Scelte vincenti per la vita - Luca 6,12-49
Predicatore: Leonardo De Chirico
Dobbiamo ammetterlo. Questo testo è come una specie di schiaffo in faccia. Intanto per il modo in cui questo gruppo di discepoli viene formato. Non sono loro che si scelgono a vicenda, ma sono scelti e si ritrovano insieme. E questo è strano per noi che siamo abituati a pensare di essere al centro del mondo e di essere noi quelli che prendono le decisioni. Invece è Gesù che, dopo aver pregato, li chiama e li mette insieme. Questa è la prima condizione di essere discepoli. Non siamo più noi a fare scelte in autonomia o in base alle nostre preferenze, ma siamo coinvolti in scelte che sono di Dio per noi e in cui noi entriamo. Se non accettiamo questa condizione, non possiamo essere discepoli. Chi vuole un cristianesimo fatto su misura dei suoi gusti, con persone affini e con tempi e modi a piacimento, non ha capito molto di cosa voglia dire essere un seguace di Gesù. La squadra dei discepoli è variopinta (vv. 14-16), così come la chiesa è diversificata al suo interno. Nel regno di Dio si trovano persone che non abbiamo scelto noi, ma che Gesù ha scelto per noi. Fidiamoci di Lui. Stiamo nella chiesa. Stiamo nella sua volontà. Riconosciamo che Lui sa meglio di noi cosa sia buono e utile.
La formazione del gruppo è solo il primo passo. Dopo averli messi insieme, Gesù insegna loro tre scelte vincenti per essere discepoli vivi e attivi, interpreti di una vita nuova nel regno di Dio. Siamo anche noi posti davanti a queste tre scelte decisive. Le vogliamo ascoltare?
1. Il giusto programma (vv. 20-26)
Il teologo evangelico John Stott ha definito questo testo il manifesto della “contro-cultura cristiana”. E’ il programma di vita del discepolo. Deve essere il nostro programma. Si rivolge a persone che, dal punto di vista del mondo, sono dalla parte “sbagliata”: sono poveri, affamati, piangono, non considerati. Gesù invece le chiama beati, felici. Dice loro che sono dalla parte giusta perché sono dalla parte di Dio. Essere dalla parte di Dio è quello che conta. In più, dice loro che c’è gioia nell’essere discepoli, che c’è un futuro per i discepoli, che c’è un premio per chi segue Gesù. Anche se siamo pochi o una minoranza o in un momento difficile della vita, siamo dalla parte giusta: quella di Gesù. Impariamo ad essere felici seguendo Lui. Scopriamo le risorse della contentezza cristiana nello stare insieme a Lui e tra noi. Guardiamo il mondo dalla prospettiva di Gesù. Se non facciamo così, la vita cristiana sarà spenta e remissiva perché proverà ad essere vissuta dalla parte sbagliata.
Gesù anche pronuncia dei “guai” nei confronti di chi pensa di avere il vento in poppa, ma agli occhi di Gesù sta andando a sbattere. Guai a chi ripone fiducia nella ricchezza, guai a chi pensa di essere arrivato, guai a quelli che non si curano dei dolori degli altri e pensano solo a divertirsi, guai a tutti gli influencer (di cui tutti dicono bene) che però vivono in modo deviante. Questi pensano di seguire il programma giusto (il loro!) ma ben presto saranno messi sottosopra e allora piangeranno. Solo il programma di vita del discepolo genera gioia perché è vissuta con Gesù e con gli amici di Gesù.
Qual è il tuo programma di vita? Insegue il successo di chi sembra avere successo, salvo poi trovarsi a mani vuote? O segue la contro-cultura del regno dove si impara a vivere la gioia del Maestro?
2. I buoni modelli (vv. 27-42)
La seconda parte delle istruzioni di Gesù ai discepoli riguarda le loro relazioni con chi non appartiene alla comunità dei discepoli. Vivere nel regno non significa isolarsi o allontanarsi o essere incapaci di avere rapporti con chi è fuori. Al contrario, siamo nel mondo di Dio come ambasciatori di Dio Padre e seguaci di Gesù Cristo. Gesù comanda ai suoi amici di amare i nemici, di essere resilienti nella privazione, di essere generosi nel rispondere alle richieste ricevute, di fare agli altri quello che vorremmo che gli altri facciano a noi. In una parola, Gesù comanda ai suoi amici di amare i nemici, non solo i membri del gruppo di discepoli, non sono gli amabili e gli amici, ma di amare i nemici. Non è un programma di fuga o di estraneità ma di coinvolgimento nel segno dell’amore: una cittadinanza attiva dell’amore. Se la nostra fede è passiva, lamentosa e intrattabile c’è un problema. Gesù ci dice che dobbiamo essere positivamente impegnati a costruire ponti d’amore. Ma come è possibile?
Nell’ordinare questo, Gesù presenta il Padre stesso come modello a cui guardare. Il Padre celeste è buono verso “gli ingrati e i malvagi” (v. 35); Lui è misericordioso verso tutti, anche i nemici (v. 36). Guardando al Padre, noi possiamo essere cambiati per imparare ad amare gli estranei. La misericordia del Padre non significa che tutti saranno salvati. Per essere salvati bisogna essere chiamati dal Figlio e rigenerati dallo Spirito Santo. La misericordia del Padre è la sua benevolenza verso tutti, la pazienza verso i peccatori, la non immediatezza del suo giudizio. Anche noi dobbiamo essere animati da benevolenza diffusa, pazienza verso il prossimo e non irascibilità nelle relazioni. E’ tutto il contrario dei comportamenti prevalenti intorno a noi caratterizzati da giudizi sprezzanti, scatti d’ira e vendette continue. Per vivere da discepoli dobbiamo avere dei modelli giusti. Chi ha Dio come Padre, può vivere imparando da Lui che è misericordioso.
Se il Padre è il nostro modello di misericordia per tutti, Gesù è il nostro maestro nelle relazioni tra fratelli e sorelle (v. 40). Nella famiglia dei discepoli, deve vigere la lentezza a giudicare in modo tagliente e il perdono per gli sbagli subiti (v. 37 e 41-42). Quando la chiesa perde di vista questo modo di vivere diventa una comunità tossica dove ci si scontra continuamente. Gesù ha perdonato i nostri peccati, pagando Lui stesso il male che abbiamo fatti noi. Chi segue Gesù, deve imparare da Lui a trattare il fratello e la sorella, essendo lenti nel giudizio e pronti a perdonare. Così la chiesa può fiorire. Altrimenti diventerà una comunità piena di spine da cui la gente vorrà stare lontana piuttosto che avvicinarsi. Molte chiese sono luoghi di spine e ring di combattimento, più che case plasmate da Cristo che ha perdonato e che ci invita a fare altrettanto. E’ così per Breccia?
3. L’impossibile finzione (vv. 43-49)
Per essere discepoli dobbiamo avere il giusto programma di vita e i buoni modelli da seguire. Altrimenti saremo esattamente come il mondo. Ed è questo rischio da cui Gesù mette in guardia a conclusione del suo insegnamento. Prima o poi, se non abbiamo il giusto programma del regno e se non seguiamo i buoni modelli del Padre e di Gesù Cristo, la vita imploderà e sarà spazzata via. Non si può fingere di essere discepoli per molto tempo. La storia che Gesù racconta dice che si può provare a costruire una casa sulla sabbia senza scavare e senza fondazioni. Per un certo tempo la capanna resiste, ma quando arriva il temporale viene spazzata via (v. 49). Invece, se si ascolta la Parola di Dio e si risponde con fede, si mettono le fondamenta su cui costruire. Il temporale arriverà, ma la casa starà in piedi perché non è una casa virtuale, ma reale, non è basata sul niente, ma sulla roccia (v. 48).
Fratelli e sorelle, l’albero si vede dai suoi frutti (v. 44). Prima o poi i frutti che corrispondono alla natura dell’albero vengono fuori. Non si può fingere di essere cristiani per molto. Non si può far finta di produrre fichi quando in realtà si è viti. Non si può dire di essere cristiani e comportarsi stabilmente da non cristiani. Prima o poi la verifica arriva. Arriva il temporale della vita che fa vedere la qualità della casa costruita. Arriva la stagione del raccolto che fa vedere la natura dell’albero. Anche tra i primi discepoli, c’era Giuda che poi si sarebbe rivelato un traditore (v.16). Nella storia della chiesa ci sono state sempre persone che si definivano cristiani a parole, ma non lo erano nei fatti. La vita cristiana non è un hobby della domenica o una bolla in cui tuffarsi per fuggire dalla realtà. La vita cristiana nasce da una chiamata di Gesù, cresce con un programma di vita contro-culturale, vive seguendo il modello del Padre misericordioso e sta in piedi anche quando fuori c’è tempesta. Se non è così, è un discepolato fake, irreale che porta solo confusione e di cui Roma non ha alcun bisogno.