler prendere delle responsabilità regali nella vita espone anche a critiche interne che Dio usa per testare lo spessore della nostra chiamata e la profondità della dedizione.
4. Chi è pronto per la sfida?
La situazione sembra essere compromessa: c’è un gigante che sfida un re impaurito, un esercito che fugge, fatto di soldati che non hanno alcun coraggio. Però, c’è una domanda che rimane aperta. Saul aveva certificato il suo fallimento come re, ma aveva emesso un bando per la ricerca di un campione che avesse avuto il coraggio di affrontare Golia (v. 25). Chi avesse affrontato e sfidato e vinto Golia sarebbe stato ricoperto di onori e di gloria.
Ora, domenica prossima vedremo come Davide si candida per questa sfida e, per la grazia di Dio, la vince. Il punto però non è di sottolineare il coraggio di Davide o le sue abilità. Il punto è che questa storia ci parla della nostra impossibilità da soli di affrontare i “golia” della nostra vita e della necessità che un re veramente tale venga per affrontare i nostri “golia” e vincerli.
Nella trama della storia biblica nella sua interezza questo episodio anticipa l’arrivo di Colui che avrebbe affrontato il “golia dei golia”, il diavolo in persona e gli effetti del peccato per sfidarlo a viso aperto. Noi siamo incapaci, immobilizzati, ma Gesù Cristo è venuto per affrontare le potenze che sfidavano la signoria di Dio e tenevano l’umanità in schiavitù e in uno stato di paura. Gesù è venuto senza dare troppo nell’occhio e subendo la morte della croce. Il risultato però è stata la vittoria, il suo innalzamento, la sua gloria. Al vittorioso Saul aveva promesso sua figlia in sposa. Cristo ha da sé stesso per la chiesa al fine di prenderla come sposa e noi siamo la sposa del Re vittorioso mandata nel mondo per rappresentare la sua regalità su tutto.
Infatti, “Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti. Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti perché nessuno si vanti davanti a Dio. Ed è grazie a Lui che siete in Cristo Gesù che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione affinché come è scritto: Chi si vanti, si vanti nel Signore” (1 Corinzi 1,26-31). Le sfide sono tante e paurose, ma Gesù le ha vinte per noi. Per questo possiamo essere una comunità regale nel cuore di Roma.